E’ stata presentata alla Camera lo scorso lunedì la mozione di Dorina Bianchi, Vincenzo Garofalo, Vincenzo Piso, Gianfranco Sammarco, Rosanna Scopelliti che impegna il Governo “a valutare l’opportunità di una riconsiderazione del progetto del ponte sullo Stretto di Messina quale possibile elemento di una strategia di riammagliatura del sistema infrastrutturale del Mezzogiorno”.
La richiesta si inserisce in una mozione più vasta che riguarda anche altre infrastrutture. Si richiede infatti di “assegnare agli interventi sul sistema infrastrutturale calabrese un livello di urgenza nell’agenda governativa proporzionale alla gravità delle emergenze segnalate e un livello di priorità proporzionale ai rischi di marginalizzazione dai grandi flussi dell’economia del futuro dell’intero Mezzogiorno, e con esso dell’intera Italia, che uscirebbe da tale partita ridimensionata a piccolo e insignificante Stato regionale, con una ristretta area economica – quella padana – ancora viva ma definitivamente subalterna alle strategie di grandi attori posti tutti a Nord delle Alpi; a ribadire – in tutte le sedi – l’impegno dell’Italia alla realizzazione dei corridoi longitudinali e segnatamente del corridoio ferroviario alta velocità/alta capacità lungo l’intero asse tirrenico, includendo sia i collegamenti con il polo portuale di Gioia Tauro, sia ovviamente la continuità con la Sicilia e superando veti che – nel prossimo futuro – saranno sempre più avvertiti come incompatibili con le esigenze degli operatori economici e con la domanda di mobilità dei residenti e dei visitatori”.
Nella mozione si legge: “Qualunque iniziativa volta al miglioramento del sistema infrastrutturale calabrese rimarrebbe monca se non si confrontasse con i temi strategici posti dal progetto del ponte sullo Stretto: l’unica opera che può invertire il trend alla marginalizzazione di tutta un’area geografica dotata invece di una felicissima posizione geo-economica. Tanto felice da suscitare le attenzioni interessate e gli ostruzionismi dei grandi competitor che mirano a ridimensionare il peso economico dell’Italia; è evidente – continua Bianchini – a chiunque guardi con oggettività all’Italia e ai suoi interessi che il ponte sullo Stretto non solo è elemento indispensabile di una catena logistica in grado di ridare dignità all’intero Mezzogiorno, ma ha le caratteristiche idonee a segnare quel punto di svolta per lo sviluppo dell’Italia e per l’avvio di una nuova fase di crescita e di coraggiosa espansione sui nuovi mercati”.
Secondo i firmatari “rappresenterebbe un messaggio di coraggio e di laicità riaprire – lontano da ogni oscurantismo – una fase di esame del progetto del ponte sullo Stretto di Messina e di un suo eventuale miglioramento, aperti ad una valutazione comparata di costi e benefici, secondo il modello non ideologico, non divisivo, ma pragmatico con cui l’opinione pubblica, i Parlamenti e i Governi dei più evoluti Paesi europei affrontano i grandi temi dello sviluppo, dell’ambiente e dell’interesse nazionale”.
“Inoltre – continuano -, deve essere sempre ribadito che il target europeo indica – tra gli altri – due obiettivi di sostenibilità: trasferire il 30 per cento al 2020 e il 50 per cento al 2050 del traffico stradale verso altri modi: ferrovia, trasporto marittimo ed idrovie; collegare porti, aeroporti e idrovie del core network Ten-T con linee ferroviarie ad alta velocità; questo obiettivo – se preso sul serio dall’Italia – implica prima di tutto una riconsiderazione delle strategie di sviluppo ferroviario del Mezzogiorno, ivi compresa la continuità territoriale fra Calabria e Sicilia”.
Pertanto è opportuno e saggio domandarsi, secondo i firmatari della mozione, quanto segue:
“a) se rinunciare a sviluppare un sistema alta velocità/alta capacità e abdicare al sistema Ten-T attraverso l’oggettivo declassamento dell’ex corridoio 1 (derivante dalla archiviazione del ponte) non significhi decidere il declino inesorabile dell’intero Mezzogiorno;
b) se il prolungamento del corridoio Baltico-Adriatico fino a Taranto-Gioia Tauro-Stretto di Messina, Catania-Palermo non rappresenti oggi l’unica vera prospettiva di sviluppo del Sud, a partire dalle grandi potenzialità della sua portualità e della sua economia del mare;
c) quanto – in questo quadro – rischia di essere inutile prevedere tratte di secondo livello (Bari-Napoli o Messina-Catania Palermo) se mancano i collegamenti di primo livello alle reti lunghe, a partire dal Ten-T cargo. Infatti, studi economici dimostrano che senza il ponte sullo Stretto, opera anzitutto ferroviaria, le tratte siciliane non reggeranno economicamente e dovranno essere sempre sostenute dal pubblico”.
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