Pubblichiamo il resoconto della seconda seduta della giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera chiamata a valutare la posizione del deputato nazionale Francantonio Genovese sulla richiesta di arresto per l’inchiesta sull’utilizzo dei fondi della Formazione Professionale:
“Ignazio LA RUSSA, Presidente, comunica
che il deputato Francantonio Genovese,
facendo seguito alle esigenze istruttorie
emerse nel corso della sua audizione,
ha trasmesso alla Giunta una terza memoria
difensiva, cui farà seguito – nei
prossimi minuti – la trasmissione degli
allegati, nei quali sono ricompresi i documenti
a lui richiesti la scorsa volta.
Comunica, altresì, che – in sede informale
– i colleghi del MoVimento 5 Stelle
hanno avanzato la richiesta di poter
estrarre copia degli atti processuali trasmessi
dalla magistratura. Al riguardo, fa
presente a tutti i componenti della Giunta
che per prassi costante tali atti possono
essere consultati presso gli uffici della
Giunta medesima, previa firma per presa
visione, senza possibilità di estrarne copia
per ragioni di riservatezza. Tale possibilità
è prevista, invece, con riferimento alle
memorie presentate alla Giunta dal parlamentare
cui la misura cautelare si riferisce.
Antonio LEONE (NCD), relatore, in relazione
a questa ulteriore corposa documentazione
in corso di produzione, chiede
al presidente di valutare le modalità di
svolgimento dell’esame della domanda di
autorizzazione in titolo.
Daniele FARINA (SEL) invita il presidente
a tener conto anche dell’organizzazione
dei lavori della Commissione Giustizia,
impegnata in questi giorni su un
importante provvedimento che egli segue
in prima persona, essendo il rappresentante
del suo gruppo in quel consesso.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, nel rinviare
ogni determinazione sul punto all’Ufficio
di presidenza – che convoca fin
d’ora per le ore 14.45 della giornata
odierna –, ritiene opportuno consentire da
subito di intervenire nel dibattito a coloro
che ne facciano richiesta.
Martedì 15 aprile 2014 — 3 — Giunta per le autorizzazioni
Giulia GRILLO (M5S), in coerenza con
i principi del movimento cui appartiene,
rileva che le Camere, nell’applicare l’articolo
68, secondo comma, della Costituzione,
debbano evitare di sostituirsi alla
magistratura.
Non compete, infatti, alla Giunta accertare
i fatti contestati, dare loro una
qualificazione giuridica e valutarne l’attribuibilità,
ma solo pronunziarsi sulla eventuale
sussistenza del fumus persecutionis
ovvero di un « attacco politico » nei confronti
del deputato sottoposto a misura
cautelare.
Dovendosi incentrare l’esame della
Giunta sul provvedimento restrittivo che
promana dal GIP, essa non può esimersi
dall’autorizzare l’esecuzione della misura
cautelare ove i gravi indizi di colpevolezza
e le esigenze cautelari risultino sufficientemente
indicati e supportati da elementi
di prova. In caso contrario, la Camera
eserciterebbe indebitamente un potere che
la Costituzione affida alla giurisdizione e
farebbe prevalere la politica sulla giurisdizione,
alimentando nei cittadini la convinzione
che la cosiddetta « casta » sia
unicamente protesa a trasformare l’immunità
in impunità e la prerogativa in privilegio.
In questo modo la politica, già mal
vista dai cittadini, finirebbe per perdere
del tutto quel poco della stima che ancora
qualcuno le riserva.
Il provvedimento cautelare all’esame
della Giunta scaturisce da complesse ed
articolate indagini su venticinque soggetti
indagati a vario titolo, per un totale di ben
cinquantaquattro capi d’imputazione.
Quasi tutti i soggetti sono ritenuti responsabili
di far parte di un’associazione per
delinquere, di cui Francantonio Genovese
risulta essere capo e promotore, finalizzata
alla commissione di una serie indeterminata
dei reati di peculato, truffa
aggravata, riciclaggio, reati finanziari e
contro la pubblica amministrazione, attraverso
l’attività degli enti di formazione,
direttamente o indirettamente riconducibili
ai soggetti facenti parte della predetta
associazione ed a mezzo di società, sempre
a loro riferibili, che erogavano servizi ai
predetti enti.
In tale ordinanza emerge quindi nel
Genovese il ruolo non di semplice partecipe
o di concorrente esterno, ma di capo
e promotore di un’associazione a delinquere
che opera nel territorio nazionale e
che si avvale di mezzi che in definitiva
sfruttano il ruolo e l’influenza dello stesso
capo al fine di distrarre somme di denaro
pubblico e di orientarle sia al profitto
personale sia alla propaganda elettorale.
A suo avviso non può passare inosservato
il reato di truffa aggravata di cui al
capo 41 dell’ordinanza in cui si contesta al
deputato un ruolo di gestore di fatto
dell’ente ENFAP Sicilia ammesso a godere
di finanziamenti pubblici per oltre tredici
milioni di euro e ritenuto acquisito e
controllato sia direttamente che indirettamente
dal deputato. Evidenzia sul punto le
dichiarazioni di Rosario Passari, quelle di
Giovanni Terranova ed infine l’organigramma
della compagine societaria presente
in atti unitamente alle informative
che indicano i rapporti di parentela ed i
legami tra i soggetti coinvolti.
Tutto ciò fa trasparire l’oggettiva insussistenza
di un fumus persecutionis non
fosse altro per il fatto che gli elementi a
carico si sostanziano in dichiarazioni accusatorie
ed in attività di riscontro di
natura tecnica.
Oltre alla fattispecie associativa, il deputato
Genovese risulta destinatario della
misura cautelare anche in ordine alla
contestazione di altre condotte criminose,
qualificate in termini di riciclaggio, peculato,
truffa aggravata, evasione di imposte
sui redditi e sul valore aggiunto.
Nel ricordare gli esiti dell’indagine, che
avrebbero accertato l’esistenza di un artificioso
meccanismo creato per attuare una
sistematica distrazione di risorse pubbliche
destinate ad attività formative, nonché
per frodare il fisco, evidenzia che dalla
stessa è emerso un consistente quadro
probatorio.
A suo giudizio, è impossibile non rilevare
che quanto riportato nell’ordinanza
sia indice di un particolare allarme sociale
che dovrebbe orientare i membri della
Giunta a concedere l’autorizzazione non
solo per la gravità delle accuse, ma ancor
Martedì 15 aprile 2014 — 4 — Giunta per le autorizzazioni
più per la mole di documentazione a
sostegno, ritenendo senza alcun pregiudizio
che il deputato Genovese si debba
difendere dalle accuse allo stesso mosse
nelle sedi cautelari di merito e di legittimità
che l’ordinamento processuale garantisce,
così come farebbe qualsiasi cittadino
italiano.
Rimarca come il deputato Genovese
respinga le suddette accuse, sollevando
eccezioni di tipo procedurale e di rilevanza
costituzionale, nonché formulando
contestazioni nel merito dei fatti addebitati.
Egli sostiene la mancanza di prova in
ordine alla dimostrazione che si sia trattato
di corsi « fantasma », che la valutazione
giuridica delle condotte contestate
sarebbe « dipesa dalla centralità della sua
partecipazione quale parlamentare alle attività
delittuose oggetto di incolpazione » e
che da parte della magistratura sarebbe
evidente il fumus persecutionis basato su
alcuni elementi. Secondo il deputato Genovese,
infatti, l’indagine è strutturata in
maniera tale da eludere le norme costituzionali:
egli contesta, sotto tale profilo,
l’uso distorto del potere giurisdizionale
nell’attività di intercettazione e ritiene che
gli inquirenti abbiano eluso le garanzie di
cui all’articolo 68 della Costituzione e
all’articolo 4 della legge n. 140 del 2003,
captando in modo indiretto le sue comunicazioni,
nonché di aver utilizzato intercettazioni
disposte nell’ambito di un procedimento
penale diverso.
Sotto il profilo sostanziale, a parere
dell’imputato, i presupposti che legittimano
il ricorso alle misure cautelari personali,
sono sproporzionati rispetto alla
gravità dei fatti-reato contestati, senza che
se ne dia una concreta motivazione e vi è
una manipolazione delle figure di reato
contestate. Sotto il profilo processuale, egli
afferma che sussiste un abuso degli strumenti
investigativi impiegati dall’accusa ed
un rifiuto della prova, offerta dalla propria
difesa.
Giudica, tuttavia, che quanto affermato
dal Genovese rientri in un ambito di
valutazione a cui è istituzionalmente chiamata
la magistratura; pertanto non deve
rilevare ai fini dell’autorizzazione richiesta
alla Camera. Sotto il profilo delle intercettazioni
casuali riguardanti il deputato
Genovese sottolinea che il GIP specifica
che tali intercettazioni non sono state
utilizzate nei confronti del deputato né nei
confronti dei suoi interlocutori. A suo
avviso, da ciò discende innanzitutto non
solo che l’elemento addotto a discarico ha
ad oggetto un aspetto ininfluente ai fini
della concessione dell’autorizzazione a
procedere, ma che gli elementi di prova a
carico si fondano su altri e ben più
pregnanti elementi che escludono ab initio
il sospetto di un fumus persecutionis.
Osserva che in passato si è distinto tra
fumus soggettivo e fumus oggettivo, essendo
costituito il primo dall’intento persecutorio
da parte dei magistrati che avanzano
la richiesta e il secondo dall’oggettiva
presenza, nel provvedimento da eseguire,
di vizi e incongruenze tali da renderlo
intrinsecamente ingiusto.
A tal riguardo, ritiene che l’ordinanza
del tribunale sia improntata al maggior
garantismo possibile. Soltanto in essa la
Giunta dovrebbe – se ne ravvisasse gli
estremi – cercare gli indici di un eventuale
fumus persecutionis, che dovrebbe sostanziarsi
nell’intento di perseguire il deputato
in ragione della sua attività politico-parlamentare.
La Giunta non può trascurare che si
tratta di reati gravi che, dal punto di vista
del fumus oggettivo, giustificano il provvedimento
restrittivo, ampiamente motivato
– sotto il profilo delle esigenze cautelari
richieste dal codice di procedura
penale – dal pericolo di reiterazione del
reato o di reiterazione di reati della stessa
indole (articolo 274, lettera c) c.p.p.).
A suo avviso, l’indagine non sembra
essere viziata da lacune e carenze investigative
tali da far emergere il fumus persecutionis
che anzi sembra potersi escludere
tenuto conto proprio dell’accuratezza
e della complessità delle indagini stesse.
Peraltro, il deputato Genovese in alcuni
casi neppure smentisce l’ipotesi accusatoria,
come ad esempio nella sua memoria
difensiva con riferimento al reato di truffa
in relazione al caso ENFAP.
Martedì 15 aprile 2014 — 5 — Giunta per le autorizzazioni
Per quanto esposto, non sussistendo
dubbi in merito ai presupposti richiesti
dagli articoli 273 e 274 del codice di
procedura penale in relazione all’articolo
68, secondo comma della Costituzione, ai
fini dell’applicazione della misura cautelare
disposta, esprime sin da ora, a nome
del suo gruppo, l’orientamento favorevole
alla concessione dell’autorizzazione della
custodia in carcere.
Vincenzo CASO (M5S), ad integrazione
di quanto affermato dalla collega Grillo,
ritiene opportuno precisare che, in base ai
documenti in suo possesso, che si riserva
di mettere a disposizione dei colleghi,
l’ordinanza con cui è stata disposta la
revoca degli arresti domiciliari nei confronti
della moglie del deputato Genovese
e della sua segretaria particolare, cui ha
fatto riferimento il deputato Genovese nel
corso della sua audizione, è stata annullata
dal tribunale di Messina il 3 marzo
scorso. Nei confronti dei medesimi coimputati
il tribunale ha adottato una nuova
misura cautelare che consiste nel divieto
di dimora. Precisa, altresì, che in relazione
alla moglie l’adozione di quest’ultima misura
cautelare è stata motivata adducendo
la sussistenza del pericolo di reiterazione
dei reati.
Anna ROSSOMANDO (PD), con riferimento
a quanto affermato dall’onorevole
Caso, reputa utile fare chiarezza sulla
posizione processuale degli altri soggetti
coinvolti nella vicenda giudiziaria. Tale
aspetto è tutt’altro che irrilevante considerato
che il reato contestato al collega
Genovese è quello di associazione a delinquere
e che la motivazione posta a base
della richiesta di autorizzazione all’esecuzione
della custodia cautelare si appunta
sulla esistenza di una rete di vincoli e di
rapporti personali, di cui il deputato Genovese
sarebbe il promotore, tale da far
emergere il pericolo della reiterazione dei
reati.
Si sofferma sul passaggio dell’ordinanza
in cui il GIP nel riferirsi ai compartecipi
afferma che per gli stessi è già in
corso il dibattimento. Si domanda, dunque,
se vi sia stato un ulteriore stralcio
oltre a quello che ha dato luogo al procedimento
condotto dalla procura di Patti,
nell’ambito del quale sono state disposte
intercettazioni telefoniche ritenute dal giudice
utilizzabili anche in relazione al filone
di indagini che ha portato alla richiesta
della misura cautelare, in virtù
della connessione dei fatti di reato contestati.
È di tutta evidenza che, per pervenire
ad una completa valutazione del caso in
esame, occorra conoscere – qualora le
informazioni riportate dall’onorevole Caso
trovino riscontro in un atto giudiziario –
le motivazioni che sono state poste alla
base dell’adozione nei confronti dei concorrenti
nel reato associativo del divieto di
dimora, che è una misura cautelare meno
restrittiva rispetto agli arresti domiciliari
disposti in precedenza, con ciò lasciando
presupporre una attenuazione nella valutazione
della sussistenza delle esigenze
cautelari.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, ricorda
che l’onorevole Genovese, nella sua memoria
difensiva, ha già preannunciato che
avrebbe prodotto tale documentazione
processuale.
Giulia GRILLO (M5S) si chiede per
quali ragioni debba essere attribuita rilevanza
decisiva a pronunce giurisdizionali
che, in ogni caso, riguardano la posizione
processuale di terzi soggetti che, sia pure
compartecipi della condotta criminosa,
non rivestono quel ruolo apicale nell’organizzazione
criminosa attribuito al deputato
Genovese. Ritiene, pertanto, inutile
incentrare l’attenzione sui contenuti di tali
atti processuali e rimarca la contrarietà
del suo gruppo verso ogni tentativo di far
emergere una carenza nella documentazione
in possesso di questa Giunta che,
invece, come ha avuto modo di esplicitare,
è assolutamente idonea a consentirne le
deliberazioni di sua competenza.
Franco VAZIO (PD), nel ricordare che
alla memoria difensiva presentata in data
odierna dall’onorevole Genovese dovreb-
Martedì 15 aprile 2014 — 6 — Giunta per le autorizzazioni
bero essere allegate le pronunce giurisdizionali
riferite ai coimputati, si chiede
tuttavia se quelle a cui fa riferimento
l’onorevole Caso siano state emesse nel
mese di gennaio ovvero nel mese di marzo
del 2014.
Ignazio LA RUSSA, Presidente, precisa
che l’acquisizione delle informazioni sulla
vicenda processuale riferita ai vari membri
della asserita associazione per delinquere
può comunque risultare utile per l’istruttoria
di quest’organo, fermo restando che
nessuna conseguenza automatica si può
far discendere nella valutazione della posizione
del deputato Genovese.
Nel comunicare che quest’ultimo gli ha
preannunciato la produzione degli allegati
entro pochi minuti, propone di rinviare il
seguito dell’esame ad una prossima seduta
da definire nell’Ufficio di presidenza già
convocato per la giornata odierna.
La seduta termina alle 14″.
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