Ha attraccato al molo Marconi, alle 7.30, il pattugliatore irlandese LT, L.E. NIAMH. A bordo 453 migranti soccorsi nel canale di Sicilia e 14 morti.
Forze dell’ordine, Asp e associazioni umanitarie, coordinate dalla Prefettura, hanno attivato l’ormai rodata procedura di accoglienza, in collaborazione con l’Autorità Portuale per ciò che sarà logisticamente necessario in porto.
Molto delicato lo sbarco di oggi, visto che la nave trasportava anche 14 vittime recuperate durante le operazioni di soccorso a largo della costa libica.
I corpi stavano ammonticchiati uno sull’altro nella stiva della chiatta soccorsa. Altri sul pontile in mezzo ai vivi. Trasfigurati dal tempo e dal mare, i 14 morti sono stati trasportati presso strutture ospedaliere messinesi per i successivi esami autoptici, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria. Il personale della Polizia di Stato, specializzato nel rilevamento delle impronte e di altri segni distintivi per il riconoscimento dei cadaveri è intervenuto in ausilio al locale Gabinetto di Polizia Scientifica nel frattempo impegnato nel foto-segnalamento di 319 uomini, 68 donne e 69 minori. Tra i profughi sopravvissuti all’ennesimo viaggio della speranza molti bambini e neonati di varie nazionalità.
E sono ancora in corso le attività connesse allo sbarco ed al successivo trasferimento presso i centri d’accoglienza cittadini. Centri che nel frattempo erano stati resi liberi per una quanto più immediata accoglienza dei 453 appena arrivati con il trasferimento dei 435 fino ad oggi soggiornanti, a bordo di pullman diretti in altre regioni italiane.
Intanto, prosegue il lavoro in prima linea dell’ufficio immigrazione. I poliziotti stanno infatti confrontando i dati anagrafici raccolti con quanto emerso da foto ed impronte digitali rilevate dal Gabinetto di Polizia Scientifica. Sono stati così già individuati circa 120 cittadini stranieri per i quali sono state avviate le procedure di respingimento. Molti erano stati già espulsi in passato dal territorio nazionale. Alcuni hanno fornito false generalità per nascondersi tra coloro per i quali è previsto lo status di rifugiato.
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