Otto mesi di reclusione ed il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima, questa la condanna inflitta questa mattina dopo rito direttissimo a I. O., 43 anni, di nazionalità rumena, colpevole, secondo il Tribunale, di “maltrattamenti contro familiari, atti persecutori, violazione di domicilio e danneggiamento aggravati” nei confronti della ex convivente M. N., 45 anni, anche lei rumena.
Da quanto ricostruito la storia andava ormai avanti da anni, tra minacce di morte, prepotenze e pesanti percosse. Nemmeno la decisione di scappare, trovando lavoro come badante a Messina, ad un indirizzo sconosciuto da quell’ormai ex convivente violento, era servita a porre fine ad un incubo che avrebbe potuto giungere a conclusioni drammatiche.
Questa la storia della donna vittima di persecuzioni che, a marzo di quest’anno, aveva deciso di lasciare Gela, dove viveva, per tagliare i ponti con il passato e con l’uomo, suo convivente da 26 anni, che ormai la terrorizzava continuamente, aggredendola, fisicamente, anche alla presenza dei due figli della coppia, entrambi minorenni.
La donna, dopo aver portato i due figli in Romania ed averli affidati a dei parenti, era tornata in Sicilia per cercare un lavoro che le permettesse di mantenerli a distanza. A marzo di quest’anno la 45enne era riuscita a trovare lavoro a Giampilieri, dove accudiva un anziano signore ed aveva ritrovato, in qualche modo, una parvenza di serenità. Tutto quello che fino a poche settimane prima la assillava e le rendeva impossibile la vita, sembrava ormai lasciato alle spalle. Con la paga che percepiva, riusciva ad aiutare i suoi figli ed a vivere dignitosamente. Tutto bene sino al giorno, dell’agosto scorso, in cui I. O. era riuscito a scoprire il “rifugio” della donna.
Da quel giorno una serie di telefonate ad ogni ora del giorno e della notte, telefonate in cui l’uomo minacciava la 45enne di morte qualora non avesse deciso di lasciare quel lavoro e ritornare a vivere insieme al lui. L’uomo la assillava: appostamenti, bruschi risvegli in piena notte, con lui che a pugni e calci colpiva le tapparelle della finestra della sua camera da letto. Un incubo che era ricominciato.
La donna non ha denunciato. Fino allo scorso sabato, il 17 ottobre. Quella mattina il campanello del portone si è messo a suonare in maniera compulsiva ed incessante e, affacciandosi alla finestra, M. N. ha visto l’ex convivente incollato al pulsante del citofono. Gli ha chiesto di andersene ma l’uomo, per tutta risposta, l’ha minacciata di morte. Si è quindi appostato davanti all’ingresso, ma dopo un’ora di “quiete” ha deciso di agire: ha scavalcato una recinzione e ha raggiunto, attraverso una scaletta, il balcone sul retro della casa. Ha quindi iniziato a colpire violentemente con calci e pugni le serrande, riuscendo a romperne due ed arrivando quasi ad entrare in casa. La donna ha quindi deciso di chiamare le forze dell’ordine.
Alla chiamata al 112 è intervenuta, a sirene spiegate, una pattuglia della Stazione Carabinieri di Giampilieri, immediatamente supportata da un equipaggio del Nucleo Radiomobile dei Carabinieri di Messina.
Solo l’ arrivo dei militari ha evitato che l’uomo riuscisse ad entrare in casa ed ha scongiurato il peggio.
I. O. era in evidente stato di ubriachezza, è stato subito portato nella caserma dei carabinieri di Giampilieri, ed arrestato. Oggi il processo per direttissima e la condanna.
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