Correva l’anno 2009, esattamente il 5 novembre, quando a Roma nel corso del workshop dedicato alla mobilità sostenibile, “H2 Roma Energy & Mobility Show” veniva presentato Bhyki, progetto della bicicletta ad idrogeno. Il mezzo era frutto del lavoro congiunto dell’Istituto di Tecnologie Avanzate per l’Energia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Itae-Cnr) di Messina e della Tozzi Renewable Energy – Tre SpA, società con la quale l’Istituto CNR svolge attività di ricerca e sviluppo in ambito di energie alternative.
Oggi “Bhyki” è la prima bicicletta a essere totalmente alimentata a idrogeno con un sistema di accumulo a stato solido (batterie) in grado di fornire un’autonomia elettrica di 150 km con un pieno. Un rifornimento costa circa 18 euro per una spesa quindi di 12 centesimi a chilometro.
Bhyki, molto più di una bici elettrica
Bhyki è la risposta ai due problemi principali di una normale bicicletta a pedalata assistita: autonomia ridotta del motore elettrico e lunghi tempi di ricarica. Il sistema di rifornimento a idrogeno è composto di una fonte di energia rinnovabile (solare fotovoltaico) e un elettrolizzatore per la produzione di idrogeno d’acqua. Questo abbassa di molto il costo del combustibile e chiude il cerchio in termini di emissione zero. Inoltre presenta maggiore autonomia a parità di peso e tempi di ricarica molto ridotti rispetto alle sei/otto ore di una batteria convenzionale.
Non solo biciclette a idrogeno
La ricerca rientra in un progetto più ampio dell’ITAE su mobilità e mezzi sostenibili, che comprende anche la realizzazione di un prototipo di bus elettrico a idrogeno (HBUS), di mini veicoli a fuel cell (Una pila o cella a combustibile, è un dispositivo elettrochimico che permette di ottenere elettricità direttamente da certe sostanze, tipicamente da idrogeno e ossigeno, senza che avvenga alcun processo di combustione termica) e di un trattore a idrogeno (HyTRACTOR) ottenuto da biomasse e energie rinnovabili. “Presso il Comune di Capo d’Orlando, – racconta il dottor Giorgio Dispensa del CNR – ci sono già due prototipi funzionanti che entreranno a breve in servizio come bike sharing e sono frutto di un progetto PON chiamato iNext concluso nel 2016. Con tale progetto, l’ITAE in collaborazione con altri partner ha realizzato, sempre presso il Comune di Capo d’Orlando, anche un Minibus a idrogeno già in servizio per prestazioni socio-assistenziali e un nuovo concept di minivan elettrico per il trasporto di merci “dell’ultimo miglio”. Inclusa nel progetto c’è anche la realizzazione presso contrada Masseria – la zona industriale del comune di Capo d’Orlando – di una stazione di produzione, stoccaggio e rifornimento di idrogeno da destinare ai mezzi sopra elencati. L’energia sarebbe prodotta da fonti rinnovabili”.
L’Assessore alla mobilità e trasporti del Comune di Messina, Gaetano Cacciola, sostiene che: “La possibilità di un utilizzo commerciale di questi prodotti è ancora lontana, e i Comuni possono essere solo partner dimostratori, come hanno fatto le Amministrazioni di Capo D’Orlando e Messina, aderendo a progetti d’innovazione e ricerca finanziati dai Ministeri e dalla Comunità Europea”. “Sul fronte del Bike Sharing” – continua Cacciola – “il Comune di Messina sta attuando dei progetti ma con bici tradizionali o elettriche. Per le bici a idrogeno occorrerebbe un sistema che sia capace anche di fornire le ricariche, quindi molto più complesso e oneroso”.
Bike Sharing, quanto tempo dovrà passare prima di vederlo a Messina?
I cittadini di Messina dovranno ancora aspettare per avere un servizio di Bike Sharing comunale, sia esso a bici tradizionali, elettriche o a idrogeno. Si spera che ben presto questi progetti innovativi possano essere messi a disposizione e che questa città possa diventare a misura di cittadino soprattutto con la consapevolezza che un nuovo modo di muoversi in città esiste ed è quello della bicicletta: economica, ecologica e veloce.
Elena Giardina
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