fondamentalmente messina

Antonello e l’arte…un grande amore e niente più?

Pubblicato il alle

4' min di lettura

fondamentalmente messinaSiamo gente colta noi messinesi, mica solo chiacchiere e arancini. La notte della cultura è la nostra festa, quasi come il 15 agosto. Nonostante l’evento si svolga sempre nel freddo mese di febbraio, ci riversiamo nelle strade, bardati come esquimesi, bramosi di arricchire il nostro bagaglio di sapere. Sabato scorso poi, essendo rimasti per un anno orfani della manifestazione, il fermento era palpabile, già dalla ricerca del parcheggio, come fosse stato il santo Graal.
Ho visto persone disperate, all’ennesimo giro di ricognizione, tirar fuori un’ascia dal bagagliaio per abbattere un albero secolare e guadagnare spazio per infilarci l’auto. Ho visto gente spostare i cassonetti a mani nude, uscire dai finestrini per l’impossibilità di aprire gli sportelli, o depositare mogli impellicciate e amici a carico, per immolarsi alla ricerca dell’agognato stallo e da allora non fare più ritorno. Ma sudati e stanchi, i messinesi c’erano. Nonostante la spending review abbia ridotto drasticamente gli eventi in programma, l’interesse non è scemato.
In alcune circostanze, il gran numero di avventori, ha generato anche un po’ di confusione: si visitavano luoghi senza aver la minima idea di cosa si andasse a vedere. E si usciva ancora più confusi di prima. A Palazzo dei Leoni sono stata sollevata dalla calca e trasportata per i corridoi senza riuscire a imporre la mia volontà. Ho ingoiato peli di pellicce sintetiche e inalato lacche per capelli. Qualcuno cercava di far disperdere la folla diffondendo la notizia di panini con la salsiccia gratis all’esterno. C’era gente convinta che l’attrazione fossero le foto degli ex presidenti e i baffi ancora neri di Buzzanca. Altri guardavano estasiati l’arredamento delle stanze e la qualità della pelle dei divani, come fossero da Chateau d’Ax. L’importante però era mostrare interesse e soddisfazione. C’è stato anche chi ammirava rapito, la planimetria del piano con le uscite di emergenza; anche quella è cultura.
Gli incontri fortuiti fra amici e conoscenti poi, hanno dato vita a dialoghi surreali. A chi chiedeva notizie sul posto appena visitato, veniva restituita un’ espressione fra lo smarrito e l’imbarazzato. “C’era una cosa su Antonello”, ma dai! Già, perché quest’anno, si celebrava un nostro concittadino. Quel simpatico pittore col cappello rosso di Antonello da Messina è stato il soggetto di tutta la manifestazione: la città ai tempi di Antonello, il cibo ai tempi di Antonello, la birra ai tempi di Antonello, la musica ai tempi di Antonello.
Si è riprodotto il possibile e l’impossibile del pittore messinese. Anche le opere, dato che l’evento principale della manifestazione, la mostra al Palacultura, era una mostra di riproduzioni. Fila interminabile per accedervi, e corsa folle ai divani su cui accasciarsi, ché la cultura stanca. Essendo una donna molto colta ed esperta d’arte mi sono aggirata anch’io fra le false opere del buddacissimo pittore (i divani erano tutti occupati) attanagliata da amletici quesiti. Dopo essere venuta a conoscenza che mangiava torte rustiche alle erbe, che beveva birra bianca, di quali canti ascoltava alla radio la mattina, di cosa leggeva in bagno, di quali balli si facevano nelle serate danzanti a cui partecipava, mi sono chiesta: ma a donne, come stava messo?
Ok, belle le opere religiose, ma come mai nostro compare Antonello ha sentito l’esigenza di immortalare marinai ignoti, giovani con copricapo blu, uomini attempati, peraltro con ghigni inquietanti, e nessuna fanciulla? Che la moglie fosse stata un tipo geloso? In ogni caso non si giustifica quello sguardo fra l’incantato e il sornione che avevano i suoi soggetti, quasi a voler ammiccare al pittore. Non mi sembra corretto fare illazioni sull’eminente concittadino, ma mi è parso normale interrogarmi sulla sua vita sentimentale. Fra i tanti eventi, si poteva anche cercare di ricostruire la personalità di quest’uomo, i suoi gusti e le sue inclinazioni. E, soprattutto, perché portava la frangetta sotto quel cappellino rosso.

Giusy Pitrone

 

(109)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Contenuto protetto.