All’Università c’era la prof. Gasparro che teneva un corso – anche per quelli di giornalismo – sulla Storia dell’Islam. Lei vestiva di blu e rimanevi basito dalle cose che non sapevi, e che non ti aspettavi di trovare a uno di quei corsi a scelta. Le sūre, le usanze, il modo di accompagnare i defunti in un’altra vita. Tutto del Corano ti avrebbe affascinato.
Anche la letteratura araba ha il suo fascino. Insieme ai libri d’esame, esiste della narrativa che suscita enorme curiosità per elementi religiosi che talvolta emergono dalle storie e che ne fanno parte totalmente e in modo – diciamo – imprescindibile.
Va da sé che anche la lingua araba – «lingua della rivelazione e quindi lingua sacra» – non scherza in termini fascinosi. Abbiamo fatto quindi 2 più 2 e abbiamo chiesto a Dario Tomasello – professore di Letteratura italiana contemporanea e Drammaturgia – di spiegarci meglio il legame tra lingua e religione araba. Nel 2018, Tomasello pubblica “Luci sull’Islam – 66 voci per un lessico”, per la Jouvence, casa editrice milanese – fondata nel ’79 – che si occupa anche di letteratura araba.
Quello che Dario Tomasello sa del Corano
Le notizie degli ultimi giorni – Nizza prima e Vienna dopo – ci fanno ancora interrogare sul perché abbiamo necessità di utilizzare la parola islamista e non quella di criminale.
Lunedì sera, quattro persone sono state uccise e ventidue sono state ferite in un attentato terroristico nel centro di Vienna, in Austria. La polizia ha poi ucciso un attentatore – un uomo, che il ministro dell’Interno ha definito «islamista» –, ma sono ancora in corso le ricerche di possibili suoi complici. Il centro di Vienna è stato dichiarato “zona rossa” ed è ancora presidiato da centinaia di agenti di polizia, comprese decine di agenti dei corpi speciali. Martedì sera l’ISIS ha rivendicato l’attentato. (dal Post)
Dario Tomasello (in foto) si è convertito nel 1996. «Venticinque anni fa, quasi – dice Dario. Le ragioni di una vocazione sono sempre molto complesse ma anche misteriose, per chi ci crede – ovviamente – quindi è una domanda (perché ti sei convertito?) a cui non so rispondere. Avevo letto qualcosa. Il Corano è una lettura che mi ha colpito e mi ha segnato però proprio perché è una lettura importante – così cruciale e decisivo, come testo – non può bastare».
E infatti non si può imparare il Corano su internet. «Il fraintendimento nasce da una conoscenza non corretta (anche della lingua, il mondo accademico dibatte sulla traduzione e l’interpretazione dell’arabo). Ma non perché nel Corano ci siano scritte cose equivocabili ma perché le lingue della rivelazione – in una prospettiva di fede – vengono da una fonte che non è umana. Determinano una sorta di sfida all’intelligenza dell’uomo. Una sfida che prevede una capacità di equilibrio».
Quello che tu non sai del musulmano
Non è semplice quindi avere il Corano tra le mani. C’è un apprendimento e una corretta recitazione. «Sicuramente in una vita comunitaria, il messaggio della rivelazione e anche e sopratutto l’aspetto esemplare della vita del profeta sono stati veicolati dall’insegnamento e dalla presenza di una maestria. La maestria è stata garantita – e dovrebbe essere ancora così dalle storie giuridiche che hanno in qualche modo dato una prospettiva per equilibrare l’esistenza di un essere umano, a renderlo capace di discernere gli eventi che accadono e vedere la luce della rivelazione.
E poi c’è la taṣawwuf, che in una traduzione non pertinente è chiamato sufismo, che non è come si vuol credere una corrente eterodossa dell’Islam ma è una componente fondamentale di quell’insegnamento magistrale che ha permesso per secoli – e nelle migliori pagine della storia dell’Islam – di conservare un approccio corretto all’esistenza e di dare, ancora una volta, un patrimonio di sapienza di cui hanno beneficiato non solo i musulmani. Intendo, la ritrasmissione di insegnamenti dell’Islam – in larga parte dell’Europa – in ambito filosofico, letterario, artistico».
Il fondamentalismo
Dario Tomasello è stato a La Mecca, la città in cui, per la tradizione musulmana, è nato Maometto e Medina “La città illuminatissima”. «È stata un’esperienza ineffabile, un’esperienza decisiva. Senti che quei luoghi sono stati dati in custodia all’Islam. Sono luoghi che appartengono a una dimensione ancestrale del sacro per gli esseri umani (tutti).
Infatti quello che il pellegrino compie a La Mecca non è qualcosa che è stato introdotto dal profeta Muḥammad ma è stato restaurato dal profeta, ancora una volta. Gli atti si riferiscono alla storia di un altro profeta che precede la storia dell’Islam nella sua forma storicamente conosciuta. Sono tutti riferiti al profeta Abramo».
Luci sull’Islam
A distanza di due anni dall’uscita del libro sarà cambiato qualcosa? «Come sempre le cose del mondo sono un’alternanza di passi avanti e passi indietro, non c’è mai un’unica lettura possibile. Si fanno dei passi avanti ogni volta che ci si mette – come stiamo facendo noi – a parlare. Si fanno dei passi indietro ogni volta che si cede alla tentazione del pregiudizio, ma questo vale per tutti. Siamo molto dispiaciuti per quello che succede, perché il primo bersaglio dei fondamentalisti sono i musulmani stessi.
Una maggioranza silenziosa ma non solo, perché anche sugli ultimi fatti i sapienti si sono espressi con condanna e censura nei confronti di questi atti. I musulmani amano l’Europa. I fondamentalisti non amano l’Europa, non amano la civiltà, non amano la libertà e neanche se stessi. C’è un versetto – il 256 della seconda sura che dice “Non c’è costrizione nella religione”, questo è un insegnamento tassativo dei maestri, dei veri maestri dell’Islam, riconducibili alla scuole giuridiche e al taṣawwuf.
Sento una grande tristezza per gli autentici martiri, le vittime uccise da questi criminali. Nello stesso tempo, come tutti i musulmani, sento molto forte il dovere di fare un lavoro dentro le moschee. Anche a Messina, venerdì scorso – ogni venerdì si fa la preghiera ma anche un discorso pubblico – abbiamo fatto un discorso condannando questi fatti e come queste persone siano artefici di gesti criminali».
Ultime battute – l’intervista a Dario Tomasello
Undici anni fa, Dario Tomasello ha portato in scena per la regia di Antonio Calenda “Ultimo giorno”, con Maurizio Marchetti e Angelo Campolo e Maria Serrao. «Adesso ce ne sarebbe bisogno. Però posso consigliarti un libro, Islam – L’altra Civiltà, di Gianpiero Vincenzo (Mondadori, 2001) in cui viene messo in risalto il ruolo del diritto e dei fondamenti spirituali nella società islamica».
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