Sono figlia di un Comandante, mi chiamo Patrizia, come la nave mercantile su cui mio padre navigò per anni. Lui, dapprima cadetto dell’Accademia navale di Livorno, infine scelse la Marina Mercantile. A 28 anni, dopo aver girato il mondo, con moglie e un figlio ( io in arrivo), per avvicinarsi alla famiglia, fece il concorso per ufficiali sulle Navi Traghetto FS. A 32 anni fu il più giovane comandante d’Italia.
Ho respirato l’aria di bordo da quando sono nata. Ricordo l’odore del ferro dei binari, nel grande ventre di Scilla, Cariddi, Mongibello, Reggio, Messina. Ricordo le scalette ripide, dai gradini così alti che per salirle dovevo portare le ginocchia quasi al mento: tanto ero piccola in quella grande nave. Ricordo le porte “tagliafuoco”: le odiavo, pesantissime barriere, si frapponevano tra me e un mondo galleggiante da scoprire. Ricordo la cabina di papà, dove tutto riportava inciso FS. Dalla lampada al portacenere, dalle lenzuola alla coperta. Tutto. Quelle due consonanti, FS, furono le prime che imparai dell’alfabeto. Ero una figlia delle Ferrovie.
Ricordo quando arrivò a Messina la “San Francesco di Paola”, l’ammiraglia, al tempo, della flotta dello Stato. Bellissima, la più elegante dello Stretto. Ne ricordo la scala in legno pregiato, forse mogano, una rampa larga che si apriva poi su due rampe minori, come braccia tese, e da lì si accedeva al bar, anche quello insolitamente elegante. Una “sciccheria” in quei tempi, una nave che avesse anche legno a bordo. Non solo ferro e plastica.
Poi arrivò il tempo delle navi dalle grosse tonnellate. l’Iginia, la Sibari, la Rosalia: enormi ai miei occhi. Ed ancora, le piccole della flotta FS: l’Edra, l’Agata. Si parlava di “flotta dello Stretto”, al tempo.
E il tempo era quello in cui se viaggiavi in treno salivi alla stazione di Messina marittima ( una stazione viva, attiva) e scendevi a destinazione, qualunque essa fosse del percorso ferroviario di tutta Italia.
Io le Navi Traghetto le guardavo anche da casa, dalla mia veranda, le conoscevo una ad una, e non erano gli occhi a vederle, ma il cuore. E il cuore mi si allargava di orgoglio, la notte di Capodanno di ogni nuovo anno, quando dallo Stretto si alzava, come un lungo applauso, il suono delle sirene delle NOSTRE navi.
Quando papà lasciò il comando delle navi perchè promosso Dirigente Nautico, io non vidi il prestigio del nuovo incarico, piuttosto vidi l’addio alle navi, a quelle grandi culle che solcavano il mare, ogni giorno. Anche se il mare divideva due lembi di terra distanti soltanto tre chilometri l’una dall’altra. C’era comunque mare a separarle.
Nel 2006 la Cariddi è affondata nel nostro porto ( dove da anni era ormeggiata) per l’incuria, il disinteresse di un’amministrazione provinciale che non ha saputo mantenere quella tradizione della nostra flotta. Io la conoscevo bene. Era l’unica con due fumaioli e aveva un fascino particolare per me. Mio padre mi aveva detto che era stata costruita utilizzando lo scafo recuperato della vecchia Cariddi, affondata negli anni 40. Veniva dal fondo del mare, parte di quella nave, e in fondo al mare ci è tornata.
Oggi è rimasto pochissimo di quella gloriosa flotta FS, e quel pochissimo ce lo vogliono togliere. Sabato c’è una grande manifestazione, per impedire che lo Stretto sia solo mare e navi private; per poter salire su un treno alla stazione marittima e scendere a destinazione, qualunque essa sia del percorso ferroviario di tutta Italia. Messina deve partecipare. Tutta Messina. Io, figlia delle Ferrovie dello Stato, non di RFI, ci sarò.
Patrizia Vita
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