Da 10 anni ho una relazione con un uomo sposato. Lo amo, mi ama, ma non ha il coraggio di lasciare la famiglia e io non glielo chiedo; ha 3 figli, due dei quali ancora troppo piccoli per capire che papà ha un altro amore, uno che gli da’ quello che mamma non sa più dargli; uno che lo fa tornare indietro di 15, 20 anni; un amore che, quando mi vede, gli batte forte il cuore, gli brillano gli occhi, gli si secca la saliva in bocca. E questo è amore, vero? Ma vallo a spiegare a tre ragazzini, il maggiore di soli 13 anni, che cosa significa. Vallo a dire che papà li adora comunque, anche se a mamma, ormai, vuole soltanto tanto bene.
E io aspetto. Aspetto che crescano, che capiscano, che scoprano cos’è quella strana cosa che ti prende l’anima, che ti porta in una dimensione diversa. Ma non solo. Aspetto che altro trovi strada nella loro mente; aspetto che maturino tempi, coscienze, menti di uomini; aspetto che l’ignoranza lasci il posto alla consapevolezza che al mondo c’è posto per tutti. Tutte le razze, tutte le religioni, tutte le sessualità.
Già, perché io sono gay, e l’ho detto alla fine di questa mia lettera, sperando che non la cestinaste leggendo le prime righe. Perché ho scritto a un giornale ? Perché ne avevo bisogno. Perché volevo che la gente sapesse che essere gay è ben altro che uno squallido approccio sessuale che avviene in un mortificante cesso di un bar, di un autogrill o nello squallore di un motel. Noi amiamo.
(la redazione di Normanno.com ha ritenuto opportuno non aggiungere alcun commento allo sfogo di questo lettore che peraltro, ovviamente, ha chiesto non fosse pubblicato il proprio nome)
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