Nel cuore di Messina c’è una casa nata per accogliere. Si chiama Casa Ahmed e dalle sue mura sono passate le migliaia di minori migranti che, dal 2014 a oggi, sono approdate alla città dello Stretto dopo aver attraversato il Mar Mediterraneo in cerca di un porto sicuro.
Il primo centro di accoglienza per minori stranieri non accompagnati della provincia dello Stretto, gestito da Medihospes Onlus, trae il suo nome dal piccolo Ahmed, un bimbo di origini siriane che ha perso la vita nel giugno 2014 cadendo in mare durante un’operazione di salvataggio. Al suo approdo al porto di Messina, la nave di soccorso portava con sé anche una piccola bara: «Quando, a novembre, abbiamo deciso di fondare il centro per fronteggiare l’ondata di sbarchi di quell’anno – ha raccontato Giuseppe Silvestro, coordinatore della struttura – ci è sembrato doveroso intitolarlo a lui». Oggi, la famiglia del piccolo Ahmed vive in Germania ma è rimasta per diverso tempo in contatto con i responsabili del centro.
Perché Casa Ahmed è un centro di accoglienza, sì, ma è anche un punto di riferimento per le persone che nel loro percorso verso un futuro più sicuro, al riparo da guerra e miseria, ne hanno varcato la soglia. Si tratta per lo più di ragazzi, giovani tra i 16 e i 17 anni che, una volta compiuta la maggiore età e sbrigate le pratiche necessarie per la richiesta di protezione umanitaria – grazie al supporto di Elena De Pasquale, operatore legale del centro – lasciano la struttura per entrare a far parte del “mondo reale”. Ma i rapporti con Casa Ahmed non si concludono qui: «Spesso i ragazzi ci contattano o vengono a trovarci per ricevere consigli o avere un supporto tecnico sulle questioni burocratiche e non solo – ha aggiunto il coordinatore del centro. Si crea un rapporto simile a quello che può esserci all’interno di una famiglia, i ragazzi vanno per la loro strada ma Casa Ahmed rimane un punto di riferimento».
Ed è proprio questo che differenzia il centro da molte altre strutture analoghe. Ciò che viene offerto ai ragazzi non è solo una prima accoglienza, ma una possibilità di integrazione reale, nel lungo periodo. Ogni giorno, infatti, i giovani ospiti partecipano a corsi di lingua italiana, prendono parte ad attività sportive e di formazione di diverso tipo organizzate con la collaborazione delle istituzioni e delle realtà locali attive in settori diversi: dalle aziende, all’Università, all’Autorità Portuale. Per ognuno di loro viene strutturato un percorso personalizzato basato sulle capacità e sulle attitudini individuali da svolgere in parte all’interno del centro, ma soprattutto all’esterno, a contatto con la città, con i propri coetanei, con il mondo e la società di cui entreranno a far parte di lì a poco. Alcuni dei ragazzi che partecipano ai tirocini nelle aziende, tra l’altro, vengono poi richiamati per continuare a lavorare.
«Vogliamo che siano preparati ad affrontare il domani, come vorrebbe un genitore per i propri figli – ha proseguito Giuseppe Silvestro. Per raggiungere questo obiettivo, innanzitutto, li iscriviamo a scuola. I 62 ragazzi presenti oggi in struttura sono iscritti al CIPIA (il Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti) e a settembre inizieranno a frequentare le lezioni che gli permetteranno di conseguire la licenza media, primo scalino necessario per costruire un curriculum spendibile, trovare un lavoro e diventare a tutti gli effetti parte integrante della società».
A questo stesso scopo sono state pensate anche le altre attività che quotidianamente vedono protagonisti i ragazzi: da AccogliMe, che ha portato i giovani di Casa Ahmed ad accogliere i crocieristi agli Info Point della Città Metropolitana insieme agli studenti dello Jaci e a operatori professionisti che li hanno formati e guidati; alle visite al MuMe (Museo Regionale interdisciplinare di Messina), dove hanno potuto fare un salto nella storia di una città che ancora non conoscevano; alla partecipazione allo spettacolo teatrale diretto da Angelo Campolo “Vento da Sud-Est”; ai tornei di calcio; all’organizzazione dell’Olymparty di quest’estate, durante il quale i minori di casa Ahmed hanno lavorato fianco a fianco con i ragazzi di Mediterranea Eventi.
Di queste e di altre esperienze parlano le pareti stesse dell’istituto, tappezzate di volti sorridenti, di scatti che immortalano le conquiste di questi anni, piccoli passi verso un’integrazione che sembrerebbe dare già i suoi frutti.
(Le foto sono state gentilmente concesse dai responsabili di Casa Ahmed)
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