Ancora un successo per un docente dell’Università degli Studi di Messina, il professor Giuseppe Aronica che, insieme ai colleghi di altri Atenei, italiani e non, ha conquistato un posto tra le pagine di “Nature” – rivista scientifica tra le più antiche e prestigiose, edita dal novembre 1864 – grazie a uno studio sulla correlazione tra i cambiamenti climatici e l’entità delle alluvioni in Europa.
Secondo lo studio coordinato dal professor Günter Blöschl, esperto di piene fluviali della Vienna University of Technology (Austria), che ha coinvolto 35 gruppi ricerca di diverse università europee (tra cui UniMe, appunto con il professor Aronica, il Politecnico di Torino, l’Università di Padova, l’Università di Bologna, l’Università di Napoli Federico II e l’Università di Roma Tre), i cambiamenti verificatisi negli ultimi decenni nell’entità delle alluvioni in Europa sono attribuibili al riscaldamento globale e ai mutamenti climatici.
Sebbene l’idea che i fenomeni in questione fossero collegati non sia del tutto nuova, è stato solo grazie alla ricerca condotta dalle equipe europee coordinate dal professor Blöschl che si è potuta verificare l’esistenza di un nesso causale tra di essi. Va precisato, però, che i cambiamenti climatici non hanno lo stesso effetto ovunque in Europa e la ricerca pubblicata su “Nature” mette in evidenza anche le tendenze registrate nelle diverse regioni del continente.
Cosa dice lo studio pubblicato su “Nature”
A spiegare, nel dettaglio, quali sono i risultati ottenuti dalle 35 equipe europee di cui fa parte anche il professor Aronica, è una nota dell’Università di Messina che fa il punto sulla ricerca spiegando, innanzitutto, quali differenti effetti hanno avuto i cambiamenti climatici nelle diverse zone d’Europa.
«Lo studio – si legge nella nota – mostra che gli eventi di piena stanno diventando sempre più intensi, a causa dell’aumento delle precipitazioni e dell’umidità del suolo, nell’Europa centrale e nord-occidentale (tra Islanda e Austria), mentre l’entità delle alluvioni fluviali è generalmente diminuita nell’Europa meridionale e nell’Europa orientale, poiché i cambiamenti climatici si traducono in una riduzione delle precipitazioni e le temperature più elevate provocano una maggiore evaporazione dell’acqua dal suolo.
Tuttavia, per i piccoli corsi d’acqua le piene potrebbero anche diventare più severe a causa di una maggiore frequenza nei temporali e di una differente gestione del territorio (per effetto, ad esempio, della deforestazione). E le piene stanno diminuendo anche nell’Europa orientale, caratterizzata da un clima più continentale, principalmente a causa delle più elevate temperature che riducono lo spessore dello strato di neve durante la stagione invernale. Per ottenere questo risultato sono stati analizzati i dati provenienti da 3.738 stazioni di misura di portate fluviali in tutta Europa per il periodo dal 1960 al 2010».
Per quel che riguarda, nello specifico, l’Italia: «Si nota una riduzione in media (negli ultimi 50 anni) delle alluvioni dei corsi d’acqua di dimensione medio-grande (fatta eccezione per l’arco alpino), ma restano da valutare nel dettaglio, per mancanza di osservazioni disponibili, fiumi e torrenti di dimensioni ridotte e i tratti urbani dei corsi d’acqua, che negli ultimi anni si sono rivelati particolarmente sensibili e piogge intense di breve durata, provocando anche conseguenze drammatiche. Essendo particolarmente sensibili alle piogge intense di breve durata, i piccoli corsi d’acqua e i tratti fluviali urbani sono, infatti, soggetti ad un quadro decisamente più complesso del rischio alluvionale. Rimane dunque molto da fare per migliorare il monitoraggio e la conoscenza dei bacini di ridotte dimensioni, indispensabili per definire un quadro chiaro delle condizioni di rischio da alluvione sul territorio italiano».
Nel complesso, conclude il documento «i fiumi che inondano le pianure alluvionali causano danni enormi in tutto il mondo. Il danno alluvionale annuale a livello globale è stimato in oltre 100 miliardi di dollari ed è in continuo aumento. L’entità delle variazioni nelle portate di piena evidenziate nello studio è notevole: si passa infatti da una riduzione prevista del 23% ad un aumento dell’11% per decennio (rispetto alle medie di lungo termine). Se queste tendenze dovessero perdurare nel futuro, si potrebbero attendere effetti importanti sul rischio d’alluvione in molte regioni d’Europa. Secondo gli studiosi, questi dati sono un chiaro segnale di avviso che spinge a mettere in campo subito strategie efficaci per la gestione degli eventi alluvionali. Indipendentemente dagli sforzi necessari per mitigare i cambiamenti climatici, infatti, gli effetti del riscaldamento globale si faranno sempre più concreti nei prossimi decenni e la gestione delle piene dovrà quindi per forza di cose adattarsi a questa nuova realtà».
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