“Messina città della Stretta”. Stretta al muro, accerchiata, affamata, e dal governo nazionale vogliono darci un hotspot.
In termini pratici e numeri alla mano, vogliono metterci un intero paese in casa. Sì, perchè 2800 persone, migranti o no che siano, ma certamente poveri più di noi che già siamo messi malissimo, fanno un paese. E così, succede che i nostri figli, nipoti, vanno a fare i migranti al nord o all’estero, mentre Messina pullula di profughi, perchè la città altro non può fare che accoglienza extracomunitaria. Mai permanenza dell’abitante locale.
Quello no, quello fugge a 18 anni compiuti. Finiti gli studi, c’è il ‘trasferimento dell’obbligo’, perchè diventa un imperativo trasferirsi altrove. Altrove dove c’è lavoro, c’è futuro, Italia del nord o Europa in genere che sia, ma soprattutto dove già accolgono male l’italiano del sud, figurarsi se spalancano le porte al profugo; figurarsi se pensano di realizzarlo loro un Hotspot. Cos’è? E’ una struttura in cui lo straniero viene identificato, registrato, fotosegnalato e gli vengono prese le impronte. -“Per essere smistato successivamente in altre località” – è questo l’ipocrita alibi fornito dal governo nazionale.
In realtà saranno tutti in giro per le nostre strade, con il dolore negli occhi, con la tragedia di un popolo che si portano dietro ( tutto vero, chi lo nega) ma anche con la forza, la inconsapevole arroganza, di chi sa di essere lì, nella tua città, non per scelta ma perchè costretto; loro sono lì perchè Roma li ha mandati sulla tua strada e tu, ti piaccia o no, “zitto e mosca” che LORO sono ospiti dell’Italia.
Quell’italia che usa il sud come fosse uno zerbino, che fissa accordi con l’UE per creare questi hotpot senza neanche avvisare i Comuni che dovrebbero realizzarli. Lo ha detto il sindaco di Messina, Renato Accorinti: L’ho appreso dalla stampa. Non ne sapevo nulla. Sono contrario”.
E non può che esserlo, in una città al collasso già gravata dal gran flusso di questa povera gente commista alla gente povera di Messina.
E non può che esserlo, il sindaco della città “usa e getta”.
E dovrebbero esserlo anche altri, altri come i parlamentari che rappresentano Messina a Roma, messinesi che non ci tutelano, che non battono i pugni per dire: “NO, basta, Messina ha già dato, siate voi, adesso a dare”.
A naso, a breve termine, da Roma se la dovranno vedere con i profughi per discutere le sorti cittadine: saranno numericamente più dei 1000 vecchi che rimarranno nella ‘città della Stretta’.
E vogliono darci un hotspot, ma dateci Hotdog, vista la fame che abbiamo.
Patrizia Vita
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Ho un figlio di 22 anni che sta per finire gli studi universitari e già da quasi un anno parla di andare via a studiare in altra città che non sia Messina. Per un padre sentire che va via per cercare qualcosa di solido in campo lavorativo è una frecciata al cuore perchè significa che in tutti questi anni non sono/siamo riusciti a migliorare la qualità di vita ma sopratutto lavorative in questa città ormai portata alla sfascio da una classe politica che tutto fa, tranne migliorarla.