Arrendersi o perire! Al grido di queste parole, il 25 aprile di 73 anni fa l’Italia è insorta contro il nazifascismo, portando nel giro di pochi giorni al compimento dell’opera di liberazione del paese e alla conseguente instaurazione della democrazia, avviate grazie ai combattenti della Resistenza e al supporto offerto dalle truppe alleate.
Oggi, come ogni anno dal 1946, si celebra la Festa della Liberazione: migliaia di italiani, da Nord a Sud, si riuniscono nelle piazze, nei palazzi o nelle campagne, e ricordano il sacrificio di chi allora ha combattuto per quei valori che sono poi diventati fondamento della Repubblica: la democrazia, la libertà, la pace. Messina, chiaramente non è da meno. Sono tante le manifestazioni organizzate per questa giornata, che interesseranno cittadini e istituzioni.
Ma com’era la città dello Stretto all’alba del totalitarismo fascista? E che significato ha, oggi, a decenni di distanza, commemorare quel giorno, apparentemente così lontano? Per avere un quadro generale, abbiamo interpellato un esperto, il professor Antonio Baglio, docente di Storia Contemporanea al Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne (Dicam) dell’Università degli Studi di Messina.
Messina dal terremoto al secondo dopoguerra
«Tra gli anni ’20 e gli anni ’30 del ‘900 – spiega – Messina è caratterizzata da due fenomeni principali: il fermento culturale, che darà vita a personaggi come Salvatore Pugliatti e Salvatore Quasimodo, e la stagnazione economica. Il terremoto del 1908, la conseguente, ma lenta, opera di ricostruzione e la riconfigurazione degli equilibri e dei rapporti tra potenze europee hanno mutato profondamente la fisionomia della città. Questi fattori hanno contribuito a una conversione dell’economia, prima incentrata sulle attività del porto, sul commercio, e a una predominanza del settore terziario e, in particolare, dell’edilizia».
Durante il ventennio fascista la città è stata quindi ricostruita: «Il fascismo ha fatto a Messina un investimento di natura ideologica – chiarisce Antonio Baglio. Sebbene la ricostruzione fosse stata preventivata già dal governo Giolitti, l’impresa in Libia prima, e lo scoppio della Grande Guerra poi, hanno posto un freno a questi interventi».
Qui, come in altre città, tra cui Roma, Latina o Reggio Calabria, il regime ha piantato le basi per attrarre il consenso popolare. Ma la città dello Stretto ha subito, nel corso del ‘900 una seconda frattura importante, segnata proprio dalla seconda Guerra Mondiale: «A partire dal 1941 e, in particolare, nel 1943, Messina è stata oggetto di bombardamenti continui – racconta Baglio. Proprio per la sua posizione geografica, che la rendeva uno dei punti d’accesso principali al continente europeo, è stata anche sottoposta a numerosi attacchi da parte delle “fortezze volanti” dei Boeing B-17 degli anglo-americani».
Messina, liberata dal regime già nel 1943, arriverà alla fine del conflitto mondiale profondamente indebolita dai bombardamenti. A causa degli ingenti danni subiti, infatti, verrà poi insignita della medaglia d’oro per il valore civile nel 1950 e della medaglia d’oro al valore militare nel 1978.
Resistenza, significato e valori
Ricordare oggi il 25 aprile del 1945 significa ricordare le battaglie combattute dai partigiani per restituire la libertà a un’Italia oppressa e trasmettere i valori che questa giornata simboleggia alle generazioni future: «Commemorare il 25 aprile, conservarne la memoria, è un’operazione pedagogica di importanza fondamentale – spiega Antonio Baglio.
«La resistenza non è stata solo lotta armata, ma si è fondata anche sulla trasmissione di quei valori e di quelle passioni civili che oggi sono alla base della nostra democrazia – aggiunge. Gli esuli, gli intellettuali, gli uomini politici costretti ad abbandonare la propria terra e a rifugiarsi all’estero, principalmente in Francia, hanno condotto da lì un’opera di sensibilizzazione dell’opinione pubblica europea contro i pericoli del fascismo e del nazismo».
Opera di sensibilizzazione condotta anche sul territorio messinese, ad esempio da Francesco Lo Sardo, messinese, nonché primo deputato comunista siciliano, morto nelle carceri fasciste nel 1931.
«La Liberazione significò mettersi alle spalle un ventennio di dittatura fascista e i due anni di occupazione nazista – spiega Antonio Baglio. Un’esperienza che, tra le altre cose, aveva creato una spaccatura all’interno del Paese, la cui unità è stata più volte messa in discussione, tra una parte dell’Italia ancora controllata dai fascisti e il Sud che pian piano veniva liberato dagli americani».
Nonostante le divisioni politiche, gli esiti altalenanti del discorso sull’importanza della memoria, delle feste civili, come quella rappresentata dal 25 aprile, occorre ricordare come: «Le idee e i valori incarnati dalla Liberazione sono la base della nostra democrazia, un patrimonio condiviso che appartiene a tutti, indipendentemente dagli schieramenti – conclude Antonio Baglio – che ci unisce come italiani e come europei, e che quindi va analizzato con sguardo critico, rilanciato e trasmesso ai giovani».
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