Alla “questione” dei campetti di Pompei, gestiti per anni dalla Comunità Sportiva Pompei ma rivendicati dai Frati Cappuccini, si aggiunge un’altra pagina.
In seguito alla diffusione di una brochure da parte dei Frati Minori Cappuccini di Messina riguardante la vicenda dei “campetti di Pompei”, in cui gli stessi ne trascrivono la storia, la Comunità Sportiva Pompei affida ad una nota stampa le precisazioni a quanto scrivono i Frati.
Di seguito la nota della Comunità Sportiva di Pompei.
«La Comunità Sportiva Pompei (CSP) nasce ufficialmente nel 1977 per volontà del parroco e dei suoi collaboratori del tempo per dare ordine e senso alle attività ricreative e sportive sino ad allora avulse da un discorso educativo e formativo, inserendole così in un progetto pastorale di crescita umana e cristiana della persona. La CSP si è fatta carico, negli anni, di gestire questo servizio attraverso un sistema democratico e partecipato di vita comunitaria, offrendo a tutti la possibilità di fare sport come occasione e strumento di salute, di formazione psicofisica, di esperienza e impegno sociale, di positivo impiego del tempo libero, in una visione cristiana dell’uomo e della realtà. Dal punto di vista economico i frati e la parrocchia sono stati da sempre sollevati da qualsiasi onere. La CSP ha sostenuto le spese di manutenzione e quelle necessarie alla vita associativa secondo la logica e la prassi della corresponsabilità e della compartecipazione degli stessi soci, che si sono autotassati con scadenze mensili e hanno sempre contribuito per gli oneri derivanti dall’utilizzo stesso delle strutture. Alla stessa logica e prassi si sono adeguati i diversi fruitori. Coerente con tali principi, in più occasioni (realizzazione di uno spazio con campo di bocce, ristrutturazione delle docce e degli spogliatoi, ampliamento della segreteria, spazi a verde attrezzati, ristrutturazione della cappella votiva) la CSP ha dovuto accendere un mutuo bancario.
Oltre ad organizzare e gestire le attività ricreativo-sportive per bambini, giovani e adulti e a proporre attività culturali in genere e solidali (UNICEF), i soci della CSP si sono, da sempre, impegnati a fare un cammino di formazione con incontri settimanali accompagnati dal diacono referente dei Frati Cappuccini. Inoltre in un percorso di collaborazione con il Dipartimento Giustizia Minorile del Ministero della Giustizia la CSP si è resa disponibile a realizzare un “patto educativo – formativo individuale” accogliendo un giovane dal 26. 07. 2012 al 26. 10. 2012.
Nella brochure scritta dai Frati si legge:
“…la Comunità Sportiva Pompei non disponeva in passato, né dispone ora, di alcun titolo abilitativo all’uso dei Campetti.”
È quanto meno curioso apprendere adesso, dopo quasi 40 anni di servizio, di organizzazione e animazione di attività ludico-sportive e culturali, di cura responsabile, di potenziamento e miglioramento delle strutture ad esse adibite, che la Comunità Sportiva Pompei non abbia avuto né abbia “alcun titolo abilitativo all’uso dei campetti”. La CSP non ha mai in alcun modo rivendicato alcunché. Se la CSP esiste, opera e ha responsabilmente cura di queste strutture è perché è stata voluta dal Parroco e dai suoi collaboratori in quanto espressione di servizio della vita parrocchiale. Questi incomprensibili e insistenti cavilli giuridici non appartengono alla CSP, al suo modo di pensare, di agire, di essere, coerente e fedele sempre ai principi e alle finalità previste dallo Statuto, il quale non solo regolamenta i rapporti interni alla CSP – e di questa con il parroco e di conseguenza con i frati – ma dà alla Comunità Sportiva ufficialmente e giuridicamente “titolo abilitativo all’uso dei Campetti”.
Anche negli anni del pignoramento del terreno e delle strutture sportive, allorquando il custode giudiziario lasciò le aree nella disponibilità della Comunità Sportiva, la CSP si è assunta ogni responsabilità nella persona del suo presidente, continuando a prendersi cura delle strutture e delle attività per non far venir meno un servizio ritenuto fondamentale per la parrocchia e per la città tutta, non certo per interessi (quali poi?) né dei singoli né della Comunità Sportiva. In uno dei verbali del custode giudiziario, precisamente quello del 15 febbraio 2012, anche il Parroco del tempo manifestò formalmente l’interesse ad avere l’area pignorata nella disponibilità della parrocchia. In merito si potrebbe dire che tale interesse era del tutto irrilevante considerato che il Parroco ha già il suo ben definito ruolo all’interno della CSP e durante tutto il periodo del pignoramento anche la parrocchia poteva dunque utilizzare le strutture. Per contro, dal momento del pignoramento, i Frati e il Parroco hanno interrotto qualsiasi rapporto con la CSP, ignorandola del tutto.
“…la grave situazione finanziaria dei frati…non ha avuto come riscontro neanche la pur minima comprensione.”
Affermare ciò non solo non corrisponde al vero, ma provoca tanta amarezza in tutti i membri della CSP che hanno lavorato per così tanti anni senza pretendere alcunché. Gli attuali come i precedenti Superiori dei frati sanno molto bene che, alla notizia della grave necessità economica dei frati e della volontà di questi di vendere il terreno su cui insiste il campo di calcio per costruirvi un complesso di palazzine, la CSP si è compenetrata nella loro situazione (anche per l’affetto, la stima e la riconoscenza che si nutriva e si nutre ancora oggi nei confronti dei frati) e si è resa subito disponibile alla collaborazione. Fu infatti proposta anche una ditta pronta ad offrire una cifra maggiore di quella stabilita con l’impresa scelta dai Frati e a realizzare quello stesso complesso edilizio con strutture sportive alternative con le relative pertinenze (spogliatoi, segreteria e servizi) certamente più adeguate e funzionali per poter continuare a svolgere dignitosamente le attività sportive in atto. Ma della proposta alternativa, certamente più vantaggiosa per i Frati e la CSP, e della collaborazione di quest’ultima, i Frati preferirono non tenerne minimamente conto, e nel loro progetto presentato non inclusero alcune delle suddette essenziali pertinenze (cfr. elaborati tecnici). In un secondo momento subentrò il problema della edificabilità e non fu certo la CSP a sollevarlo. La CSP ha dovuto prenderne atto. Ulteriori riflessioni portano alla conclusione che comunque qualsiasi progetto non consentirebbe più di svolgere adeguatamente le diverse attività sportive, per la presenza delle numerose famiglie a ridosso delle stesse strutture.
Inoltre “comprensione” – come si legge nella brochure dei Frati – non vuol dire condividere e dire sì a prescindere. O vige il pensiero unico? Se nonostante la edificabilità, non ci sono le condizioni previste dalla legge per poter costruire, la responsabilità non può essere addebitabile alla CSP, ma alle normative di legge che i Frati ben conoscono, tant’è che il TAR di Catania ha ritenuto legittima la negazione della concessione edilizia del Comune (cfr. Sentenza n. 282 del 29/01/2015). È bene anche persino ricordare che, a suo tempo, il Parroco stesso sollevò preoccupazioni di natura sociale, ambientale, di viabilità e di sicurezza in una lettera presentata e consegnata ai rappresentanti della IV Circoscrizione, in occasione della seduta straordinaria tenutasi nei locali della Parrocchia il 04/02/2010, alla presenza di esponenti della Giunta, del Consiglio Comunale e di numerosi cittadini. Oggi, anche alla luce della Sentenza del TAR su citata, non si può certo escludere che si sarebbe potuto incorrere in procedimenti che avrebbero potuto coinvolgere nocivamente amministrazione, impresa e committenti.
“da più parti è stata attribuita ai Frati una volontà di speculazione…”
“Speculazione” non è un termine e un concetto espresso dalla CSP, anche se in effetti risulta difficile a chiunque non rendersi conto, in buona fede, di come una operazione del genere possa non rientrare nel “gioco” della speculazione edilizia. O il fine giustifica i mezzi?
“sofferto e dignitoso silenzio”…”i Frati hanno parlato e a lungo dialogato al momento opportuno e nelle sedi opportune.”
Il concetto di “dialogo” suppone alterità, reciprocità, capacità di confronto, disponibilità a mettere in discussione i propri punti di vista nella ricerca comune delle verità, non discorso a senso unico che gli altri devono accettare.
Per i Frati le “sedi opportune” del dialogo sono state il pulpito e l’ufficio dei loro legali per intimare alla CSP che “se ne doveva andare” e restituire le chiavi delle strutture (cfr. relativi verbali e corrispondenza). Per questo incomprensibile e inatteso atteggiamento dei Frati, la CSP ha più volte provato a riaprire un dialogo vero attraverso inviti a voce e scritti (a cui mai si è avuto riscontro) per cercare di capire e di chiarire eventuali equivoci o incomprensioni. Nulla da fare. Muti e anche sordi.
“…per i Frati di Pompei si rende ormai necessario “interrompere definitivamente e irrevocabilmente” qualsiasi forma di collaborazione con la Comunità Sportiva Pompei, la quale, …, di fatto persiste in atteggiamenti e iniziative che recano nocumento alla serena e costruttiva azione pastorale…”
Quali atteggiamenti e quali iniziative? Tutte le “azioni” messe in essere dalla CSP sono successive alla lettera di diffida a lasciare gli spazi del 15/10/2014 a firma congiunta del Legale Rappresentante dei frati e del loro avvocato. Prima di quella data e anche dopo non c’è stata alcuna iniziativa se non quelle finalizzate a tentare di riaprire un dialogo vero, desiderato e mai accolto. Avremmo volentieri evitato tali iniziative, compresa questa brochure.
Più stupefacente rimane il fatto che ancora oggi, dopo aver formalizzato la consegna delle chiavi delle strutture ( financo questo i Frati potevano ottenere benissimo senza fare ricorso ai legali, bastava sedersi e dialogare veramente e serenamente), non si conosce il motivo vero per cui la CSP viene buttata fuori dagli spazi in cui ha operato per 40 anni! Ci addolora, ci rattrista, ci amareggia, dover andare via senza che ci siano stati mai comunicati, né a voce, né attraverso le lettere del loro avvocato o altro, compresa la brochure dei Frati, i gravi motivi che hanno recato “o recano nocumento alla serena e costruttiva azione pastorale.”
“Oggi l’area… non è in vendita…i campetti sono tutt’ora funzionanti…”
…grazie all’impegno e alla dedizione della CSP! Durante tutto il periodo del pignoramento i campetti non sono rimasti abbandonati a sé stessi, occorre precisarlo e sottolinearlo. Come anche, è grazie all’intervento della CSP se le misure del campetto nel progetto presentato dai Frati sono più spaziose rispetto a quelle preventivate, come ben sanno i Frati “in primis”…”ma abbondantemente ignorato o artatamente taciuto”
E come mai hanno dovuto aspettare il pronunciamento del TAR per fare una così solenne e impegnativa affermazione?
“…il loro amore e interesse per i giovani non sono mai venuti meno…”
Non si vuole mettere in dubbio tale sensibilità dei Frati, si fa semplicemente notare che anche tra quelli che svolgono attività ricreative e sportive nei “campetti” ci sono ragazzi e giovani. Come mai, ci si chiede, in questi ultimi anni non si è mai visto un frate interessarsi ad essi o sostenere e condividere momenti del loro cammino di formazione? Ci sono giovani di serie A e giovani di serie C o l’azione pastorale si risolve nell’ambito delle mura della chiesa? Una autentica sollecitudine pastorale (superfluo richiamare il Vangelo e i pressanti inviti dell’attuale Papa!) avrebbe dovuto indurre Frati, Parroco e collaboratori a fare un passo nella direzione del dialogo, dell’ascolto, dell’accoglienza.
“Al riguardo essi (i Frati) non hanno nulla da imparare da chicchessia”
Se da un lato suona almeno strana questa affermazione di chi si professa seguace di San Francesco, dall’altro rivela una logica padronale nella gestione di tutta questa vicenda. Senza la pretesa di ergersi a maestri, vogliamo ricordare che mai nessuno smette di imparare, come sottolineava lo stesso San Francesco quando rimandava i suoi frati a Cristo (“io ho fatto la mia parte, la vostra ve la insegni Cristo”), il quale andava dicendo: “imparate da me che sono mite e umile di cuore”».
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