Teatro dei Due Mari. “L’Infinito Giacomo”: vizi e virtù di un inedito Leopardi

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Sarà Giacomo Leopardi il protagonista assoluto del terzo appuntamento del festival “Teatro dei Due Mari” di Tindari, che andrà in scena domenica 2 agosto, alle 21, fra i reperti archeologici della Villa Romana di Patti.

Lo spettacolo, dal titolo “L’infinito Giacomo”, con la regia di Giuseppe Argirò e la performance di Giuseppe Pambieri, racconterà in maniera inedita vizi e virtù del poeta di Recanati, ritratto attraverso le sue opere più significative.

Dai canti all’epistolario, passando per lo Zibaldone e le Operette morali, emerge sulla scena il ritratto dell’artista senza tempo, ma anche quello “inusuale” di un genio precocissimo, di un adolescente inquieto, di un amante appassionato, di un uomo che ha il coraggio di guardare la realtà e accettare la verità del dolore.

«Leopardi – scrive Giuseppe Argirò – non appare così distaccato e lontano dai piaceri terreni. Giacomo è vulnerabile, ansioso, riservato, schivo, eppure è pervaso da un desiderio inesauribile di vita. Giacomo è goloso, non può fare a meno di dolci, cioccolata, paste alla crema e gelati. In questo ricorda Mozart, altra creatura divina nella sua sregolatezza. Non a caso alcune delle sue più scandalose composizioni fanno da contrappunto agli aneddoti più divertenti della vita di uno dei massimi autori italiani».

Assistendo al monologo di Pambieri, accompagnato dalle musiche di Mozart, Bach, Beethoven, Chopin, Rachmaninov e Dvořàk, quel che viene fuori è un’immagine del poeta diversa rispetto a quella canonica dei cliché scolastici e letterari. Ad emergere è soprattutto l’imperfezione del Genio in tutta la sua irregolarità, così come spaccati sconosciuti della sua vita quotidiana, segnata da abitudini e repulsioni mai conosciute prima, come quella al limite del parossismo per il bagno settimanale. Leopardi non amava la minestra calda e detestava lavarsi con l’acqua fredda, adorava la cucina napoletana e i libri polverosi della biblioteca paterna. «Non mancano gli spunti divertenti per riflettere sul suo rapporto con l’eros e la sessualità – prosegue Argirò – Leopardi non è tutto nella sua poesia. Nelle sue stesse parole, il desiderio di una vita normale è incessante: il dono della poesia appare spesso come una maledizione divina che lo segna come diverso, lo condanna a una sofferenza eterna e lo affranca contro ogni sua volontà dal mondo che lo circonda. Ecco, questa è la figura dilaniata, spesso scissa, combattuta e afflitta che la parola non può contenere» .

Attore, drammaturgo e regista teatrale, Giuseppe Argirò ha interpretato e diretto testi classici e contemporanei, specializzandosi nella pedagogia e nella didattica. Il suo impegno registico è spesso legato a interventi di traduzione, adattamento o riscrittura della drammaturgia classica antica e moderna, in equilibrio fra il rispetto della fonte letteraria e le esigenze di una messinscena rivolta al pubblico odierno. Fra i suoi lavori più importanti: la commedia goldoniana La pupilla, per la Biennale di Venezia 2007; i monologhi Odissea Penelope e Statale 106; Le fenicie di Euripide per il Magna Grecia Festival; Agamennone di Seneca per il Festival Teatro dei Due Mari.

Doppiatore, regista e attore cinematografico e teatrale, Giuseppe Pambieri vince all’età di 23 anni la Noce d’Oro come miglior giovane attore dell’anno per la sua interpretazione di Oreste ne Le Moschee di Sartre, il primo dei tanti riconoscimenti ottenuti in quasi cinquant’anni di carriera. Attore eclettico e icona del grande teatro italiano, ha lavorato per registi del calibro di Giorgio Strehler, Luca Rondoni e Giorgio Albertazzi. Protagonista di numerose serie televisive, ha preso parte a 14 lungometraggi, fra i quali Il deserto dei Tartari, di Valerio Zurlini, La Liceale, di Massimo Tarantini e il recente To Rome with Love di Woody Allen.

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