Insegnanti a distanza. Le storie di sette professori ai tempi del coronavirus

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Daniele – non faccio interrogazioni

Daniele De Joannon insegna a distanza ai tempi del coronavirusDaniele De Joannon messinese trapiantato a Prato insegna Italiano, Storia e Geografia in una scuola media.

«Nell’ambito dell’autonomia didattica, ogni docente ha scelto il modo che gli sembrava più opportuno, nonché congeniale. Per quanto mi riguarda, ho cercato di calibrare la didattica digitale sui mezzi a disposizione di alunni e genitori. Mi spiego meglio: nelle case, i computer sono meno diffusi di quanto non si possa pensare (al massimo uno per famiglia) perché ormai è più comune che il mezzo “più performante” utilizzato sia il tablet; i ragazzi, poi, nonostante siano definiti nativi digitali, sono soprattutto degli utilizzatori passivi di applicazioni sullo smartphone, il loro mezzo privilegiato di contatto con la rete, e spesso, nonostante siano tutti i scritti a Google (per scaricare le suddette app), non ricordano le loro password. Sulla base di questi due presupposti, quindi, ho calibrato la mia attività, che punta a una semplificazione dei canali di comunicazione e all’utilizzo quasi esclusivo dello smartphone.
Le lezioni vengono inviate in pdf (contengono concetti chiave, semplificazioni del testo e istruzioni su cosa studiare), utilizzando un carattere adatto per chi ha difficoltà di lettura, con all’interno dei link a video da visionare (conto, nei prossimi giorni, di attivare anche la riproduzione vocale dei testi scritti). Per quanto riguarda i compiti (esercizi che ricopio dai libri e domande a risposta aperta), sto attualmente utilizzando Google Forms, che ha una buona visibilità sugli smartphone e permette di fare tutto su questo tipo di supporto. I ragazzi, ogni giorno, in corrispondenza dell’ora di lezione, trovano sul registro elettronico le lezioni, le soluzioni dei compiti precedenti e eventuali mappe concettuali (da scaricare), nonché un link con gli esercizi per la volta successiva.
Due terzi per ogni classe esegue le consegne, anche se l’obiettivo finale è raggiungere tutti, visto che tutti, attraverso gli smartphone, hanno una connessione. Per quanto riguarda le interrogazioni, io, personalmente, non ne faccio perché mi sembra un ulteriore stress per i ragazzi e per i docenti. Una settimana dopo il rientro, si procederà con le verifiche per valutare il grado di conoscenze acquisite in questo periodo.
Delle giornate a scuola, sembra una risposta scontata, ma non lo è: il rapporto con i ragazzi, il guardarsi negli occhi, il poter aprire una discussione su altro quando viene fuori uno spunto interessante dalle lezioni.
Rispetto alle lezioni a distanza, beh, non essendo inseguito dalla campanella, dal registro elettronico da compilare, dalle interrogazioni da fare, le lezioni sono più complete perché c’è la possibilità di allegare video (in classe si riescono a vedere solo spezzoni) e di spiegare più compiutamente, ad esempio, un brano dell’Odissea.
Su quello che sta succedendo, in verità, con i ragazzi ne avevamo parlato già alla fine di febbraio. Ne avevamo discusso più volte in classe e l’ultimo tema assegnato riguardava proprio il loro punto di vista sul coronavirus. Stavamo anche preparando lo spettacolo teatrale di fine anno e una pagina di giornale per il Campionato di Giornalismo de “La Nazione”. Sicuramente, comunque, chiederò agli alunni di raccontare come hanno vissuto questo lungo periodo fuori dal mondo».

Francesca – la didattica a distanza è insufficiente

Francesca Duca, insegna a distanza ai tempi del coronavirusFrancesca Duca insegna Lettere in due Istituti Comprensivi di Messina e provincia. Lei, insegnante a distanza, cerca di ricordare ai ragazzi di mantenere gli impegni scolastici.
«Le lezioni in digitale nelle prime due settimane si sono svolte tramite un portale che è accessibile a tutti i genitori e agli alunni, che si chiama Argo. Inizialmente, spaesati e non pienamente consapevoli che la sospensione sarebbe stata protratta così a lungo, noi insegnanti ci siamo limitati a mandare compiti legati a lezioni già fatte in presenza. Adesso ci siamo tutti attrezzati e organizzati attraverso i più svariati supporti per le videolezioni, che ci consentono di mantenere un contatto più diretto con i nostri studenti e di non rimanere indietro.
Il problema non è certamente la mancanza di strumenti, ma questo richiede uno sforzo di autoformazione e di aggiornamento da parte di tutti. I ragazzi iniziano a capire i limiti della didattica a distanza. I primi giorni sembrava tutto un gioco, la maggior parte dei ragazzi era felice di essere a casa, di non dover sentire la sveglia, di poter gestire il proprio tempo e fare i compiti senza dover andare a scuola. Inizialmente erano incuriositi dal fare lezioni al pc o con il cellulare, di vedere i prof. attraverso uno schermo. Adesso è chiaro, a noi come a loro, la profonda differenza tra la didattica a distanza e la scuola, quella fatta di relazioni, di comunità, di crescita umana e culturale propria del vivere collettivo. Io e i miei colleghi riceviamo continuamente messaggi da parte di studenti a cui manca molto lo stare insieme e la scuola.
Mi manca molto l’energia positiva dei miei alunni, la spontaneità delle loro domande, l’ingenuità del loro modo di vedere il mondo e tutto ciò posso averlo soprattutto stando in classe.
La mia opinione, per quanto possa sembrare in controtendenza, è che la didattica a distanza sia insufficiente. Non possiamo illuderci di aver fatto un buon servizio all’istruzione e alla cultura mettendo i nostri ragazzi davanti a uno schermo tutto il giorno, ad assorbire conoscenze in video o in diretta, fosse anche con le più coinvolgenti applicazioni. Non è questa la vocazione della nostra scuola, ma tant’è. La didattica a distanza ci serve in questo preciso momento e stiamo provando ad utilizzarla nel migliore dei modi. Ma non è il futuro della formazione delle persone, a mio parere.
I ragazzi sono preoccupati quanto noi, in maniera commisurata alla loro età. Sto spiegando loro la necessità di stare a casa, ma di rendersi utili e di continuare con serietà i propri impegni scolastici».

 

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