A due giorni dal referendum costituzionale il dibattito tra i sostenitori del Si e quelli del No resta ancora caldo. Questa mattina il Rettorato dell’Università di Messina ha fatto da cornice alla tavola rotonda organizzata da Sicilia Centrale, associazione che si pone come stazione politica capace di analizzare, in ottica locale, le ricadute sul territorio degli eventi politici nazionali e internazionali. Durante i lavori, moderati da Silvano Arbuse, è emerso un confronto equilibrato tra le due fazioni, seguito da un vivace dibattito con la platea. A favore delle modifiche costituzionali volute dal governo sono intervenuti il parlamentare Ncd Vincenzo Garofalo e l’avvocato Nunziello Anastasi. Il fronte del no è stato invece rappresentato dai professori Diego Celi e Daniele Tranchida.
E’ stato proprio quest’ultimo ad aprire i lavori. “Sono colpito dal ritorno dei vecchi schemi politici – ha spiegato Tranchida -. Si è tornati alle campagne elettorali con decine di annunci che hanno il sapore di truffa come l’abolizione di Equitalia o la realizzazione del Ponte sullo Stretto. La legge fondamentale dello Stato va votata insieme, le modifiche alla Costituzione volute da Renzi sono sono un’iniziativa governativa. Questa riforma riprende il peggio della Prima e della Seconda Repubblica. Ripropone l’odio per le autonomie locali e la partitocrazia, dà continuità, attraverso l’Italicum, alla legge elettorale il cosiddetto Porcellum, da più parti contestato e dichiarato parzialmente incostituzionale. Si rischia di far saltare l’equilibrio dei poteri in un’ottica anti autonomista, creando una disparità rappresentativa tra le regioni”.
La prima replica è toccata all’avvocato Anastasi. “La Costituzione è nata in un contesto in cui bisognava dare solidità al nuovo governo, il bicameralismo è stato creato come un blocco perfetto per altre necessità. Oggi abbiamo una complessità procedurale che ingabbia i disegni di legge, il rimpallo tra Camera e Senato favorisce interventi esterni che alterano l’attività politica. Con la riforma, la produzione normativa spetterebbe soltanto ai Deputati con un coinvolgimento del Senato limitato a casi particolari. Non è un salto nel vuoto, ma un cambiamento rispetto a un sistema limitato”.
Diametralmente opposta la posizione di Celi secondo il quale il bicameralismo perfetto non viene abrogato perché il Senato continuerà ad esistere. “Il Parlamento doveva fare una legge elettorale e votare, invece ha seguito ‘Mosè? che ha proposto una panacea per tutti i mali. La stabilità non è mai stata determinata dal voto di fiducia che si vuole togliere al Senato. Vi è poi la questione risparmio: il ragioniere generale dello Stato ha smentito il Governo dichiarando che il risparmio sarà di 50 milioni di euro così come Roberto Perotti, commissario per la spending review, ha annunciato un risparmio di 120 milioni di euro solo quando il sistema entrerà a regime”.
A chiudere gli interventi è stato Garofalo. “Occorre mettere da parte le ragioni prettamente politiche, la riforma è un’occasione che il Paese avrà per modernizzarsi. Oggi Camera e Senato si occupano delle stesse cose e una legge rimane in standby per diverso tempo, aumentando il lavoro anche nelle singole Commissioni. Si va avanti con decreti e maxi emendamenti del Governo che toglie importanza alle Camere. La riforma permetterà, invece, di ritornare a una democrazia parlamentare con 315 stipendi in meno. Se le cose andassero bene sarebbe sacrosanto votare affinché tutto rimanga uguale. E’ opportuno voltare pagina ricordandosi che più si semplifica un sistema, più è facile modificarlo”.
Al successivo dibattito hanno poi partecipato i consiglieri comunali Elvira Amata (Fratelli d’Italia) e Antonella Russo (Pd), così come Antonio Celeste, Giacomo Dugo, Giorgio Fleres, Lucrezia Lorenzini, e Franco Tiano.
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