Quale sarà il futuro del cinema nella città di Messina?
Ce lo siamo chiesti a un anno dalla loro chiusura con un solo e breve intervallo di apertura, in concomitanza però con il periodo estivo.
Ad oggi, o meglio prima dell’inizio della pandemia, in città si contavano 9 sale suddivise tra il Multisala Apollo, l’Auditorium Fasola e il Multisala Iris. Uci Cinemas aveva chiuso a Messina poco prima e non ci sono al momento aggiornamenti sulle intenzioni dell’azienda. Altra realtà che spesso accoglie buona parte del pubblico messinese è il The Screen Cinemas Milazzo che con le sue 6 sale completa l’offerta cittadina.
Ma come stanno oggi queste realtà che per l’offerta proposta, tra cultura e intrattenimento, rappresentano un’importante forma di svago soprattutto in un periodo di pesantezza e assenza di stimoli culturali come quello attuale?
Lo abbiamo chiesto direttamente a loro, in uno scambio che ci ha portato su un piano più alto, quello della produzione e distribuzione dei film.
«La realtà più triste è che per gran parte dell’anno la questione cultura è scomparsa, tranne quando si parla di chiudere o aprire. Dobbiamo allora chiederci che importanza hanno la cultura e il presidio sociale».
Esordisce così Umberto Parlagreco – Esercente Cinema Iris, che non mette assolutamente in discussione la riapertura della sala appena sarà possibile. Il cinema Iris conta tre dipendenti più la proprietà. I dipendenti in cassa integrazione sono coloro che soffrono maggiormente e che si sarebbero dovuti aiutare meglio. I ristori ricevuti hanno permesso di affrontare il periodo, anche se Parlagreco fa notare che i ristori arrivano solo se l’attività resta ferma, svilendo così il piano culturale che andrebbe invece supportato.
Ci soffermiamo poi sull’organizzazione dell’attività cinematografica ed è qui che emerge un aspetto importante.
«Pochi giorni fa l’Anec, Associazione Nazionale Esercenti Cinema, ha comunicato che potremmo aprire gradualmente in primavera e a regime da settembre. C’è però un problema di organizzazione del sistema cinema, perché se domani ci dicono di aprire noi non abbiamo film. Abbiamo bisogno di almeno un mese di anticipo per poter avere i film e proporre un’offerta culturale».
Ciò che è cambiato in questo anno di pausa è tutto il mondo della distribuzione delle grandi catene, che vivevano di blockbuster. In questi mesi i film sono usciti sulle piattaforme di streaming, un processo che era già in atto ma è stato accelerato dalla pandemia.
«In America – continua Parlagreco – la finestra di tempo che intercorre tra uscita al cinema e piattaforme si è ridotta da 105 giorni a 17. Se questa tendenza avanza, le sale perderanno pubblico perché i film avranno meno richiamo. Ciò non vale invece per i film indipendenti, che troveranno maggiore spazio».
Sullo stesso punto concorda anche Alberto Bernava, Responsabile Marketing The Screen Cinemas Milazzo.
Anche questa realtà, con 18 dipendenti in cassa integrazione, ha proseguito grazie ai ristori ed è in attesa di poter riaprire quanto prima. Bernava sottolinea subito il problema legato alla catena di distribuzione: «Anche qualora ci facessero aprire con un sotto dimensionamento, il problema è che a monte le distribuzioni di film sono state bloccate. Quindi la grande paura è che i cinema potranno aprire ma non avremo cosa proiettare. Questo ha un impatto economico diretto – su chi lavora al cinema – ma anche indiretto – perchè tutta l’area che vive intorno al cinema muore. C’è quindi un piano quantitativo e qualitativo, sul piano dell’offerta culturale, sociale – per stare insieme ad altri, per sfuggire dalla vita quotidiana. Si perdono insomma i luoghi della comunità».
Il cinema non è solo un luogo in cui si vedono film, ci sono molti elementi che ruotano intorno ad esso, sia economici sia legati all’esperienza che si vive. Proprio perché – come sottolinea Bernava – non vendiamo solo la visione di un film ma il ricordo, l’emozione a cui è legato quel momento. E quei ricordi non possono morire, nessuna pandemia potrà bloccarli.
«Quello che potrebbe venire fuori ad aprile è che se ci facessero riaprire, non essendoci i blockbuster, i film indipendenti potrebbero avere più spazio. Questo può essere un vantaggio», conclude Bernava raccontandoci che The Screen in questo momento si sta dedicando alla produzione di film, nella convinzione che ci sarà uno spazio.
Altra realtà con 5 schermi e nove dipendenti in cassa integrazione è il Cinema Apollo.
Loredana Polizzi, proprietaria del Multisala Apollo, ci racconta le serie difficoltà del momento legate anche alla ristrutturazione completata poco prima dell’inizio della pandemia.
«Il settore della cultura è quello più colpito in modo immotivato. Non riesco a capire perché i cinema devono stare chiusi. La storia del cinema per me si chiude col Covid, perché con questo allarmismo secondo voi la gente tornerà al cinema?» si chiede la Polizzi.
Oggi sono possibili solo commenti vaghi in attesa di ciò che si saprà in futuro, ma la passione rischia di essere messa da parte e porta a pensare che se si dovesse ricevere una proposta questo potrebbe essere il momento di «smettere di sognare, di lavorare e pensare di non proseguire. Come si fa a pensare di resistere in questo momento?».
Anche la Polizzi infine ci segnala l’assenza di prodotto, poiché quei pochi film realizzati in questi mesi sono già usciti sulle piattaforme di streaming.
Insomma, il focus non va tanto alla possibile data di apertura – che secondo il Dpcm Draghi del 2 marzo 2021 dovrebbero riaprire il 27 marzo nelle zone gialle – quanto sul cambiamento di un’industria culturale che con la pandemia è accelerato moltissimo. Cosa troveremo nelle sale quando potremo tornare a vedere film sui grandi schermi? Sarà il momento del cinema indipendente?
Ciò che è certo è che Messina continuerà ad avere le sue sale e i suoi esercenti che desiderano offrire cultura e intrattenimento alla città.
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