La vogliono. Non lo hanno detto apertamente, ma lo hanno fatto capire. Si parla del caso Sindoni, Donatella, il consigliere comunale di Grande sud che la Regione, interpellata dal Comune, aveva definito ineleggibile. Oggi il consiglio comunale era chiamato a decidere sulla delibera relativa alla decadenza della collega Sindoni. Erano 29 in aula, e in 20 hanno scelto di non esprimersi. Un’astensione di massa che ha giovato al consigliere in bilico, tornata al di qua del baratro grazie a 20 ‘non voti’ che hanno, di fatto, bocciato la delibera del ‘fuori Sindoni’.
L’Ufficio legale e legislativo della Regione aveva stabilito che nel 2013 Donatella Sindoni era ineleggibile perché all’epoca delle elezioni era responsabile di un laboratorio di analisi accreditato con il Sistema Sanitario Regionale e, in base a quanto previsto dalla legge regionale n. 31 del 1986 – “Non sono eleggibili a consigliere provinciale, comunale e di quartiere i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide in tutto o in parte con il territorio dell’unità sanitaria locale con cui sono convenzionate”.
Una legge superata, a detta dell’avvocato Antonio Catalioto, legale di Sindoni, che lo scorso 13 luglio così intervenne: “Già lo scorso anno – spiegò Catalioto – avevo informato il segretario generale Antonio Le Donne che la norma del 1986 è ormai inefficace, così come testimoniato da due circolari dell’assessorato regionale redatte nel 2008 e nel 2014. Trent’anni fa le Usl erano gestite da assemblee formate da consiglieri comunali e giustamente vigeva il principio di ineleggibilità per un componente del civico consesso, visto il chiaro conflitto di interesse. Nel 1992 però, con la riforma del sistema sanitario regionale, sono nate le Asp controllate dalla Regione. I principi a cui la norma originaria fa riferimento non esistono più”.
Il caso Sindoni era finito, oltre che in tribunale (il consigliere in bilico aveva denunciato il segretario generale del Comune, Le Donne, e la dirigente del Dipartimento Politiche della Casa, Maria Canale) anche sulle scrivanie di due ministri, su interrogazione del Pd, che sollecitava il consiglio comunale ad esprimersi nel merito.
Oggi quel consiglio, su 29 votanti, si è espresso 9 volte, e non si è espresso 20 volte, risultato: Sindoni rimane.
Se fosse decaduta, il suo posto in aula sarebbe stato occupato dall’avvocato Giuseppe (Giuppi) Siracusano, che nel pomeriggio ha inviato il seguente comunicato:
“La maggioranza dei consiglieri comunali di Messina ha sancito che si può far parte del civico consesso anche se si è ineleggibili, e nonostante il chiaro parere reso dall’ufficio legislativo della Regione Sicilia.
Oggi è prevalsa la miserevole idea secondo cui l’interesse politico può calpestare il diritto e la legalità.
La scelta “coraggiosa” di nascondersi dietro l’astensione, approfittando del regolamento comunale che equipara, appunto, il voto di astensione a quello contrario, lascia senza parole. Un simile contegno squalifica il ruolo del massimo consesso cittadino e crea un ulteriore distacco dei cittadini dalla politica.
Proprio perché credo nelle istituzioni e nella politica mi batterò perché simili comportamenti vengano adeguatamente sanzionati”.
Patrizia Vita
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