“The Wall” al cinema: il Muro contro la guerra, di Roger Waters

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cimitero cassinoLa paura edifica muri. E’ questo il messaggio, non certo nascosto, del film-evento, proiettato ieri in contemporanea nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, The Wall, del poliedrico quanto controverso artista Roger Waters(ex Pink Floyd).
A Messina la sala 5 dell’Uci Cinema non era piena come nelle grandi prime dei cinepanettoni o dei filmetti superpubblicizzati. Gli spettatori erano pochi, ma buoni – aggiungerei – e  a sentire qualche commento anche “stupidi” per aver deciso di pagare un biglietto 16,00 euro.
 Il viaggio dei ricordi, sulla Bentley dei pensieri, parte da una elegante quanto misteriosa dimora in Inghilterra. Sembra di sentirlo il profumo della pioggia, e solo se si chiudono per un attimo gli occhi sulle note appena percettibili di “When the tiger broke free”, la trasposizione dentro al film è già avvenuta.
Un figlio alla ricerca di se stesso, un uomo attempato che attraversando mezzo regno Unito e mezza Italia, si ritrova a piangere la morte di nonno e padre uniti indissolubilmente da un identico destino: la guerra.
Ed è contro ogni guerra, armata, sociale, culturale, mentale, che Roger Waters si scaglia e prende la netta posizione della lotta, della denuncia. Guerra contro l’omologazione dei pensieri (a noi tanto cara soprattutto sui social), contro l’assenza di cultura e di sensibilità, guerra all’indifferenza di chi, troppo ricco(ma solo economicamente), non può distrarsi ad occuparsi dei diseredati e dei “poveri”.
The Wall si conclude con una suggestiva immagine del cimitero degli inglesi di Cassino, dove Eric Fletcher Waters, riposa da quando è morto per servire il suo paese. Non a caso la frase che si legge all’entrata del “War Cemetery” è: “Their name liveth for evermore”,  i nomi di migliaia di soldati che hanno dato il loro presente per garantire il nostro futuro.
Il film è già icona, è diventato il manifesto di come la musica spesso può fare la differenza, può far riflettere sulla politica e sui reali problemi dei “massimi sistemi”.
4 milioni di fans durante i due anni dei suoi tour in giro per il mondo hanno decretato il successo di un autore senza tempo, che da un trauma infantile ha edificato, e con arte e sacrificio ha poi abbattuto, il muro dentro il quale si era confinato a vivere. Perché la libertà non è vincere una guerra e uccidere un avversario, ma arrivare al punto in cui per essere felici non ci sia bisogno di alcuna guerra.
Show must go on.
Emanuela De Domenico

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