Uno dei temi del momento a Messina è l’idea di un deposito di Gas Naturale Liquefatto in riva allo Stretto. Ne ha parlato L’Autorità Portuale dello Stretto, che ha lanciato un bando per la manifestazione di interesse, con l’obiettivo prefissato di destinare il GNL alle navi o ai mezzi stradali.
Un candidato sindaco, tuttavia, non è d’accordo con l’ipotesi che un impianto di gas naturale possa sorgere in città. Si tratta di Gino Sturniolo, di Messina in Comune, che considera la scelta contemplata, grazie ai fondi del PNRR, anche dal sottosegretario alle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri, «dannosa».
«Non sono passati molti mesi – afferma Sturniolo – e l’AdSP ha bandito una “Raccolta di manifestazioni di interesse per la presentazione di proposte di project financing per la realizzazione di un deposito costiero GNL a Messina”. Il progetto è inserito nell’ambito di una narrazione green finalizzata all’abbandono di carburanti ad alte produzione di CO2 e all’utilizzo del GNL, come se questo non ci lasciasse dentro la politica energetica delle fonti fossili».
«Ciò che, però, più colpisce, è – prosegue – la confessione nel dispositivo stesso del bando della pericolosità del sito. Tra i quattro possibili siti presi in considerazione per la realizzazione dell’impianto (Villafranca Tirrena, Ex Sanderson, San Filippo e Contesse), quello di San Filippo, prescelto perché complessivamente più conveniente, è, infatti, tra i peggiori dal punto di vista della sicurezza».
Per l’esponente della sinistra messinese i rischi sarebbero soprattutto di natura ambientale e per la sicurezza della popolazione. «Insieme a Ex-Sanderson e Contesse, esso è altamente congestionato dalle abitazioni vicine e dalla ferrovia, che vengono raggiunte da tutti gli scenari incidentali. In particolare, le criticità sono: il tubo criogenico che passa sotto la ferrovia; la vicinanza dell’impianto alla ferrovia che deve essere considerata come fonte d’innesco e comporta problemi di vibrazioni e correnti vaganti nel terreno; la presenza di una nube infiammabile sopra le abitazioni e la ferrovia; e abitazioni e la ferrovia colpite da eventi di Jet Fire (tipo di incendio derivato da perdite nei serbatoi pressurizzati)».
«Basterebbe – conclude – già questo per dire che potremmo fare anche a meno di prenderci questi rischi, ma come se non bastasse il progetto prevede una cessione di risorse pubbliche agli investitori privati. Il modello finanziario è sviluppato, infatti, nella prospettiva di un investitore che sia ‘attore principale della gestione dell’opera con conseguente sostentamento delle spese di gestione ed incasso dei profitti, che godrebbe di un intervento di capitale pubblico a fondo perduto di 30 milioni di euro. Sembra la solita storia: ai privati i guadagni; al pubblico i costi; ai cittadini i rischi».
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