C’è una pasticceria a Taormina, in provincia di Messina, in cui è possibile ordinare “mafiosi al pistacchio” o “cosa nostra alle mandorle”: si tratta per lo più di dolci tipici siciliani i cui nomi appaiono pensati per attirare i turisti, e che hanno destato lo sdegno di molti, a partire da alcuni studenti palermitani in visita, per proseguire con Coldiretti e con il sindaco della Perla dello Ionio Mario Bolognari.
La denuncia è arrivata ieri sulle pagine (tra le altre) dell’edizione di Palermo del quotidiano nazionale “La Repubblica” attraverso le quali il sindaco Mario Bolognari ha espresso il proprio rammarico di fronte alla segnalazione indignata di un gruppo di studenti palermitani, e ha annunciato che chiederà al titolare della pasticceria “Roberto, il Mago dei Cannoli” di cambiare il nome dei dolci. L’assessore al Commercio di Taormina, nel frattempo, è stato incaricato di procedere ai passaggi necessari per evitare che episodi come questo si ripetano.
Immediata la risposta proprietario del locale che ha sottolineato, di contro, come i nomi dei dolci non siamo stati pensati per inneggiare alla mafia, e ha poi puntato il dito contro altri esercenti che utilizzano la stessa strategia per attrarre i turisti. Ma a mostrare preoccupazione per la tendenza sempre più diffusa ad utilizzare il “mafia style” per vendere prodotti di diversa natura, dall’agroalimentare al vestiario, è stata anche Coldiretti che, andando al di là del caso specifico, ha sottolineato come questo sia «solo l’ultimo esempio di marketing legati alla mafia in tutto il mondo e sul web».
«Lo sfruttamento di nomi che richiamano la mafia è un business che provoca un pesante danno di immagine al Made in Italy – afferma Ettore Prandini Presidente della Coldiretti dalle pagine dell’Ansa – sfruttando gli stereotipi legati alle organizzazioni mafiose, banalizzando fin quasi a normalizzarlo, un fenomeno che ha portato dolore e lutti».
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