Messinesi intervistati per la Brexit

Fuori dall’UE: la Brexit raccontata dai messinesi che vivono nel Regno Unito

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Fuori dal coro – la Brexit di Massimo Russo

Interessante anche l’idea di chi vive in Irlanda come Massimo Russo, messinese di 37 anni, che dal 2018 fa base a Dublino, dove fa il fotografo.

«Con amici e colleghi irlandesi c’è stato uno scambio di opinioni e informazioni tra i pro e i contro Brexit, soprattutto riguardante gli effetti che questa potrebbe avere nei rapporti tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord. Qui a Dublino in particolare, e nella Repubblica d’Irlanda in generale, al momento mi sembra presto per stabilire se e quando gli effetti della Brexit potranno riversarsi nella vita quotidiana di questo Paese che continua a fare parte dell’Unione Europea. Piuttosto bisognerà vedere quanto questi influiranno sui rapporti con l’Irlanda del Nord, che causa Brexit, adesso non ne farebbe più parte.

Notizia di questi giorni, sono infatti manifestazioni pubbliche a Belfast, capitale dell’Irlanda del Nord, da parte di entrambe le fazioni pro e contro Brexit. Allo stato attuale sarebbe previsto un regime speciale per l’Irlanda del Nord che rimarrebbe nel mercato comune Europeo, e nella continuità doganale, fino a quando non verrà trovata una soluzione migliore a lungo termine. Si vorrebbe evitare un ritorno di confine tra Belfast e la Repubblica d’Irlanda, con il rischio di creare nuove tensioni.

Secondo me, tra i tanti punti toccati dell’argomento Brexit, tra pro e contro, la questione che più premeva i cittadini era quella legata all’immigrazione. A partire dalla grave crisi finanziaria del 2008 si è rafforzato infatti nel Regno Unito un sentimento di “euroscetticismo”, secondo cui per migliorare le condizioni economiche dei propri abitanti sarebbe stato necessario riprendere il pieno controllo politico del Paese e la riconquista della sovranità. Alla maggiore pressione fiscale imposta dalla Comunità Europea, si è aggiunta la diffusione tra la popolazione inglese di una sensazione di insicurezza, conseguenza delle sempre crescenti ondate migratorie, non accompagnate da un adeguamento e miglioramento dei servizi. Queste ondate hanno portato quindi a loro volta la sensazione di impoverimento, dovuta alla grande difficoltà di reperire alloggi, assistenza medica e servizi scolastici.

Essere europeo, per me, significa far parte di una grande comunità, all’interno della quale ho la libertà di circolare, fare formazione e network con colleghi provenienti da diversi paesi, e il privilegio di poter scoprire un paese nuovo ogni qual volta ne possa avere voglia.  La possibilità di lavorare liberamente con clienti in tutta Europa, senza dover attraversare confini, muri, dogane. Allo stesso tempo avere l’opportunità di portare la mia sicilianità anche fuori dalla nostra Isola, così da far conoscere la nostra cultura, le nostre tradizioni, le nostre bellezze attraverso le foto, i racconti, le esperienze, confrontandole con quelle degli altri».

Il desiderio di rimanere parte dell’Europa – la Brexit di Claudia Cafeo

Foto di Claudia Cafeo , messinese che insegna a Londra intervista per la BrexitClaudia Cafeo vive a Londra da 5 anni e fa l’insegnante di sostegno in una scuola elementare pubblica.

«I dibattiti sull’argomento sono stati tanti, spesso accesi e sostenuti da grosse manifestazioni che hanno visto entrambe le parti portare avanti le proprie ideologie, chi in maniera più razionale di altri, devo ammettere. Lavoro come insegnante di sostegno presso una scuola elementare pubblica e ho riscontrato, così come nella città di Londra stessa, una maggiore tendenza verso il Remain, cioè il desiderio di rimanere parte dell’Europa.
Detto ciò, conosco anche persone che, invece, si trovano favorevoli ad un sentimento più patriottistico e nazionalistico che pero’, per assurdo, li rende annebbiati nella razionalità delle cose, perché, per esempio, il voto Leave per loro non significava affatto una ripercussione verso me, loro amica, collega, vicina né verso la piccola bottega polacca dove quotidianamente comprano il pane o il portoghese dove comprare i dolci per lo snack delle 11.

Ho sentito molti discorsi che, con un po’ di tristezza, mi hanno ricordato le parole che mi hanno allontanato dall’Italia stessa, parole come “Britain first”, parente del nostro “Prima gli Italiani”, cosa che ancora oggi mi fa accapponare un po’ la pelle. Sento in me uno spirito di condivisione e curiosita’culturale che la mia terra natia, la bellissima Sicilia, mi ha trasmesso e, per quanto mi riguarda, l’Europa è una lente d’ingrandimento su questo concetto di cooperazione e sviluppo tra diverse popolazioni prima, nazioni conseguentemente. Quindi sì, io sono Europea e questa consapevolezza non mi rende alquanto nervosa verso la Brexit in quanto io credo che la parte più lesa sia difatti la popolazione inglese stessa che ad oggi si ritrova a sventolare la Union Jack con un’isola da ricostruire dalle basi; dovranno infatti ricucirsi legami economici di mercato e trattati politici che prima erano supportati da un intero continente, adesso non so.

Mi auguro con tutto il cuore che l’Inghilterra non diventi una mera marionetta degli Stati Uniti di Donald Trump, si vocifera già su una possibile privatizzazione della sanità e questo è abbastanza scoraggiante. Personalmente non credo ci siano grosse ripercussioni su chi, come me, vive qui da diversi anni lavorando e pagando le tasse. Il Governo ha invitato chi volesse rimanere a vivere in Inghilterra a compilare il famoso Settlement Scheme o “Settle Status” per proteggere il loro diritto di residenza una volta che il periodo di transizione sia finito, quindi nel 31 Gennaio 2020. Io ho fatto richiesta e nell’arco di 24 ore mi è stata data conferma di un Indefinite Leave nel Regno Unito, il che mi dà diritto di rimanere in Inghilterra senza limiti di tempo. Con questo documento potrei anche richiedere la cittadinanza inglese per la quale, però, ho ancora delle riserve. Aspettiamo qualche anno per vedere come andranno le cose e poi si vedrà. Non ti nascondo che l’idea di un futuro presso un’isola un po’ piu’ calda, dentro e fuori, comincia a farsi piu’ allettante».

L’incertezza del futuro – la Brexit di Arianna Capizzi

Foto di Arianna Capizzi messinese che vive a Londra intervistata per la BrexitArianna Capizzi, 37enne messinese, vive a Londra da 4 anni. Si occupa di produzioni video/fotografiche e organizzazione di eventi.

«L’argomento Brexit è stato così tanto discusso, negli ultimi due anni specialmente, che anche i giorni pre-Brexit sembravano non necessariamente scandire un atto conclusivo. Tra gli amici inglesi se n’è parlato parecchio e il 90% delle persone che conosco ha sempre espresso una posizione di scarsa fiducia riguardo l’uscita dall’Europa. Ciò che preoccupa maggiormente i miei coetanei inglesi sembra essere l’incertezza riguardo il futuro economico del Paese e la probabile conseguente onda discriminatoria nei confronti di chi qui ci vive già da tempo pur non essendoci nato.

L’idea della “gloriosa Inghilterra”, padrona del commercio mondiale e patria dello sviluppo economico europeo e non, appartiene principalmente solo a quella schiera di nostalgici, ormai attempati, che vivono nel ricordo della Lady di Ferro e di una politica vecchio stampo, probabilmente un po’ troppo sicura di sè e, oserei dire, arrogante. Questo è quel che emerge da uno scambio di opinioni con la mia vicina (donna 68enne nata, cresciuta e vissuta sempre nella stessa zona residenziale di Londra) la quale, dichiarandosi apertamente a favore della Brexit, argomentava le sue scelte politiche declinandole al passato ma avendo cura di specificare che tutto ciò nulla avesse a che fare con razzismo o discriminazione.

Vivendo a Londra da 4 anni – e pagando loro le tasse dallo stesso numero di anni – la mia permanenza in Inghilterra dovrebbe non risentire attivamente della manovra. Ho anche ricevuto conferma del Pre-settled status che mi garantisce gli stessi diritti pre-Brexit. Il cambiamento più percettibile, al momento, è stato lo spostamento delle sedi centrali e legali da parte di alcune delle maggiori aziende con interessi economici mondiali, il che, credo, la dica lunga su ciò che potrebbe accadere nel prossimo futuro. La mia intenzione è di restare a Londra finché mi sentirò parte integrante della società in cui vivo e “benvoluta”. Qualora la deriva xenofoba diventasse, come in Italia di questi tempi, cieca e immotivata tanto da farmi sentire scomoda, o la situazione economica del Paese portasse ad uno smisurato aumento del costo della vita senza tutelare i diritti del cittadino medio, allora sì, deciderò di andar via.

L’idea di Europeo che ho, purtroppo, si discosta di parecchio dalla realtà che ho osservato, prima da cittadina italiana e, in seguito, da residente inglese. Essere cittadino Europeo per me significa fare parte di una comunità in cui si riconoscono gli stessi diritti al singolo su diversi territori. È la consapevolezza di appartenere a una unione di stati nazionali che dovrebbero cooperare per un progetto quotidiano di pace, inclusione, pari opportunità e mutua solidarietà. È il non sentirsi straniero pur parlando un’altra lingua. È accoglienza e diplomazia culturale».

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