Io, Andrea non lo conoscevo. Ma Andrea aveva 20 anni e mia figlia ha 20 anni. Ma Andrea percorreva in Vespa la litoranea e mio figlio percorre in Vespa la litoranea. Ma Andrea aveva una mamma che si chiama Patrizia, come me.
Insomma, Andrea , io lo sento un po’ figlio mio. E piango per Andrea.
Piango per una ragazzo che oggi doveva essere ancora vivo, oggi e per almeno altri 60 anni.
Andrea è morto su una delle tante strade maledette di Messina, o che portano a Messina.
Autostrada, litoranea, SS114, sono costellate di incidenti, spesso mortali. Incidenti che potrebbero non avvenire se fossero pattugliate con costanza. Ammettiamolo, quanti morti in meno avremmo se esistesse il deterrente dell’alt di polizia, carabinieri, vigili urbani. Quanti automobilisti, magari brilli o totalmente ubriachi, nel timore di un posto di controllo, non si metterebbero alla guida.
La morte di Andrea, come quella di altri giovani che non ci sono più per le medesime circostanze, dovrebbe servire a questo, a smuovere coscienze istituzionali e private.
Indagare sulle cause, scoprire che, forse, chi si trovava alla guida dell’auto che ha centrato la vespa su cui viaggiavano Andrea e Andrea, (due 20enni nel pieno della vita, e uno lotta ancora per quella vita), ha invaso la corsia opposta perché ubriaco il conducente, non porterà a nulla se non si attivano contromisure perché, domani, questo non accada più. Mai più, nel rispetto del dolore di una mamma che se lo porterà dentro per tutto il tempo che le rimane da vivere. Mai più, per quei ragazzi che hanno perso un amico. Mai più per una ragazzina che piange il suo “giovane amore” morto in una sera d’estate.
Non aggiungo altro, perché ho scritto con il cuore e c’è un momento in cui il cuore non ha più nulla da dire.
Io, Andrea non lo conoscevo, ma Andrea siamo tutti noi, perché su quella maledetta strada ognuno di noi poteva morirci. Allora, io sono Andrea, voi siete Andrea.
Patrizia Vita
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