«L’ 1 marzo, se perdurerà questa istituzionale presa in giro, si terrà un corteo di protesta di tutti i sindaci dei comuni di Messina e consegnerò nella mani di Sua Eccellenza il Prefetto la fascia di Sindaco della Città Metropolitana previa ordinanza di chiusura di tutti gli uffici barricandomi subito dopo nella mia stanza di ex sindaco metropolitano e dando inizio ad uno sciopero della fame dedicato al vergognoso e volgare modo di gestione delle autonomie locali conclamato dal governo regionale e nazionale». E’ questo l’annuncio del sindaco metropolitano Cateno De Luca che, dopo essere stato in ritiro spirituale per un paio di giorni, è tornato pronto a continuare la battaglia per salvare la Città Metropolitana di Messina.
Nonostante ieri sera la Camera dei Deputati, con il parere favorevole del Governo, abbia approvato un ordine del giorno presentato dall’Onorevole Matilde Siracusano proprio per salvare dal dissesto le nove ex Province siciliane, De Luca continua la sua protesta e conferma la decisione di chiudere gli uffici, facendo rimanere a casa i dipendenti. «Dal prossimo lunedì metterò in ferie forzate oltre 700 dipendenti fino a quando non sarà risolto il problema!».
Ed il problema è che, spiega il sindaco metropolitano, «per il totale disinteresse della politica nazionale la Città Metropolitana di Messina rischia di perdere oltre 350 milioni di euro per scuole, strade, ponti, svincoli ed altre opere strategiche».
A tal riguardo il Cateno De Luca pubblica il testo integrale dell’emendamento della Siracusano, nel cui testo di legge:
Ordine del giorno
• con la legge della Regione siciliana 4 agosto 2015, n. 15, le ex province regionali, sono state trasformate in liberi consorzi comunali e città metropolitane;
• questo importante e storico processo di riforma, che disegna un nuovo sistema di governo degli enti locali, non ha ricevuto alcun sostegno finanziario da parte del Governo nazionale. Anzi è stato caratterizzato negli anni da un crescente prelievo forzoso, attraverso il contributo alla finanza pubblica di cui all’articolo 1, comma 418 della legge 190 del 2014, che di fatto ha cancellato ogni autonomia finanziaria, assorbendo lo Stato ogni entrata tributaria delle ex province nel proprio bilancio;
• nei liberi consorzi e nelle città metropolitane siciliane il forte disavanzo, a causa del citato prelievo forzoso, ha determinato anche l‘interruzione dei servizi di assistenza disabili nelle scuole secondarie, con ripercussioni nell’assistenza igienico-sanitaria, nel trasporto, nell’assistenza alla comunicazione e negli altri servizi agli alunni;
• l’ex provincia di Siracusa, per esempio, ha già dichiarato il dissesto e almeno altre quattro ex province (Catania, Enna, Messina, Trapani) si apprestano a dichiararlo nel corso del 2019;
• malgrado gli sforzi notevoli per contenere e razionalizzare la spesa pubblica, gli enti di area vasta nella Regione siciliana sono quindi ormai prossimi a dichiarare il dissesto finanziario e comunque sono nell’impossibilità di assicurare la redazione di un bilancio di previsione rispettoso degli equilibri finanziari. Si tratta, in altre parole, di un «dissesto indotto» dalla normativa statale, che ha reso impossibile il completamento del processo di riforma avviato prima dal legislatore nazionale e completato successivamente dalla Regione siciliana;
impegna il Governo:
a valutare l’opportunità, compatibilmente alle esigenze di finanza pubblica, di adottare le opportune urgenti iniziative legislative per risolvere le criticità esposte in premessa, e a sostegno dei liberi consorzi siciliani, al fine di scongiurare ipotesi di dissesto finanziario;
ad estendere al 2018, agli Enti della regione siciliana, due delle misure straordinarie già recate dal DL 50/2017, concernenti la facoltà di predisporre il solo bilancio annuale e di rendere disponibili gli avanzi liberi e destinati per il mantenimento dell’equilibrio finanziario.
«Grazie Matilde!» commenta Cateno De Luca ma questo passo in avanti non basta a fermare la protesta del sindaco metropolitano. Se non ci saranno risposte significative, lo sciopero della fame sarà il prossimo passo per tentare di risolvere la questione.
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Si, ma quanto si dimette?