L’analisi del voto. Chi vince e chi perde.
Vince la coalizione di centrosinistra che ha surclassato il centrodestra (era nell’aria ma forse non con questi numeri esagerati: il 65,42% e 82.519 voti). Megafono, Udc, Dr, Pd e liste collegate (con una fetta di quella che una volta era benzina nel serbatoio del centrodestra) si sono presi il lusso di non portare al voto per Calabrò il 15% degli elettori. E solo per una manciata di voti Calabrò è costretto ad andare al secondo turno.
Vince Felice Calabrò. Seppur costretto al ballottaggio, il candidato sindaco di centrosinistra, dato dai sondaggi tra il 35 e il 40%, ha fatto molto ma molto di più con il 49,94% arrivando a un soffio dalla festa del primo turno. L’undici per cento in più rispetto a Francantonio Genovese del 2008, e allora c’era il voto confermativo, la dicono lunga.
Vince Renato Accorinti che senza apparati alle spalle ma con un voto lontano da patronati e clientele ma più “libero” nei contenuti con gli elettori è riuscito a strappare il 23,88% dei consensi, rispettando gli ultimi sondaggi, ma sorprendendo ugualmente Messina che dalle novità politiche è rimasta sempre lontana preferendo le solite facce. Con Accorinti e solo con lui il leit-motiv dell’alternanza con in mezzo l’Udc che “balla” ogni cinque anni è rimasto nel cassetto.
E vince la lista Cambiamo Messina dal Basso che con l’8,2% porta in Consiglio quattro consiglieri e candidati non da dieci voti ma da medie di partito importante seppur senza un partito alle spalle. Il messaggio è stato recepito dai cittadini e a Palazzo Zanca entra un nuovo progetto politico.
Vince l’Udc che diventa il primo partito a Messina, almeno sotto questa sigla perché al Pd occorre aggiungere le liste collegate, e si riconferma ago della bilancia di ogni candidato sindaco che vuole vincere al primo turno. Al ballottaggio del 2005 Genovese vinse contro Luigi Ragno ma senza i Centristi. Che succederà stavolta?
Vincono i Democratici Riformisti che con quel “furbone” politico di Beppe Picciolo trova numeri genovesiani. C’è di tutto in questo gruppo ma se i numeri dicono questo è un segnale. E bisogna rispettare le scelte degli elettori. E per i Dr fanno sei consiglieri come Udc e Pd e tanta voce per parlare nei tavoli che contano.
Vince Il Megafono: Il partito del presidente Crocetta si conferma un perno del centrosinistra anche a Messina come nel resto della Sicilia. Per Crocetta dopo Regionali e Politiche la terza risposta positiva dalla città dello Stretto.
Vince il Pd: Ha vinto ovunque e anche nei Quartieri, a parte il Quarto dove il renziano Francesco Palano Quero si è preso la sua vendetta anche a nome di Alessandro Russo e se il ballottaggio rispetterà gli umori della vigilia avrà anche un sindaco insieme a sei consiglieri che hanno numeri da deputati regionali. Con le liste collegate a Calabrò e tanto ex centrodestra si ritrova in testa a tutti. E’ tornata la “macchina da guerra” fermata solo da Buzzanca cinque anni fa. Il partito democratico ha i voti, e tanti, sulla terra tra Giampilieri e Ortoliuzzo.
Perdono Reset e Alessandro Tinaglia che dopo due anni di duro lavoro hanno trovato numeri ridottissimi a urne aperte. Quasi da movimento che si è costituito solo per scherzo. O sono i messinesi che non hanno capito i loro progetti, comunque molto validi, o è stato Reset a non farli capire bene. O forse tutti e due. La novità non è piaciuta agli elettori.
Perde il Pdl che dalle Politiche di febbraio torna ai bassi numeri delle elezioni regionali confermando che senza la discesa in campo di Silvio Berlusconi si fa poco. Com’è lontano il 2008. Una lettera per Vincenzo Garofalo recapitata 24 ore prima non è stata letta dai messinesi.
Perde Vincenzo Garofalo che i messinesi non hanno voluto neppure al ballottaggio gradendo un pacifista no Ponte che scala il Pilone di Torre Faro e che da 40 anni “grida” pace, solidarietà e rispetto per l’ambiente e nelle stanze dei bottoni fa anticamera mentre il deputato tra Iacp, Autorità portuale e adesso due volte in parlamento sono anni che governa e fa politica.
Perde Gianfranco Scoglio che sconta con meno del 3% l’aver già governato Messina, seppur a fasi alterne, da ben 20 anni. Il suo unico sì al Ponte tra i candidati ha trovato un no ai seggi.
Perde Nuova Alleanza che come progetto politico è naufragato alla prima corrente sullo Stretto. I messinesi vedono Giuseppe Buzzanca come un “appestato” dopo il premio del 2008.
Perde la Destra: A chi dice che Messina è sempre stata una città di Destra trova in queste elezioni l’ennesima risposta negativa dopo quella di Ragno nel 2005 e di Davoli nel 1994. Messina è una città profondamente democristiana e senza i postDc la Destra non c’è.
Perdono i Cinquestelle che subendo un trend nazionale hanno “pagato” anche a Messina un’aria che su Beppe Grillo e le sue invettive non tira più come prima. Avevano visto giusto i “grillini” messinesi a indicare mesi fa Accorinti. Adesso che se ne fanno dello statuto che impone candidati interni? Domanda da girare al grande Capo.
Perdono i presidenti di seggio, non tutti, ma di sicuro la maggioranza e una macchina burocratica che va a rilento da tante elezioni (ancora adesso mentre scriviamo e sono trascorse 48 ore dallo spoglio non conosciamo i dati ufficiali su Consiglio comunale e Quartieri). @Acaffo
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