Il Consiglio Comunale vota all’unanimità la messa in liquidazione di ATM Messina, l’immediata esecutività e la nascita della nuova Spa. Ma sono stati minuti davvero movimentati in Consiglio Comunale.
Chiuse le prime due votazioni, infatti, il Movimento 5 Stelle ha abbandonato l’Aula: «Noi quello che dovevamo dire lo abbiamo detto e a suo tempo sarà la storia a dire chi ha avuto ragione e chi ha detto cose inesatte».
A seguire, prima della votazione sulla costituzione di una nuova società per azioni che si occuperà della gestione del servizio di trasporto pubblico, ha lasciato i lavori anche Antonella Russo del PD, già espressasi negativamente al riguardo.
Dopo la seduta di ieri, risoltasi in un nulla di fatto e anzi, nemmeno cominciata, il Civico Consesso è tornato a riunirsi per discutere le restanti 12 delibere riguardanti il Salva Messina e il Piano di Riequilibrio. Primo punto all’ordine del giorno, il “pacchetto” di provvedimenti su ATM: la liquidazione dell’Azienda, la costituzione di una spa per la gestione del servizi e la gestione dei parcheggi.
Questa volta i lavori sono iniziati nei tempi previsti, o quasi. L’appello si è concluso alle 15.45, 15 minuti oltre l’orario di convocazione, e i presenti sono 28 su 32, poi scesi a 23 al momento della votazione. Breve e immediato l’intervento del sindaco Cateno De Luca che si è concentrato sulla delibera n. 83, la prima in programma, ovvero la messa in liquidazione di ATM: «Faccio appello al vostro senso di responsabilità – ha esordito il sindaco rivolgendosi ai consiglieri in Aula. Abbiamo chiesto parere tecnico ed effettivamente non possiamo più trasferire risorse ad ATM. Solo la messa in liquidazione della Società toglie il divieto di soccorso finanziario espresso dalla legge Madia».
La situazione dell’azienda di trasporto pubblico messinese, priva di D.U.R.C. (Documento Unico di Regolarità Contributiva) in regola, «rischia –ha specificato questa mattina il Primo Cittadino in una nota inviata ai consiglieri – di bloccare la prosecuzione del servizio, lasciando senza stipendio i lavoratori e facendo saltare la “rottamazione” richiesta da ATM». Per questi motivi secondo De Luca la liquidazione della partecipata è necessaria: «Ma per farlo serve il parere favorevole dei 2/3 dell’Aula, ovvero di 21 consiglieri, quindi faccio appello al vostro senso di responsabilità».
E questo numero, non senza un’accesa discussione, è stato raggiunto, e anzi superato. Favorevoli 23 consiglieri sui 23 presenti in Aula al momento della votazione, compresi Alessandra Russo e Felice Calabrò del PD che avevano espresso alcune perplessità e posto diversi quesiti tecnici, e due consiglieri del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Fusco e Giuseppe Schepis.
Antonella Russo aveva posto diverse domande tecniche sulle conseguenze della messa in liquidazione di ATM e ha richiesto di attendere prima di costituire una nuova società per non creare una “seconda MessinaServizi Bene Comune”: «Le chiedo, signor Sindaco, di ritirare la delibera e di non fare la società per azioni contestualmente alla messa in liquidazione. Non facciamo una nuova MessinaServizi, i problemi della MessinaServizi li stiamo vedendo. Se ci sono i bilanci allineati perché liquidiamo e non facciamo direttamente una trasformazione?».
Chiusa la votazione, pur avendo detto sì alla liquidazione, Antonella Russo ha abbandonato l’Aula dichiarando che sarebbe rimasta nella stanza del PD pur avendo votato favorevolmente fino al termine della votazione sulla nuova spa, poi risoltasi positivamente.
Lo stesso hanno fatto i pentastellati, ma per ragioni diverse. Nel corso della Seduta, tra le altre cose, avevano proposto una mozione per rimandare la discussione sulla liquidazione di ATM a lunedì 3 dicembre per avere più tempo per approfondire l’argomento ed esaminare le carte.
«Oggi non siamo assolutamente spaccati – ha spiegato il capogruppo Andrea Argento prima di abbandonare l’Aula. Abbiamo voluto evitare di essere additati come la forza politica che ha causato il dissesto. Non saremo noi a bocciare il piano di equilibrio, siamo convinti che lo farà la corte dei conti. Qui oggi non c’è bisogno di noi. Noi quello che dovevamo dire lo abbiamo detto a suo tempo. Sarà la storia a dire chi ha avuto ragione e chi ha detto cose inesatte».
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