Centocinquanta anni di navi passeggeri a Messina è il titolo del libro dedicato alle navi che dal 1861 sono approdate alle banchine del porto di Messina e che, nell’ambito delle tradizionali monografie di Città & Territorio, il giornalista Attilio Borda Bossana ha curato con il contributo del collezionista Giovanni Peditto. Il volume è stato presentato alla stampa stamani, nella sala Falcone Borsellino di palazzo Zanca, nel corso di un incontro con i giornalisti. Il libro di 446 pagine stampato per i tipi della Grafo Editor, evidenzia il ruolo del porto di Messina, attraverso le navi che vi hanno fatto scalo dal 1861 ad oggi; da quelle a vela, ai piroscafi a vapore; alle navi mercantili impegnate nell’opera di soccorso ai superstiti del 1908; alla navi che fronteggiarono le ondate di emigrazione negli anni trenta e quaranta e poi i flussi degli anni cinquanta che concentrarono sulle banchine tanti siciliani e calabresi diretti carichi di speranza in America ed in Australia. Il volume mette in luce ancora storie particolari di navi che hanno avuto un legame diretto con la città di Messina. L’evoluzione della navigazione, dalla vela a quella a vapore, viene ricordato nel libro, sembravano non produrre vantaggi per la portualità peloritana per la quale occorre attendere il 1852 con il consolidamento del porto franco. Attenzione dedica poi il volume al fenomeno dell’immigrazione e delle migrazioni verso l’Australia; l’emigrazione dalle Isole Eolie fu rilevante nel primo triennio del novecento; si fermò quasi del tutto dal 1931 al 1945, e riprese con ritmo sostenuto dal 1946 cessando, quasi completamente, negli anni sessanta. Dal 1901 al 1914 dal porto di Messina transitarono 9916 eoliani di cui 6719 emigrarono negli Stati Uniti, 2527 in Argentina e 670 in Australia. Suggestive la storia di una nave, tra le tante che hanno fatto scalo a Messina, che può essere assunta ad archeotipo di un vissuto di “sogno” di mare e di nave di sogni. Una nave varata nel 1911 in Govan, con il nome di Maunganui, costruita per l’Union SS Co. di New Zealand e che navigò per 46 anni, dopo aver cambiato, nel 1947, denominazione assumendo quello di Cyrenia. Tra le tanti navi che legano il loro nome a Messina ed al suo porto, sono significative le vicende del piroscafo Piemonte per vari anni rimasto semi affondato, dopo la secondo guerra mondiale, nella rada S. Francesco. Spaccati di storia, destinati a confrontarsi con i croceristi dei grattacieli sulle onde che oggi si ormeggiano a Messina, ormai parte integrante dello skyline della città. Dopo un passato importante di “città-porto”, con la Palazzata e le banchine su cui le navi sbarcavano mercanzie provenienti da Occidente ed Oriente, Messina è divenuta infatti, prima di essere nodo di transito intermodale tra nord e sud e quindi baricentro di traffici mediterranei, terminale dei flussi migratori per le Americhe o l’Oceania. Un processo che si è esaurito negli anni settanta e si rigenera in questi anni, con gli approdi delle navi da crociera; porto naturale, con una superficie di servizi di circa 820 mila mq. ed aree a terra, per circa 50 ettari, che è uno tra i più grandi del Mediterraneo ed ha la caratteristica di essere al centro della città. Quest’anno saranno 210 le navi che vi faranno scalo per 500 mila i passeggeri previsti.
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