Genovese e i 16 mln da versare al fisco, il suo avvocato: ” Pronto al ricorso in Cassazione”

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Un tira e molla che non lascia respiro. Per l’onorevole Francantonio Genovese, deputato forzista, già travolto da un ciclone giudiziario nell’ambito delle inchieste ‘Corsi d’oro’ e ‘Matassa’, in attesa di giudizio, adesso arriva anche la mazzata del Fisco, che lo condanna al pagamento di 16 milioni di euro, a parere della Commissione tributaria siciliana frutto di un’evasione fiscale, del 2005, modulata attraverso il deposito di tale somma, convertita in polizze assicurative, in Svizzera.

La vicenda trae origine da un accertamento dell’Agenzia delle Entrate, effettuato nel 2014, attraverso il quale si contestava al politico un’evasione fiscale su alcune polizze a vita stipulate al Credit Suisse in Svizzera, per 16 milioni e 377mila euro.

Ne seguì un ricorso, presentato dal legale di Genovese, avvocato Nino Favazzo, sul quale nel maggio 2016 si espresse la terza sezione della Commissione Tributaria provinciale di Messina rideterminando in 12 milioni e 874mila euro l’importo che il deputato messinese avrebbe dovuto pagare al fisco italiano. Anche qui intervenne il ricorso alla Commissione tributaria Regionale, che qualche giorno fa, disattese le aspettative della difesa, ha riconfermato la somma iniziale: 16 milioni e 377mila euro.

Una decisione sulla quale a breve sarà chiamata ad esprimersi la Cassazione, a cui l’avvocato Favazzo si dichiara prossimo a rivolgersi. Ecco cosa dice il legale:

“Sui fondi esteri detenuti da Genovese si è pronunciata nei giorni scorsi anche la Commissione Tributaria Regionale – Sezione di Messina – che, quale giudice di seconda istanza, ha confermato la decisione di primo grado. In sintesi, i Giudici tributari hanno disatteso i motivi di appello, confermando la fondatezza dell’atto di accertamento emesso dalla Agenzia delle Entrate di Messina il 23.12.2014, con il quale si era recuperato a tassazione, quale reddito prodotto nell’anno 2005, l’intero ammontare dei fondi detenuti dal contribuente in paese estero. A tale illogica e non condivisibile decisione si è pervenuti nonostante sia pacifico e da nessuno contestato che la detenzione dei fondi esteri fosse risalente ad epoca antecedente al 31.12.2004. La difesa – forte della fondatezza e la stringenza delle proprie argomentazioni – sta già predisponendo un corposo ed articolato ricorso per Cassazione, sul cui accoglimento non nutre alcun dubbio”.

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