Operazione Campus. La dichiarazione di Galati Rando alla sentenza di 1° grado

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A seguito della sentenza di primo grado formulata dai giudici della prima sezione del tribunale di Messina, relativa ai 6 imputati del processo scaturito dalla operazione Campus, Dino ( Santo) Galati Rando, condannato ad 1 anno e 4 mesi di reclusione, con la sospensione della pena, ha rilasciato la seguente dichiarazione:

“Sono sereno perché è stata finalmente accertata la mia totale estraneità a qualsivoglia consorteria criminale, così come tanto veementemente sostenuto dal l’accusa. Ho subito una vera e propria gogna mediatica, non foss’altro perché la vicenda ha avuto larga eco sui media nazionali, visto l’indebito coinvolgimento dell’Ateneo Messinese, il cui buon nome non poteva che essere fatto salvo da questa sentenza. Rimango in fiduciosa attesa di leggere le motivazioni della sentenza, che, comunque, rispetto per mia formazione ed educazione, essendo stato un uomo delle istituzioni, ma ho motivo di ritenere, conoscendo gli atti di causa che anche l’unica residuale ipotesi, che mi è stata contestata e per la quale sono stato condannato, non sia adeguatamente assistita da prova rigorosa, tenuto conto del fatto che non ho mai avuto alcun tipo di rapporto diretto e/o indiretto con la signora Taglieri, che non conosco fuor che’ per il fatto di essere stata coimputata. Ritengo che sul punto non possa non avere rilevanza il dato processuale costituito dal fatto che i signori Montagnese e Taglieri avrebbero votato per altro componente della mia lista, come, per l’assurdo risulta dalle intercettazioni telefoniche e/o ambientali. Per,queste ragioni, ritenendomi del tutto estraneo alla vicenda anche sotto i residuali profili che oggi sembrano interessarmi, ho motivo di affermare che l’indagine, prima, e l’istruttoria dibattimentale dopo, hanno dimostrato, tenuto conto degli esiti del Tribunale del Riesame e del dibattimento di primo grado, che io sono stato, come gridato in udienza dal mio legale, l’agnello sacrificale dell’impostazione accusatoria dell’Ufficio di Procura, nella misura in cui ha inteso contestare il reato associativo, nonostante non ve ne fossero i presupposti.”

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