Il messinese e Renziano Giacomo D’Arrigo è stato ospite del sito del quotidiano del Pd, Europa, con una riflessione sul futuro del partito democratico e sul ruolo dei giovani al prossimo congresso nazionale.
Questo quanto scrive:
“I comuni sono i luoghi dove accadono i fatti. Dove hanno una ricaduta pratica le decisioni assunte dai diversi livelli di governo, che siano essi locali, nazionali o continentali. È infatti nella dimensione territoriale che “impattano” la politica e le sue scelte. Nel quotidiano delle persone e nel concreto delle decisioni. Ciò avviene negli oltre 8mila municipi italiani che allo stesso tempo sono anche il front-office istituzionale più immediato per i cittadini. Gli amministratori locali conosciuti e riconoscibili sono forti di un consenso elettorale diretto e legati al territorio, di cui conoscono limiti e potenzialità nascoste. Sarà una banalità, ma sono coloro che ogni giorno mettono all’altezza degli occhi il “paese reale”.
In questi anni l’Italia è cambiata più qui che nel livello centrale. Nei comuni, nelle amministrazioni, nelle comunità locali. Questa riflessione sta fuori (o almeno ci prova) da una certa retorica, non condivisa, che contrappone territori (buoni) e centro (cattivo) e si sviluppa invece dopo una valutazione su procedure, atti, risultati; confrontando il chi ha fatto cosa. Ci sono stati momenti della nostra storia in cui sono state le grandi decisioni nazionali a incidere e indicare una direzione ed essere quindi elementi di stimolo e sviluppo. Nell’ultimo decennio, invece, l’Italia è maggiormente “cambiata” attraverso le scelte fatte dagli enti locali e da chi li guida. Ciò è avvenuto sostanzialmente sotto due aspetti.
Il primo (in ordine di importanza) è legato alle politiche pubbliche realizzate: economia e sviluppo, integrazione, cultura, ambiente, civismo, partecipazione, innovazione, per citarne alcune, sono terreni sui quali piccoli borghi e grandi città hanno fatto più e meglio, assumendo decisioni e inciso con provvedimenti e delibere che non hanno solo posto elementi di innovazione e ammodernamento, ma anche introdotto scelte di responsabilizzazione e coinvolgimento per singoli e territori. A titolo esemplificativo: tra le istituzioni, il comparto dei comuni è oggi il solo che rispetta (con sacrifici pesantissimi) gli obiettivi del patto di stabilità; è quello che concretizza vere politiche di integrazione; è quello che investe risorse su ambiente, cultura e nuove tecnologie. Il tutto sviluppando politiche attive di civismo e partecipazione. Guardando da questa angolatura, dei dati e dei risultati, sono stati gli enti locali a fare più e meglio sul terreno dell’ammodernamento per i cittadini e, indirettamente, più in generale per il sistema.
Il secondo è legato ai profili di rinnovamento e rigenerazione. Circa 20 mila under 35 con ruoli di governo presenti nei comuni italiani rappresentano una spinta di cambiamento (anagrafico, di idee, metodi, politiche e strumenti) fortissima. Una realtà cresciuta come le foreste: in maniera silenziosa, distante dal clamore mediatico o dall’attenzione di politica e partiti, ma molto vicina al quotidiano. Nella rappresentanza e nel governo dei comuni, il rinnovamento non è e non è stato un generico pour parler, ha avuto un punto di caduta e riscontro concreto: numeri e iniziative lo testimoniano.
“Ragazzini”, spesso definiti in questa maniera con superficialità e banalità non rendendosi conto che non si tratta solo di energie fresche, ma di uomini e donne che già oggi sono classe dirigente che guida, rappresenta, decide. Talvolta inconsapevoli di questo ruolo e, per questo, elemento (diffuso e disordinato) di un cambiamento genuino e diffuso. Legato a singoli territori ma che “copre” tutta la penisola. E così, una rigenerazione dei comuni determina una rigenerazione dell’Italia, introducendo dosi di innovazione e credibilità che vanno ben oltre i confini fisici delle singole amministrazioni.
Queste valutazioni, insieme al racconto di testimonianze dirette, esempi, dati e 13 proposte facilmente cantierabili (che puntano innanzitutto all’ammodernamento dei comuni stessi), hanno dato lo spunto a L’Italia cambiata dai ragazzini. Nuovi amministratori, nuovi comuni, da qualche giorno in libreria per i tipi della Marsilio, con l’introduzione di Graziano Delrio. Il volume sviluppa una riflessione che mette insieme tre aspetti sin’ora affrontati come temi singoli, non legati tra loro: i comuni e le comunità locali; i temi del ricambio e della rigenerazione; le nuove politiche pubbliche. La loro miscelazione rende chiaro ciò che hanno prodotto “nuovi amministratori e nuovi comuni”.
Gli stessi temi, a volerli leggere dall’angolatura del prossimo congresso del Pd, mettono in evidenza anche alcuni profili, contenuti e idee che dovrebbero essere caratterizzanti dell’assise. Anche qui, però, tenendo conto della connessione che li lega. Limitarsi infatti a un generico appello sull’importanza dei territori o al richiamo sulla necessità di ricambio anagrafico rischia soltanto di galvanizzare le tifoserie, senza produrre uno sguardo lungo nelle scelte e nel profilo che un nuovo Pd deve avere. Il ruolo degli amministratori (e tra questi dei nuovi amministratori) è centrale non per una inutile contrapposizione centro/periferia, ma perché su contenuti, decisioni e innovazione, è nei territori che il Partito democratico ha dato il meglio di sé, producendo cambiamenti e miglioramenti per singoli e comunità. Elementi che, al netto di tutto, la politica in generale dovrebbe tenere a mente, soprattutto un soggetto politico che fa delle autonomie locali un valore e un punto di forza.
Le parole “giovane” e “giovare” hanno la stessa radice, indicano lo spirito con cui spesso ci si approccia a un impegno: essere utili, voler fare, realizzare. Declinare questi due vocaboli insieme amplifica il loro valore, determina politiche moderne e costruisce cultura politica nuova, ciò di cui più abbiamo bisogno. Più politica e meno politichese, più idee e meno ideologie, più entusiasmo e meno tifoseria. Tenere valori forti, ma avere proposte concrete e sguardo lungo. Proprio quanto stanno sperimentando i nuovi amministratori che disegnano nuovi comuni, eletti sì in coalizioni politicamente alternative, ma che, terminata la campagna elettorale, si occupano di risolvere le questioni quotidiane e programmare il futuro. Per dirla con Delrio: «Se la politica italiana ha una possibilità di fare appassionare di nuovo i giovani e di essere credibile è sicuramente partendo dalle esperienze locali dove c’è una realtà già viva e operante nel paese, che si distingue per impegno e passione civile».
Possono stare nella discussione del congresso questi temi? Si può essere giovani e innovatori ma non passare per ragazzini? Si possono introdurre temi nuovi che cambiano e non per questo essere percepiti come demolitori? Ecco, penso che la proposta del Pd a guida Renzi possa occupare questo spazio: quello di chi si fa portatore di una forte spinta di novità con una bagaglio di idee e proposte che qualifichino il Partito democratico e attraverso questo l’Italia. Molto dipenderà da lui, moltissimo da come il Pd sceglierà di essere.
(78)