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L’Arte del “fare”: jam painting. Le tele di Fabio Alibrandi al Monte di Pietà

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alibrandi fabio2Non fermarsi mai ma migliorare, crescere sempre e comunque, fare laddove non c’è la possibilità di fare. C’è chi lo dice con i fiori, chi con i libri o le parole. Fabio Alibrandi ha deciso di dirlo con i colori. Il pittore 27enne ha lasciato l’Australia, sicuramente più generosa di prospettive, per tornare nella propria città natale, Messina, e dare il proprio contributo con una personale in programma fino al prossimo 13 luglio al Monte di Pietà. Titolo, per nulla casuale, Jam Painting.

«La mia prima assoluta — racconta — è stata a Vittoria. Questa è la prima esibizione a Messina. Sono stato accolto in una location eccezionale. Mi reputo fortunato, non me lo aspettavo. Ritengo che, per me, questa sia una prova, come lo può essere per la città. È un modo per avere una risposta dal pubblico, per capire cosa c’è in me, cosa posso fare, dove posso arrivare. Solo così riuscirò a ottenere uno stimolo dall’ambiente circostante che a sua volta può essere stimolato da eventi come questo. So di avere tanto da imparare e spero che un riscontro del pubblico messinese possa permettermi di capire in quale direzione procedere».

Una ventina di quadri, realizzati con le tecniche più svariate, quelli esposti al Monte di Pietà, che racchiudono un messaggio ben preciso: «La mia è un’ispirazione futurista, soprattutto per le implicazioni sociali che ne sono proprie. Il Futurismo è un movimento che oggi farebbe comodo ai giovani, che invita al fare e bene. È il dinamismo della vita trasportato nell’opera pittorica. Il lassismo, lo stare fermi non portano da nessuna parte. Le mie opere ruotano attorno al tema della forza». Un esempio lampante, tenendo presente l’elemento dell’acqua, è quello dello squalo ritratto nella tela intitolata Mako: «Lo squalo — spiega Alibrandi — deve essere costantemente in movimento per evitare di morire».

Ricerca dell’armonia e della semplicità: questi gli ingredienti di un lavoro realizzato ricorrendo alle tecniche più svariate. «Le tecniche — sostiene l’artista — sono tutte belle in egual misura. Il loro utilizzo dipende dal soggetto. Lo stesso mescolamento di più tecniche può condurre alla loro esaltazione. Per adesso, sto ponendo più attenzione all’aerografia che a livello pittorico, tuttavia, perde di matericità. Per questa ragione, va incrementata con altre tecniche che possano dare maggiore slancio. Lavorando su formati che non sono standard, costruisco anche le tele, elaborando basi pittoriche secondo tecniche classiche che favoriscano in futuro eventuali restauratori».

Jam Painting, come suggerisce il termine, è un mix di stili, progettato allo scopo di venire incontro a quanti più gusti possibili: «Mi piace la fusione delle cose — confessa Alibrandi — soprattutto nell’arte. Ho attinto, per esempio, da altre forme artistiche come il teatro. C’è anche una fusione con la foto, grazie agli scatti del mio amico Paolo Barbera. Questo non è un male. Anzi, è un modo di migliorarsi senza copiarsi».

Dipingere, secondo Alibrandi, è un modo per sentirsi bene. Tutto ciò che ne può derivare è un di più: «Vorrei che le mie opere smuovessero qualcosa, vorrei che innescassero una sorta di entusiasmo. Sono ritornato a Messina per dare una mano, in qualunque modo sia possibile farlo. Vedere dei messinesi, soprattutto giovani, capaci di fare mi entusiasma. Anche in altri campi. Mi entusiasma il fare quando non c’è la possibilità di fare, quando ci sono degli ostacoli. Sono stato via e sono tornato perché mi interessano le sorti della mia città: vorrei che alla gente arrivasse questo messaggio, affinché fungesse da stimolo per gli altri come per me sono uno stimolo i successi altrui. Godere degli altrui successi, dei successi di noi messinesi, credo sia importante».

 

Foto di Paolo Barbera

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