Felice Calabrò fa il punto della situazione e interviene in merito alle attuali condizioni del Partito Democratico in Sicilia che ˗ secondo il suo giudizio ˗ procede a tentoni e non riesce per questo a essere incisivo e ribaltare così le sorti del Partito stesso e della Politica più in generale, quella che si pone in modo risolutivo al servizio del cittadino.
«Quasi un anno è trascorso dall’elezione di Ridolfo alla segreteria provinciale del Pd ˗scrive in una nota ˗, e quasi sei mesi sono trascorsi dalle sue dimissioni, dapprima congelate da parte della segreteria regionale, e adesso – per le certezze, però, attendiamo la riunione di sabato – scongelate.
Orbene, durante questo lasso di tempo – in politica un’eternità –, nella totale assenza di una linea precisa, abbiamo affrontato due competizioni elettorali, e precisamente le Europee e le Amministrative. Senza in questa sede voler nemmeno tentare di svolgere un’analisi del voto, mi preme solo sottolineare – per sgomberare il campo da ovvi equivoci e/o da facili entusiasmi – che all’idiozia che in Sicilia il Pd ha vinto le Europee non ci crede nessuno, e men che mai io».
«Ci siamo approcciati, infatti, all’agone elettorale senza alcuna pretesa ˗ prosegue ˗, deboli di un partito privo della pur minima parvenza di organizzazione, incapaci di superare gli elementi di divisione al fine di far prevalere ciò che di buono potremmo essere in grado di proporre per la collettività e il territorio che dovremmo avere l’ambizione di rappresentare e, se del caso, amministrare. Il sussulto della segreteria regionale forse si appaleserà sabato, evidentemente tardivo, incerto, raffazzonato; in altre parole i titoli di coda di un film già visto e raccontato. Ma, in coscienza, nulla di più ci si poteva attendere dall’attuale segreteria regionale, frutto di un mero accordo aritmetico elettorale (primarie), figlia di algoritmi intricati e complessi, eccessivamente impegnata sul fronte dei palazzi palermitani e, conseguentemente, lontana mille miglia dalle singole realtà locali».
«Assistiamo, infatti, ormai inermi ˗ puntualizza ˗, a uno scontro senza esclusioni di colpi tra la detta segreteria, rappresentativa adesso solo di una fazione del partito, e il governatore, il quale, per parte sua, ha dimenticato – o forse non ha mai appreso – che è stato eletto, anche con il mio consenso consapevole, per amministrare la nostra terra nel rispetto del programma elettorale condiviso con le forze politiche che l’hanno sostenuto, tra le quali il Pd è la maggiore in tutti i sensi. Dal nostro Presidente, dalla sua annunciata rivoluzione, mi aspettavo ben altro. È molto triste dover assistere a una lotta intestina, fondata non su cose concrete».
Calabrò si figura un altro tipo di partito con obiettivi diversi: «Mi sarebbe piaciuto assistere a dibattiti, a querelle, anche aspre, sui temi concreti che concernono i milioni di Siciliani che, come me, attendono risposte, soluzioni e spiragli per un futuro meno nero. E invece il nulla».
E su Messina e le numerose problematiche che la riguardano, aggiunge: «Si impone una soluzione. La passione, la voglia di partecipare, di fare, di contribuire alla realizzazione di una società migliore che tutti i democratici messinesi, donne e uomini, giovani e meno giovani, vogliono mettere in campo non può e non deve – non lo si può consentire – essere vilipesa da scaramucce partitiche-governative che non ci appartengono, che non appartengono al territorio e, soprattutto, non appartengono a quanti al nostro partito si sono avvicinati con fiducia e che, attesa la detta rappresentazione, potrebbero decidere di allontanarsi».
«L’ora è giunta! Si abbandonino i tatticismi ˗ conclude ˗, convenienti e utili solo a coloro i quali, forti di gattopardiana memoria, tentano di conservare le loro poltrone a discapito della crescita e dell’affermazione di un Pd nuovo e forte in città e provincia».
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