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Messinesi “altrove”: grandi bagagli per piccoli viaggi e al buffet “come non ci fosse un domani”

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fondamentalmente messinaChe sia anche per un fine settimana, noi messinesi non rinunciamo alla partenza.  Pur avendo a disposizione la casa al mare della suocera, la cabina del cognato, una palafitta sulla riviera nord, il fascino dell’altrove è troppo forte. Anche se l’altrove in questione si trova a Brolo o Letojanni. Ci piace fare le valige, controllare olio e pasticche, farci prestare il telepass, comprare l’asciugacapelli da viaggio che assicura una capigliatura perfetta in soli 180 minuti. E amiamo, al momento della partenza, infilare l’auto col bagagliaio aperto  fino al pianerottolo per urlare: le ciabatte le hai prese?,  di modo che i vicini siano sentitamente partecipi della nostra fuga. Ok, la spending revew ha ridimensionato i nostri progetti estivi, facendoci archiviare il mare della Polinesia, il rafting nei laghi del Canada e i fiordi norvegesi. Ma non ci abbattiamo e  rispolveriamo idee di vacanze dal sapore dei primi anni Novanta: il villaggio turistico.

Che si trovi a Ibiza o a Gioiosa Marea poco importa, il villaggio è un luogo in cui noi messinesi ci distinguiamo per classe e stile rispetto a tutti gli altri avventori. La quantità di bagagli, ad esempio, è il risultato del numero di giorni di permanenza moltiplicati per due ed elevati al quadrato. Come se ci si trasferisse in una landa deserta, cerchiamo di prevedere anzitempo tutte le esigenze che possano nascere mentre soggiorniamo. Faremo fronte al freddo (ad agosto),alla febbre, alla colite,alla fame notturna, all’assalto delle cavallette, e a qualsiasi altra necessità da soddisfare senza ricorrere agli esercizi commerciali del luogo, perché noi compriamo solo a Messina, per aiutare la nostra economia. Quella dei grandi bagagli è una prerogativa tutta femminile che fa andare in bestia gli uomini, i quali partirebbero con la tipica borsetta a tracolla (trasposizione moderna del borsello anni settanta), per poi chiedere le cose più impensabili alle proprie signore, sbeffeggiate e derise poco prima per la carovana di bauli in stile circo Orfei. L’uomo, a suo dire, necessita solo di un bermuda, una maglia dai colori estivi sgargianti di dubbio gusto e un paio di infradito. E si parte.

Caratteristica principale dei villaggi è l’enorme quantità di attività proposte agli ospiti. Nella nostra mentalità, le attività non sono facoltative, bensì obbligatorie, in quanto comprese nel prezzo. Ho visto nostri concittadini rischiare l’osso del collo per arrivare in tempo al torneo di briscola, dopo estenuanti corsi di zumba, acqua gym e balli caraibici. Non deve stupire quindi se a colazione, al tipico buffet, mangiamo come se non ci fosse un domani, come se fossimo prossimi alla sedia elettrica. Il messinese è tarato per non comprendere il concetto di alternative. Se il tavolo offre diversi tipi di colazione, fredda, calda, dolce, salata, per arterie semi ostruite o per virgulti in salute, noi prendiamo tutto. Come funamboli e trapezisti, siamo i padroni incontrastati dei buffet, ingegneri di piatti riempiti a piani e sopraelevazioni in attesa di condono. L’inappetenza di un componente della famiglia viene punita severamente, che qua è tutto pagato. Siamo previdenti: quello che proprio non si riesce a ingurgitare lo avvolgiamo persino nei fogli di giornale, non si sa mai ci venisse fame più tardi.

Ma l’attrazione principale di un villaggio turistico sono gli animatori. Sempre allegri e divertenti, con lo sguardo di chi preferirebbe essere sulla poltrona di un dentista a farsi estrarre molari e premolari piuttosto che ostentare simpatia nei nostri confronti, sono costretti ad un lavoro sfiancante e sottopagato per mantenersi gli studi, l’auto o i figli avuti con ex ospiti del villaggio. Noi messinesi li adoriamo: le donne subiscono inevitabilmente il fascino di questi sorridenti e spiritosi ragazzotti che flirtano come da contratto di lavoro, mentre gli uomini stringono legami camerateschi sentendosi un po’ come loro. E via a pacche sulle spalle, battutacce, gesti complici con la forte convinzione di aver creato un profondo e indimenticabile rapporto di amicizia.

Dopo ore di forzata esposizione ai raggi UV per aver partecipato a tutte le attività ludiche da piscina, con la pelle corrosa dal sole e i capelli sfibrati dal cloro, le famiglie messinesi del villaggio si preparano alla serata, momento topico della vacanza. Lasciati i figli al proprio destino (con altri coetanei a gareggiare fra loro per chi ha i genitori meno intelligenti), le donne si scambiano orecchini colorati, lacche per capelli, creme corpo e consigli sulle ustioni, mentre gli uomini bevono birre assolutamente-non-comprese-nel-prezzo, unico lusso concesso. Ogni serata che si rispetti finisce inevitabilmente con i balli di gruppo, eseguiti con l’espressione concentrata di Jennifer Beals al provino finale di Flashdance. Via tacchi, zeppe e plateau, se può servire a rendere migliore la performance.  Questo massacro, a cui le donne soprattutto si piegano (ma non si spezzano), termina a tarda notte, quando le signore vengono avvisate che i corpi dei figli addormentati sono stati rinvenuti nelle sdraio a bordo piscina, accanto ai feretri dei mariti in coma etilico. La coscienziosa donna messinese, col mascara colato fino agli zigomi, chiude la giornata riportando nelle stanze i congiunti. In fretta che di lì a poche ore c’è un buffet che li aspetta.

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