La tensione oggi è palpabile. Siamo seduti nelle nostre rispettive macchine, io e i miei colleghi automobilisti, ognuno col proprio bagaglio di ritardo, accumulato sin dai canonici cinque minuti dopo il suono della sveglia che sembrano essere fondamentali per noi sotto-riposati, più della notte appena trascorsa. C’è chi stringe saldamente il volante, chi nervosamente spennella un tocco di blush sulle guance davanti allo specchietto retrovisore, chi fuma avidamente, chi interroga i figli sulle tabelline, come se stesse interrogando l’indiziato numero uno della strage di Piazza Fontana.
Siamo tutti un fascio di nervi, perché oggi non è un giorno come gli altri. Non ci sono i soliti nemici da combattere; oltre ai datori di lavoro, alla Tares, alla burocrazia, alla gastrite e alla cellulite, c’è un altro nemico: la viabilità cittadina stravolta dall’isola pedonale. Un novello Cerbero con una testa per ogni arteria chiusa al traffico. Il triangolo delle Bermude, in cui vengono risucchiate le auto che osano inoltrarsi. La stanza segreta in cui ci è stato proibito entrare.
La città è spaccata in due, una guerra intestina prende forma fra isolani e isolati: gli entusiasti, pronti a difendere la creazione di quest’oasi nella città, contro i disfattisti, allergici all’ultima idea di stu sinnucu. I primi non sono meno nervosi dei secondi: sanno che questo è il banco di prova della nuova Giunta, del nuovo corso, del nuovo Messina style. Molti di loro decidono di marinare il lavoro per viverla quest’isola pedonale, non sia mai che vengano fotografati, filmati o intervistati come primissimi avventori. Si prendono per mano e camminano al centro della carreggiata, come se stessero facendo qualcosa di proibito fino a ieri, con la stessa espressione dei giovani tedeschi che picconavano e scavalcavano il muro di Berlino. Si godono il centro storico della città, dove il monumento con più storia è Puglisi. Osservano i negozi come se li vedessero per la prima volta, salutano i commercianti con spirito amichevole, canticchiando fra i denti Tutta mia la città. Ma i loro sorrisi scompaiono quando si scontrano con gli isolati, i contrari all’isolamento. Sono pronti a dar battaglia, anche fisicamente, nonostante la spossatezza per aver percorso chilometri dal parcheggio gratuito che custodisce le loro auto.
I critici e disfattisti inveiscono contro il sindaco e il Tibet intero. Ci hanno tolto il viale S. Martino, mica poco. Le code all’ora di punta attorno al pomo della discordia sembrano un girone dell’inferno. Perché molte persone, altruiste come solo i messinesi sanno essere, hanno deciso di attraversare il centro anche se non ne avevano nessuna necessità, solo per dare man forte ai concittadini, per dire io c’ero e ho sofferto. Ho visto residenti dell’Annunziata, impiegati all’ospedale Papardo attraversare la città e il centro – giusto una piccola deviazione dal percorso quotidiano – solo per far parte dello schieramento contrario al “colpo di genio” della giunta Accorinti.
Ed eccoci ai residenti, barricati in casa. Se escono non possono più rientrare, se non ad orari fissi e stabiliti. La Giunta ha deciso anche l’ora in cui devono consumare il pranzo, la cena o alzarsi al mattino, una vera e propria ridefinizione delle abitudini e del bioritmo di cui si occupa il Comune, che risolverà così anche i problemi di regolarità intestinale degli abitanti del quadrilatero.
I veri protagonisti sono i vigili urbani. Gente duramente addestrata, che ha superato prove degne dei marines per fronteggiare la questione isola pedonale. Si mormora che qualcuno di loro abbia studiato la viabilità e i nuovi sensi di marcia attraverso l’ipnosi, altri ascoltando, durante il riposo notturno, un cd registrato dall’assessore Cacciola. Sono il braccio armato del decisionismo comunale, con le loro uniformi linde e l’espressione del volto di chi sta difendendo il forte dagli attacchi nemici.
Personalmente mi piace l’idea della zona a traffico limitato, di un’isola felice in città. Certo, ci sono delle piccole difficoltà per chi come me va ogni giorno da nord a sud e viceversa. Ma perlomeno non ho più l’imbarazzo della scelta della strada da percorrere. Le opzioni si sono ridotte drasticamente. Se poi il Comune mi aiuta ulteriormente con la potatura degli alberi in una delle due, il gioco è fatto. E per le mie sedute di shopping terapeutico, abbandonerò la macchina al Cavallotti; poco importa se la sera, al buio, il parcheggio diventa tale e quale a una scena del crimine di CSI, la vita è un rischio e la mia amministrazione me lo vuole insegnare. Basta con questo rapporto simbiotico con l’automobile, These boots are made for walking, cantava Nancy Sinatra. Anche col tacco 12, aggiungo io.
Giusy Pitrone
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