Realizzare l’integrazione con ragazzi extracomunitari e ragazzi disabili, favorire la socializzazione e promuovere l’autostima. Sono questi alcuni degli obiettivi del laboratorio teatrale promosso nella zona di Provinciale da Vides Valle Messina.
Il teatro può rappresentare un prezioso strumento di integrazione sociale favorendo la conoscenza dell’altro e prima ancora di se stessi. Ne è convinta Iolanda Cosetta che insieme a Vides Valle Messina, gruppo locale di un’associazione internazionale, sta portando avanti una serie di attività pensate per rispondere alle esigenze sociali del territorio. Tra queste un laboratorio teatrale ed un laboratorio di educazione emotiva che coinvolgono anche ragazzi disabili e ragazzi extracomunitari. Ecco cosa ci ha raccontato di questa esperienza.
Che cos’è Vides Valle e di cosa si occupa Vides Valle Messina?
«Vides Valle nasce come un’associazione di volontariato per lo sviluppo della donna ma gli ambiti di intervento vengono poi estesi e declinati in base alle esigenze dei vari territori. I nostri progetti, spesso portati avanti in collaborazione con altre realtà, riguardano così anche il contrasto alla dispersione scolastica, l’integrazione di minori immigrati ed il sostegno alle famiglie in situazioni di difficoltà. Le attività vengono quindi pensate in base alle necessità del contesto sociale in cui si opera.
La nostra sede si trova all’Istituto Valle degli Angeli nella zona di Provinciale e abbraccia un quartiere prevalentemente di basso ceto e dove oggi c’è una grande concentrazione di extracomunitari. Ecco perché se prima le nostre attività riguardavano principalmente il sostegno delle persone svantaggiate, oggi ci rivolgiamo soprattutto alle persone che arrivano qui da altri Paesi.
L’integrazione sociale ha però per me un senso molto ampio e riguarda tutti».
Tra i vostri progetti, infatti, c’è un laboratorio teatrale che coinvolge anche i ragazzi disabili. Puoi raccontarci questa esperienza?
«Il laboratorio rientra in un progetto più ampio che è Rete di Reti. Noi nello specifico abbiamo attivato un laboratorio teatrale ed un laboratorio di educazione emotiva, finalizzato a far emergere sentimenti ed emozioni che spesso restano nascosti. Una parte di questo laboratorio teatrale è stato finanziato da Fondazione Con Il Sud.
Il laboratorio teatrale ha coinvolto una fascia di età compresa tra i 7 e i 18 anni (e anche più se consideriamo i ragazzi diversamente abili che hanno partecipato), il laboratorio di educazione emotiva ha coinvolto i ragazzi più grandi e cioè la fascia tra i 13 e i 18 anni.
Siamo partiti dalla riscoperta dell’”io” per metterlo poi a confronto con gli altri. Abbiamo lavorato alla preparazione di uno spettacolo teatrale: una rivisitazione di Pinocchio. L’anno prima abbiamo portato in scena Mary Poppins. In entrambi i casi tutti sono stati coinvolti anche nelle varie attività di scenografia, costumi, audio e anche gruppi di danza e canto. Un vero e proprio percorso che è stato una sfida per ciascuno, un’opportunità di esplorazione e di elaborazione dei loro mondi emozionali e relazionali.
La drammatizzazione ha promosso l’apertura verso l’esterno: siamo usciti fuori dalle mura del nostro oratorio portando le nostre rappresentazioni anche nelle parrocchie vicine ma, soprattutto, siamo usciti fuori dai nostri preconcetti».
Che funzione sociale ha questo laboratorio teatrale?
«Le finalità principali sono l’integrazione, la socializzazione, l’esternazione dei sentimenti e delle emozioni degli adolescenti. È molto importante lavorare sul proprio io interiore per poi metterlo a confronto con l’altro, con quello che viene percepito come “diverso” ma solo perché non lo si conosce. Inoltre vogliamo togliere dalla strada tanti adolescenti. Avere oggi con noi una ventina di ragazzi che con piacere frequentano il laboratorio è una grande conquista».
Il bilancio, dunque, è positivo…
«Sì. A parte un primo momento di imbarazzo, il gruppo ha risposto positivamente e attivamente alle attività che abbiamo proposto. Senza dubbio la nostra conquista più grande è stata l’integrazione, non soltanto di ragazzi extracomunitari, ma soprattutto dei ragazzi diversamente abili. La loro presenza, infatti, è stata una ricchezza anche per i nostri ragazzi oratoriani normodotati. Tutti hanno migliorato le loro capacità di comunicazione e relazionali utilizzando sia il linguaggio corporeo che quello verbale. Il nostro impegno ed il laboratorio, quindi, continuano».
Alessandra Profilio
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