“Un gesto d’amore per la nostra città”, così Antonietta Mondello, presidente della sezione messinese di Italia Nostra, ha aperto i lavori del convegno organizzato a Palazzo Zanca: “La città nuova inizia. Messina e il suo porto: prove tecniche di riunificazione”. Il tema principale: la Zona Falcata e il rapporto che la città ha con questa porzione di territorio e con il porto. «Viviamo un periodo di revisione dei valori morali e civili – ha aggiunto la presidente Mondello. Di svolta e di crescita delle coscienze. Siamo consapevoli di appartenere a una comunità che non vuole perdere i caratteri che le sono propri e che invece sogna una città concepita, sì con creatività, ma con progetti che non stravolgano e alterino il nostro territorio».
Dopo i saluti di Antonietta Mondello, è stato proiettato un video realizzato dalla giornalista Elisabetta Raffa all’interno della Zona Falcata, che ha prima ripercorso la storia dell’area e poi ha messo in evidenza i problemi attuali con interviste al soprintendente di Messina Salvatore Scuto, allo storico Nicola Aricò (tra i relatori del convegno), al segretario generale della Fim Cisl, Nino Alibrandi, e al segretario generale Or.S.A. Trasporti, Michele Barresi.
A parte rarissimi periodi, la Zona Falcata è di fatto sempre stata vietata alla città, quasi ne fosse un corpo a parte come ha sottolineato Nicola Aricò aprendo la serie degli interventi. «Il primo a provarci in maniera programmatica era stato il vice re Marcantonio Colonna – ha spiegato il docente di Storia dell’Architettura — alla fine del XVI secolo, quando ipotizzò un parco urbano il cui percorso partiva dalla banchina del Palazzo Reale per concludersi nella parte centrale dell’area. Il parco non si realizzò ma verso la metà del ‘600 i messinesi avevano iniziato a frequentare la falce non solo per visitare la chiesetta di San Raineri ma anche per fare lunghe passeggiate fino al forte San Salvatore. Allora si viveva in una dimensione utopica, che oggi non riusciamo a comprendere».
Dopo questa breve e felice parentesi la Zona Falcata diventa “terra di nessuno” come ha sottolineato nel proprio intervento l’architetto Elena La Spada, che ha parlato dei progetti previsti per l’area partendo dallo strumento più importante, il Piano Regolatore del Porto. «Quello che ha di buono il Prp – ha spiegato — è che dà una visione chiara delle aree portuali ancora inutilizzate. È stato presentato nel 2006 e dovrà comunque essere aggiornato anche per la mancata realizzazione del Ponte sullo Stretto. Da notare però che non è sufficientemente esaustivo sulle aree destinate al traffico marittimo e industriale nelle aree poste sotto tutela. Da un lato si prevede la riqualificazione della Cittadella per consentire la fruizione turistica, ma così si crea inevitabilmente un conflitto con il passaggio dei mezzi da e per il molo Norimberga».
Il convegno è anche l’occasione per ricordare la mancata realizzazione del Centro di Documentazione d’Arte Contemporanea. Il progetto della Soprintendenza prevedeva una spesa di 11 milioni di euro per la riqualificazione della Zona Falcata ma l’ipotesi sembra svanita nel nulla.
Di Zona Falcata e ripresa produttiva nonostante la crisi gravissima che non ha risparmiato nessuno ha parlato l’economista Guido Signorino. Le cause del declino economico di Messina sono diverse. Per ripartire, bisogna coniugare tradizione e innovazione. «Partendo dall’induzione di attività per il flusso crocieristico, dai servizi e dalla valorizzazione della città – ha spiegato Signorino. Servono però infrastrutture turistiche interessanti come per esempio un acquario sottomarino e iniziative culturali. Ma per una reale rinascita economica bisogna andare oltre il turismo e individuare nuove vocazioni economiche. Magari puntando allo sviluppo commerciale del porto, sfruttando la possibilità data dall’estensione della normativa Seca (Stato Ecologico dei Corsi d’Acqua) al bacino del Mediterraneo, sfruttando la navigazione Ng/Lng (il gas naturale liquefatto). In questo modo ci sarebbe un notevole ritorno in termini commerciali, occupazionali ed ambientali perché i costi di bunkeraggio si dimezzerebbero».
A chiudere i lavori l’architetto Luciano Marabello, che ha relazionato sul tema “Falce e città: la Forma come strategia di progetto”. Partendo dal Piano Regolatore del Porto, Marabello ha sottolineato che lo strumento «non è una realtà operativa perché è stato bloccato più volte e ha bisogno di ulteriori valutazioni». A partire dal porticciolo, «che nella parte esterna darebbe problemi di carattere meteo-marino e altererebbe propriamente la morfologia della falce», e sugli alberghi previsti, quando si potrebbero «utilizzare gli alloggio vuoti della Marina Militare. Talaltro, questi insediamenti alberghieri ricadrebbero nella zona in atto occupata dall’impianto di degassifica, che dovrà essere bonificato ed è strano che si prevedano bonifiche con costi enormi per la collettività per poi procedere con nuove edificazioni».
Tra gli interventi dal pubblico si registrano quelli della preside Amelia Stancanelli, del soprintendente di Siracusa Orazio Micali, di un ex dipendnete della Compagnia portuale Nino Ullo, di Ivana Risitano di Comunità di Base, della candidata sindaco del Movimento 5 Stelle Maria Cristina Saija, di Alberto De Luca del movimento Sdoganiamo Messina e di Pino Falzea, presidente dell’Ordine degli Architetti. Il convegno è stato anche l’occasione per ammirare le foto di Nino Armeli sulla Zona Falcata e sul porto. A dare il patrocino all’evento Cesv, Wwf, Officina per Messina, Cea, Sissus, Legambiente, Lega Navale Italiana, Terra e Cielo, Soroptimist, Il Cantiere dell’Incanto, Piccola Comunità Nuovi Orizzonti, Parco Museo Forte Cavalli, Garden Club e Comunità di Base.
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