professionisti della cultura raccontano la loro reclusione

Musica, teatro, cinema arte e… coronavirus. L’intervista a 5 professionisti della cultura

Pubblicato il alle

22' min di lettura

Anita Magno – chi non leggeva prima non legge nemmeno adesso

Anita Magno - MesogeaAnita Magno lavora, da dieci anni, nella casa editrice messinese Mesogea, che organizza tra gli altri: il Sabir Fest. «Lavorare in casa editrice è una sfida continua e inaspettata, dai libri e dai tanti mestieri del libro si impara costantemente. Sono tutti lavori talmente coinvolgenti che si fa fatica a un certo punto a distinguere tra vita privata e vita professionale, l’una e l’altra si compenetrano quotidianamente. La casa editrice è una casa vera e propria per tutti quelli che ci lavorano: la abitano, ci mangiano, a volte ci schiacciano pisolini, se ne prendono cura. I componenti di questa casa non possono esser solo colleghi, diventano membri di una comunità, di una squadra che assomiglia a una famiglia.

Questa chiusura, ci costa circa l’80% di fatturato. Noi non siamo una casa editrice che vende molto online, ma per la maggiore parte grazie a eventi, presentazioni, fiere, in libreria e nei centri culturali. Chiusi questi, è ovvio che l’unica soluzione per sopravvivere è reinventarsi.

Abbiamo portato avanti per tutto questo mese una iniziativa che ha avuto un discreto successo, dal titolo LibrInCoro. Si tratta di podcast di autori, lettori, librai, editori, bibliotecari che leggono pezzi dei nostri libri. Abbiamo raccolto un buon numero di audio, che abbiamo pubblicato sul nostro sito e sui social. Per noi è stata una consolazione, un commovente abbraccio virtuale ricevere nel silenzio assordante di questa quarantena il coro di voci di chi ci legge e ci segue. Ora continueremo con una storia a puntate per bambini, tra i tanti “dimenticati” di questa quarantena. Dei bambini dovremmo prenderci cura, ci siamo detti, e così a Flora Farina autrice per Mesogea di “Lina e il canto del mare” è venuta in mente questa idea. Un giorno a settimana, racconteremo una storia ai più piccoli. Chissà che si annoino di meno.
Non sono certissima che si sia riscoperto il valore della cultura, per lo meno della lettura. Chi non leggeva prima ha continuato a non leggere occupando il tempo in altro modo. I lettori medio/forti, che in Italia sono comunque pochi rispetto alla popolazione totale, hanno incrementato gli acquisti e per questo si è registrato un aumento di vendite online, ma purtroppo il valore della cultura è altro, e rischia il tracollo definitivo. Questo è un periodo di grande preoccupazione per tutti noi, la filiera del libro è alla canna del gas, così come le altre forme culturali come teatro o cinema, che patiscono più di tutte il lockdown. La riapertura delle librerie se da una parte ha certamente un forte valore simbolico, d’altra parte non è la soluzione del problema. Come ha detto Nicola Lagioia su Internazionale ieri, «non vorrei che si scambiasse l’analgesico per la cura». È vero le librerie sono aperte, ma la promozione è ferma, la produzione pure, la distribuzione stenta.
Come per tutti i lavori culturali, la dimensione sociale nel mio lavoro è determinante. Soprattutto nella fase di post-produzione, quindi di promozione e vendita dei libri. Cambiando il pubblico, cambieranno inevitabilmente anche i prodotti, cioè i libri stessi. Probabilmente, almeno i primi tempi, bisognerà evolversi in formati digitali, in presentazioni e iniziative online. In primis il lavoro promozionale dovrà piegarsi a un pubblico differente, senza volto, che si esprime in like, commenti e in numero di visualizzazioni. È un po’ triste a pensarci, ma è così per il momento. Fino a quando non torneremo a guardarci negli occhi.
Del lavoro in Mesogea, mi mancano i confronti con la mia squadra fatta di sole tostissime donne (ad eccezione dell’editore, detto il Boss). Mi manca la mia scrivania disordinata, mi manca esserci per gli altri
I libri della quaratena di Anita Magno:
«Non posso non segnalare “Intanto” di Paolo Jedlowski, sembra scritto apposta per questa quarantena, che è un po’ un intanto collettivo. Ma anche “Treni strettamente sorvegliati” di Bohumil Hrabal, sopraffino autore ceco che ho ripreso in questi giorni di clausura.»

Umberto Parlagreco – l’esperienza cinematografica è insostituibile

Umberto Parlagreco - Multisala IrisUmberto Parlagreco ha ereditato dal 2009 la Multisala Iris di Messina. «Tra un mese compio 11 anni di gestione. Quando ho iniziato a gestire il cinema, un dirigente della Universal che conosco e che era amico di mio papà mi disse: “questo non è un lavoro, ma una malattia”. Capisco che forse non è il momento giusto per un paragone del genere, ma è vero: il cinema, da esercente, lo fai per passione. Noi esercenti viviamo un conflitto che non è da poco: siamo e restiamo delle aziende che devono garantire un utile, un guadagno, come ogni altra azienda, ma allo stesso tempo offriamo un servizio culturale, siamo luoghi di aggregazione, luoghi che devono offrire, almeno in parte, un prodotto educativo, alle volte persino artistico. In parole povere, all’Iris vieni a vedere Checco Zalone, ma anche Jodorowsky, e far convivere questi due punti di vista non è facile, è impegnativo, ma è necessario.
Il cinema ha costi di gestione alti, e ogni giorno in cui restiamo chiusi è una perdita in denaro non indifferente. Ci sono i dipendenti da pagare, spesso i mutui. Ma il costo maggiore è il rischio che appena passerà la tempesta, il pubblico possa disaffezionarsi alla visione cinematografica. Dovremo fare un grosso sforzo perché il cinema torni ad essere il luogo che era prima della pandemia.
Sono in un gruppo di lavoro con dei colleghi di tutta Italia (colleghi illuminati, lasciamelo dire) che sta cercando di trovare la strada per offrire contenuti in streaming in assenza della sala. Ci sono già dei cinema che si sono avventurati in questo progetto, penso al Beltrade di Milano o all’Arsenale di Pisa. Ma penso anche all’esperienza di PopUp cinema di Andrea Romeo a Bologna. Stiamo ragionando sulla fattibilità della cosa per una piazza come la nostra. Ci vuole un po’ di tempo perché l’idea è che lo streaming non sia un servizio sostitutivo del cinema, ma un servizio aggiuntivo. Credo che ci saranno delle novità a breve.
Al momento, le forme di sostentamento sono quelle che il Governo ha dato a tutte le aziende: abbiamo sfruttato la cassa integrazione in deroga per i nostri dipendenti, e sospeso i mutui. Aspettiamo però altri interventi, non ritengo il decreto CuraItalia sufficiente per il settore.
L’esperienza cinematografica è insostituibile. Lo streaming è una bella cosa, hai a disposizione contenuti di tutti i tipi e questo favorisce l’alfabetizzazione cinematografica, senza dubbio, che è un bene per tutti. Ma non è Cinema. Il Cinema è solo al Cinema. Alla fine credo che la voglia di uscire e stare assieme a condividere esperienze sarà talmente forte che ci sarà una ripresa importante del settore. Ma quel momento appare ancora lontano secondo me, e il rischio è che alla fine della strada che ci separa dalla fine di questo periodo incredibile che stiamo vivendo, ci saranno morti e feriti. Spero di sbagliarmi su quest’ultimo punto.

Del cinema mi manca sicuramente il contatto con il pubblico. Sia il cliente occasionale che mi chiede a che piano è il primo piano, che quello abituale con cui si chiacchiera sul film appena visto.»

I film della quaratena di Umberto Parlagreco:
«Ovviamente ne ho visti tanti. Ma ho fatto un paio di maratone: Harry Potter ed è in corso quella di Star Wars. Che la forza sia con voi.»

 

(1668)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

error: Contenuto protetto.