Inizia la ricostruzione di Messina
«I primi due anni della ricostruzione dopo il terremoto del 1908 (1909-1910) – racconta Franz Riccobono – per varie motivazioni vedono Messina coperta di macerie. Negli spazi liberi dalle rovine, vennero realizzati vasti quartieri baraccati, la cosiddetta “città di legno”. All’inizio, soprattutto dagli Stati Uniti d’America, giunse una quantità spropositata di legname che servì a realizzare i primi ripari in baracca. Questi nuovi quartieri sorsero in gran parte nelle periferie libere da macerie e soprattutto nei terreni delle numerose brevi valli che dalla costa risalivano verso i Monti Peloritani: Gazzi, Camaro, Gravitelli, Giostra ed Annunziata. Inoltre, l’intero piano delle Moselle, a valle dell’asse principale di viale San Martino, fu occupato dai nuovi insediamenti in baracca dal torrente Portalegni al Curvone Gazzi».
Il piano Borzì
«A partire dal 1911 – racconta Franz Riccobono – qualche imprenditore inizia la costruzione di edifici “asismici”, tale fu la definizione che precede il termine di “antisismico”. Nel frattempo, infatti, era stato redatto con efficacia e risolutezza il nuovo piano regolatore, opera incommensurabile dell’ingegnere Luigi Borzì che, malgrado tutto, dimostrò capacità ed efficienza non comuni in quel particolarissimo momento storico».
«La nuova normativa poneva dei limiti ben precisi, non solo per quanto riguardava l’impianto urbano (e cioè larghezza delle strade, slarghi e piazze distribuiti con cadenza ritmica), ma limitava l’altezza degli edifici privati a 11,50 metri dal piano stradale, mentre per gli edifici pubblici l’altezza consentita raggiungeva i 13.50 metri. Il risultato di questa impostazione perentoria fu che la nuova città costruita in cemento armato appariva oltremodo compressa e priva di ogni slancio prospettico. Fu cura di ingegneri ed architetti trovare soluzioni che contrastassero in qualche maniera questa condizione, come nel caso del Tribunale di Messina dove Marcello Piacentini ha creato un basamento anticipato da scenografica scalinata che darà slancio alla struttura neoclassica colonnata».
(Foto dell’archivio di Franz Riccobono e Giangabriele Fiorentino)
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