Un piccolo libriccino che racchiude in sé un intero universo, tra detti e proverbi popolari, antiche tradizioni, feste, oroscopi, modi di dire, briganti e santi e tantissimo altro, a far da ponte tra il passato e il presente: è stata presentata ieri, 7 febbraio, al Palacultura “Antonello” di Messina, l’edizione 2023 dell’Almanaccu sicilianu, edito da Lucio Falcone, a cura di Peppuccio Buzzanca, e pubblicato con la Casa Editrice Pungitopo.
Partiamo dal principio. Cos’è un Almanacco (o in siciliano, Almanaccu)? Sostanzialmente un libro, che registra elementi e nozioni della cultura popolare. Un ambito vastissimo che può contenere al suo interno proverbi, indovinelli, racconti, ma anche ricette, detti popolari, oroscopi, favole, scongiuri, filastrocche e ninna nanne. Insomma, un compendio, solitamente illustrato con disegni o fotografie, di tutto ciò che fa parte della cultura e della storia più quotidiana di una comunità. Spesso è tematico, altre volte mischia al suo interno più argomenti, ma con un filo conduttore che li lega; come è il caso dell’edizione 2023 dell’Almanaccu Sicilianu. Una particolarità, la presenza di QrCode in diverse pagine, attraverso i quali è possibile accedere a archivio multimediale, fatto di canti, immagini, e tanto altro.
«Un antidoto contro l’oblio della memoria»: l’“Almanaccu Sicilianu” 2023
A illustrarne il valore e il significato, quattro studiosi e antropologi, il prof. Mauro Geraci, il prof. Sergio Todesco, il giornalista culturale Sergio Di Giacomo e il prof. Mario Sarica che, ognuno con il suo sguardo personale e professionale, ne hanno sviscerato i contenuti. Comune a tutti gli interventi, la visione dell’Almanaccu sicilianu non come una semplice raccolta di frammenti della cultura popolare, ma come uno strumento di memoria, di ponte e dialogo tra passato, presente e futuro.
Presente all’appuntamento, l’assessore alla Cultura e alle Tradizioni Popolari, Enzo Caruso: «La città di Messina – ha sottolineato – inizia a vedere una sempre maggiore aggregazione attorno alla cultura e questo Palazzo, dedicato ad Antonello, ne è una delle sedi principali. Sono contento di essere qui, perché ho visto nascere questo lavoro, che richiede per essere portato avanti costanza e impegno. I canti, le filastrocche, i detti sono elementi di una cultura che è importante tramandare. La cultura popolare ci consente di raccontare il passato e il presente. È importante, da questo punto di vista, tramandare la lingua siciliana. Dobbiamo fare in modo che queste cose arrivino anche ai ragazzi: in questo è fondamentale il lavoro degli insegnanti. Abbiamo il dovere di tramandare la nostra conoscenza».
Ultimati i saluti istituzionali, si è entrato nel vivo della presentazione. Il primo a intervenire è stato Mario Sarica, che ha moderato la discussione: «È un’opera – ha spiegato – che si configura come un continuum. La cosa che più balza agli occhi è la struttura di questo almanacco, che si presenta come un viaggio lungo le stagioni alla ricerca di frammenti di vita popolare che parlano a noi ancora oggi; perché sono espressione essenziale del nostro orizzonte, ci restituiscono le radici, l’origine, aiutandoci anche a leggere il presente e immaginare il futuro. Al suo interno ci sono tanti materiali inediti. L’almanacco non è infatti qualcosa che appartiene solo al passato, è materia viva, fatta di espressioni identitarie, riconosciute come necessarie. È un antidoto contro l’oblio della memoria».
A seguire, l’intervento di Sergio Todesco: «Presento l’Almanaccu Sicilianu da una ventina d’anni – ha affermato. Può sembrare che un almanacco, un’opera che si presenta annualmente, finisca per fornire sempre gli stessi argomenti, ma non è così. L’abilità del compianto Nino Falcone e ora di Lucio Falcone e Peppuccio Buzzanca è quella di rinnovarsi sempre». Poi una spiegazione sulle radici della parola stessa: «L’origine del termine almanacco è araba – ha chiarito. Indicava il luogo corrispondente a una sosta, un’oasi in cui si operava il cambio delle merci. Era quindi un luogo di scambio, di trasmissione di saperi. L’almanacco stesso è un’opera di travaso di contenuti». Quest’anno, a differenza che in passato, ci ha spiegato Todesco, l’Almanaccu Sicilianu, non è monotematico, ma unisce più argomenti, legandoli tra loro e creando un apparato “tentacolare”.
La parola è poi passata a Mauro Geraci: «Sfogliare l’almanacco ogni anno è una scoperta incredibile – ha detto –, è come avere tra le mani un universo a portata di tasca. Le coordinate di quest’anno sono quelle legate al fuoco come elemento simbolico presente nelle festività, ma anche come elemento legato alla gastronomia, alla cucina, come elemento magico religioso. A questo aspetto si legano anche gli aspetti produttivi, c’è una parte legata alla baticoltura, ai rapporti tra vita festiva e religiosa. Un’altra parte è invece dedicata alla scuola in Sicilia. Leggere l’Almanacco è fare un viaggio».
Infine, Sergio Di Giacomo si è concentrato sugli elementi della gastronomia inseriti all’interno dell’Almanaccu Sicilianu: «Tra i percorsi di questo almanacco – ha raccontato – c’è quello legato alla tradizione culinaria. La cucina è fortemente legata alla cultura, è un elemento identitario attivo e dinamico, ma anche emotivo. Basti pensare alla reazione emotiva che hanno i messinesi che stanno all’estero quando gli parli di un piatto locale. Scatta sempre qualcosa. All’interno dell’Almanaccu Sicilianu c’è una parte dedicata proprio alla cucina, ai Monsù, i cuochi dell’aristocrazia del sud Italia che dalla fine del ‘700 sono diventati un simbolo. Nel testo ci sono ricette che riprendono la tradizione francese e siciliana, ma non solo. La cucina siciliana è fortemente contaminata e internazionale».
Per concludere questa piccola “anteprima” del 43esimo numero dell’Almanaccu Sicilianu, vi lasciamo con alcuni detti popolari che è possibile trovare al suo interno (e che probabilmente vi suoneranno familiari):
- Cci voli assai a ssapiri picca.
- Lu sapiri è mmegghiu di l’aviri.
- Lu troppu sapiri spissu fa ddannu.
- Nun pigghiari cunsigghiu di li gnuranti..
A questo link maggiori informazioni.
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