Sabato mattina il movimento Cambiamo Messina dal Basso ha organizzato un corteo per rivendicare il diritto dei cittadini messinesi a decidere sul futuro recupero del waterfront, da tempo ostacolato dallo storico contenzioso tra Comune e Autorità Portuale.
Il rapporto di Messina col suo mare – spiega il movimento – assomiglia a uno di quegli amori di una volta: contrastati e difficili. Messina ha 58 Km di litorale, una bellissima costa che è stata la sua stessa ragione di esistere e le ha offerto anche, in un recente passato, prosperità e lavoro. Eppure la Città sembra oggi dimenticarsene, disposta a rinunciare alle sue aree più centrali e alla sua ricchezza naturale, di fronte al prepotente no di speculatori che hanno fatto dell’Autorità Portuale un vorace gestore dell’affaccio a mare cittadino. Ne è la riprova il fatto che il contenzioso fra Comune di Messina e Autorità Portuale sulla titolarità di una parte della Zona Falcata, pur occupando in questi ultimi mesi le pagine delle cronache locali, è stato spesso derubricato a fastidiosa bega fra istituzioni, senza che si levasse un generale moto di sdegno nei confronti di chi, da troppo tempo, nega alla città il diritto di disporre del suo naturale affaccio a mare. Eppure gli otto ettari di terra contesi, riconosciuti alla Città con D.M. 33718 del 3 settembre 1918, rappresentano uno tra i “beni comuni” più preziosi e originali di questa città e non possono essere lasciati illegittimamente – questa è la tesi degli appellanti, ed anche la nostra – alla mercé di un’istituzione quale l’Autorità Portuale, che da organo preposto al trasporto marittimo si è trasformata sempre di più in una sorta di agenzia del demanio. In capo ad essa infatti, e non ai messinesi, è ad oggi la prerogativa di disporre di tutto il c.d. waterfront, anche oltre il limite dell’area portuale, e di incassare i proventi delle concessioni di aree che non hanno nulla di portuale e che potrebbero essere messe a disposizione dell’intera collettività cittadina, sia per un uso in proprio delle stesse sia per il rimpinguo delle asfittiche casse comunali con conseguente alleggerimento della pressione tributaria sui cittadini.
Alla luce di quanto detto, abbiamo da sempre espresso, e continuiamo a farlo, un sostegno pieno e totale alla scelta dell’Amministrazione Comunale di perseguire le vie consentite dalla legge per recuperare tanto inestimabile valore sottratto alla comunità cittadina e un’ostinata contrarietà all’ipotesi di un eventuale abbandono del contenzioso in atto. La scelta di continuare, infatti, rappresenta solo l’inizio di un processo di orgogliosa presa di coscienza da unire alla lotta del territorio in una mobilitazione permanente a sostegno di una piattaforma rivendicativa con la prospettiva partecipativa dei beni comuni, che porti al recupero di tutto il territorio di cui la Città è stata spogliata in passato.
L’azione giudiziaria intrapresa non può e non deve essere ritirata per diverse ragioni, ma tutte hanno a che fare con la prospettiva partecipativa dei beni comuni. Perché proseguire significa: Pretendere la riconsegna ai cittadini di un’area che già appartiene loro e affidarne la gestione all’ente a loro più “prossimo”, quello più controllabile con l’esercizio del voto democratico; Mantenere l’impegno assunto in campagna elettorale di riguadagnare alla città un paradiso naturale abbandonato e di rivalorizzarlo, puntando alla libera e pubblica condivisione della sua bellezza e delle sue potenzialità di sviluppo; Pretendere il legittimo ripristino del Punto Franco, che, alla luce dell’attuale normativa, sarebbe destinato a rimanere l’unico su tutto il territorio nazionale, oltre a quello di Trieste, e rappresenterebbe per la nostra città un vantaggio incomparabile in termini di sviluppo economico ed occupazionale; Avere la possibilità di “rilanciare”, ovvero di chiedere che il Piano Regolatore Portuale, approvato dal Commissario Sinatra e pertanto mai propriamente dibattuto in città e nei luoghi collettivi delle istituzioni democratiche, sia rivisto alla luce del nuovo Piano Regolatore Generale e che l’attuale modello di riqualificazione fondato, nella sostanza, su cementificazione e speculazione edilizia si sostituisca con un modello di riqualificazione sostenibile, fondato sull’idea di un “parco integrato”, capace di fondere i percorsi naturali e culturali con le attività economiche storicamente ospitate nella Zona Falcata tutelando, così le realtà cantieristiche esistenti, mantenendo ed incrementando l’occupazione che esse garantiscono.
Questa piattaforma si integra e si completa con altre rivendicazioni e proposte, che ci sembrano ugualmente importanti e non possiamo non avanzare in questa sede: Pretendere la liberazione della rada S. Francesco, al fine di ricongiungere quella porzione di territorio con il tessuto della città; Rendere Messina la sede di un laboratorio aperto, condiviso e orizzontale, all’interno del quale elaborare, con metodi democratici e partecipativi, una bozza di proposta di legge da presentare al Parlamento nazionale, finalizzata alla democratizzazione del comitato portuale e alla ridefinizione dei compiti dell’Autorità Portuale; Avviare a Roma un tavolo per la ridefinizione della circoscrizione territoriale dell’Autorità Portuale, in modo più rispondente alle sole esigenze portuali, restituendo alla città aree che le sono state attribuite (con un decreto ministeriale da più parti definito lacunoso e poco chiaro) e che nulla hanno che fare hanno con la portualità.
Le riflessioni condotte fin qui si intrecciano, anche se a prima vista non parrebbe, con una delle questioni che hanno tenuto maggiormente banco negli ultimi mesi, ovvero la riforma del sistema delle Autorità Portuali. La volontà del Governo nazionale di accorpare l’Autorità Portuale di Messina alle Autorità Portuali di Catania e Augusta, con trasferimento di sede e centro decisionale presso quest’ultima, nonostante lo stop imposto alla riforma dalla recente pronuncia della Corte Costituzionale, desta in noi la massima preoccupazione. Infatti, tale decisione, che già per molti rappresenterebbe l’ennesimo scippo perpetrato ai danni di Messina, rivela, fatta salva qualche rara eccezione, una sostanziale inefficienza politica della deputazione nazionale messinese, e lascia in noi il sapore amaro della beffa. In un colpo solo, si misconosce l’importanza strategica del porto messinese e dei suoi numeri in termini di passeggeri, trasporto merci e crocierismo – dimenticando peraltro la naturale collocazione di hub ferroviario per il traffico passeggeri e merci e avallando di fatto la politica scellerata di dismissione posta in essere da anni dal Gruppo FS – e si impone al Comune di Messina di trattare, economicamente e giuridicamente, per il suo stesso territorio con un’istituzione “volata” d’improvviso da un’altra parte della Sicilia. In futuro, sarà infatti Augusta a decidere sulle potenzialità di sviluppo della nostra Città. Pertanto oggi, con forza ancora maggiore, invitiamo l’Amministrazione Comunale e tutte le parti sociali cittadine a far convergere le forze, perché, nel più breve tempo possibile, si ottenga la riappropriazione, non solo delle aree contese, ma di tutte le aree pubbliche del territorio.
Invitiamo, perciò, tutti i cittadini a scendere in piazza con noi per manifestare il proprio dissenso verso le scelte perpetrate dal Governo Nazionale e Regionale a danno dei Messinesi, affinché si comprenda che a determinare democraticamente la destinazione di un bene comune inestimabile ed irrinunciabile, dal punto di vista ambientale ed occupazionale, qual è il nostro waterfront, devono essere i cittadini e non l’Autorità Portuale, tanto meno quella di Augusta.
Sottoscrivono l’appello e co-promuovono la manifestazione: CUB – Confederazione Unitaria di Base, L’Altra Europa con Tsipras – Messina, La Casa Rossa – RAP Messina, Meetup “Grilli dello Stretto”, OrSA, Partito della Rifondazione Comunista – Federazione Provinciale di Messina, Sinistra Ecologia e Libertà – Messina.
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