L’istituzione della Fondazione Universitaria desta perplessità tra la comunità accademica locale, ma anche in ambito nazionale. Caso unico in Italia, ― evidenzia No.Proroga.Rettori ― il solo fondatore è l’Università di Messina. Ma non e finita, e per questo il Comitato decide di scrivere una lettera all’indirizzo del Ministro dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca Scientifica a Roma, affinché possa rivedere il parere favorevole formulato nei confronti dello Statuto dell’Università di Messina. Quest’ultimo, infatti, sembra non aderire pienamente alle leggi che dovrebbero regolarne l’attività. Da No.Proroga.Rettori fanno sapere che, secondo la norma, le Fondazioni dovrebbero agire “nell’osservanza del criterio della strumentalità rispetto alle funzioni istituzionali, che rimangono comunque riservate all’Università”. «In aperto contrasto ― intervengono dal Comitato ― rispetto a quanto indicato dalla normativa e in contraddizione con quanto previsto da altri articoli dello stesso statuto, l’art. 2 affida invece alla Fondazione ― sottolineano ― la realizzazione di attività non solo “strumentali e di supporto”, ma anche “di ricerca”. Si palesa dunque l’attribuzione alla Fondazione di una funzione istituzionale dell’Università». Inoltre continuano: «Sempre l’articolo 2 dello statuto, assegna al Consiglio di Amministrazione della Fondazione il compito di individuare “settori di ricerca e progetti strategici” da assegnare alla Fondazione. Ciò evidenzia come siano conferite in prima istanza e possano in seguito essere determinate dalla Fondazione con indebita autoreferenzialità, attività sostitutive rispetto all’Università e ai suoi Dipartimenti». E ancora: «L’art. 3 dello statuto, dedicato alle attività della Fondazione, non riporta come dovrebbe (e come gli statuti di altre Fondazioni universitarie immancabilmente fanno) le sette attività (o alcune di esse) indicate dal DPR 254/01, recitando invece testualmente che: “La Fondazione si propone di promuovere, organizzare e gestire strutture, progetti, eventi e ricerche anche interdisciplinari, attività formative comprese, istituire premi e borse di studio, svolgere attività di consulenza e formazione a favore di enti pubblici e privati”». «Sempre l’art. 3, ― insistono ― varcando in maniera indebita i ristretti limiti fissati dal DPR 254/01, attribuisce alla Fondazione attività “accessorie” consistenti nella possibilità di compiere “qualsiasi operazione, mobiliare, immobiliare, nonché acquistare o vendere in qualsiasi forma brevetti, licenze e procedimenti di fabbricazione”, “operazioni di amministrazione e gestione dei propri beni volte alla migliore gestione ed amministrazione del proprio patrimonio”, nonché “assumere… sia direttamente che indirettamente, interessenze e partecipazioni in altre fondazioni, società o imprese italiane ed estere … aventi oggetto analogo, affine o connesso al proprio”. Tutto ciò travalica i confini delle attività definite dalla legge». «Del tutto oscuro ― dicono dal Comitato ― risulta poi il fine legato all’attività di vendita e acquisizione di brevetti, licenze e procedimenti di fabbricazione, che potrebbero derivare alla Fondazione dalle attività di ricerca svolte dal personale dell’Università: avremmo in tal caso non già la strumentalità della Fondazione all’Università, ma – esattamente al contrario – l’asservimento di attività universitarie agli interessi economici e patrimoniali della Fondazione, rispetto ai quali lo statuto non prevede alcuna forma strutturata di partecipazione da parte dell’Università». Dubbi anche sulla nascita affrettata della Fondazione, sulla sua costituzione e sulla sua legittimità, anche alla luce delle numerose proroghe di mandati elettorali che hanno messo in discussione la legittimità della permanenza in carica degli Organi di Ateneo. Il Senatore Fabio Giambrone, 7ª Commissione permanente Istruzione pubblica- beni culturali, chiede così l’intervento del Governo, affinché venga attivata «ogni opportuna e celere azione allo scopo di verificare il rispetto della disposizioni vigenti in materia, procedendo, ove se ne ravvisassero gli estremi, al commissariamento dell’Ateneo messinese».
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