La deputata messinese del MoVimento 5 Stelle, Valentina Zafarana, chiede iniziative urgenti per ottenere la restituzione al demanio regionale delle aree militari dismesse presenti nel territorio della Regione siciliana.
Nella mozione presentata all’Ars si legge:
«Nel “libro bianco” del 2002 del Ministero della Difesa al punto “10.4.2 Casi particolari”, viene espressamente stabilito che “Un trattamento particolare viene riservato agli immobili militari situati nelle Regioni a Statuto Speciale e nelle province di Trento e Bolzano”; in forza della suddetta disposizione, con l’emanazione del D.P.C.M. 8 novembre 1995, sono stati trasferiti alla Regione a Statuto Speciale della Valle d’Aosta i 128 immobili facenti parte dall’ex “Vallo Alpino” ivi compresa la funivia del Monte Bianco; con il decreto legislativo 21 dicembre 1998, n. 495, sono stati trasferiti alle Province Autonome di Trento e Bolzano i beni immobili, già in uso alla Difesa, peraltro mediante procedure oltremodo semplificate: ossia “tramite la firma dei relativi verbali di consegna da parte dei rappresentanti del Ministero delle Finanze/Dipartimento del Territorio, del Ministero della Difesa e delle province interessate che danno titolo per l’intavolazione e la voltura a favore delle province stesse degli immobili di cui trattasi”; con il decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 237, sono stati trasferiti i beni immobili, non più utili alla Difesa, alla Regione a Statuto Speciale Friuli-Venezia Giulia; nel suddetto “libro bianco”, in merito alla Regione siciliana, è stato stabilito un generico impegno, da parte del Ministero della Difesa, alla individuazione dei beni immobili da trasferire; attività a tutt’oggi sviluppata solo in minima parte; in particolare, la situazione del territorio del Comune di Messina è estremamente critica a causa di insane scelte operate, sin dal 1911, attraverso il piano regolatore della ricostruzione post terremoto c.d. “Piano Borzì”; invero, in ordine al suddetto Piano, già in fase di approvazione, furono avanzate numerose censure da parte dell’allora Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici;la più rilevante condizionava il nulla osta al rilascio dell’autorizzazione alla dismissione di tutte le aree militari trovate eccessive e sconvenienti in quanto privavano la città di Messina di numerose aree utili all’edificazione di alloggi ad uso civile; nonostante ciò, la condizione imposta dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici è stata totalmente disattesa e moltissime delle aree militari indicate furono impropriamente sottratte al legittimo esercizio dello jus edificandi dei proprietari; la vastità di queste aree e la loro impropria localizzazione è stata la genesi di molte depressioni sociali ed urbanistiche (vedasi la mancata integrazione all’organismo urbano del villaggio di Camaro che venne realizzato in posizione molto distante dalla città a causa del fatto che tra il limite di questa e il nuovo quartiere popolare vi era una vasta area militare del tutto inutile); da un’analisi complessiva del centro abitato di Messina emerge evidente come le aree militari inserite all’interno dello stesso furono numerosissime e sopratutto quanto queste ultime sottrassero spazi utili alla necessaria edificazione ad uso civile; in questa errata ottica di sviluppo urbano (prevista dal Piano Borzì) fu intrapresa anche l’illogica scelta di destinare la Zona Falcata ad arsenale militare, compromettendo l’economia del porto franco e rendendo quest’area, estremante significativa ed identitaria per la città di Messina, totalmente avulsa dal contesto urbano, relegandola per oltre un secolo nelle condizioni di degrado in cui versa allo stato».
«Considerato che — prosegue il documento — il 1° novembre 2002 il Comando militare marittimo autonomo in Sicilia, ubicato nella falce del porto di Messina, è stato trasferito ad Augusta; l’area una volta occupata dall’Ospedale militare, pari a 11.000 metri quadri con una cubatura di 33.000 metri cubi, che sorge al centro della città di Messina, allo stato è occupata, in modo del tutto privo di utilità e per nulla consono, da un semplice dipartimento militare di medicina legale che potrebbe essere trasferito in uno dei tanti immobili in possesso del Ministero della Difesa a Messina; l’ex Direzione di Artiglieria sita su una vastissima area a Camaro Inferiore non svolge più alcuna attività; risultano abbandonate dal Ministero della Difesa oltre 100.000 metri quadrati di terreno nonché quaranta costruzioni nella contrada Campo Italia di Messina; il demanio regionale non ha mai richiesto al Ministero della difesa il trasferimento delle aree sopra indicate, nonostante la previsione dell’art. 32 dello Statuto Speciale per la Regione siciliana “I beni del demanio dello Stato, comprese le acque pubbliche esistenti nella Regione, sono assegnati alla Regione, eccetto quelli che interessano la difesa dello Stato o servizi di carattere generale».
«L’art. 4 del D.P.R. 1 dicembre 1961, n. 1825, recita: “In attuazione dell’art. 33 dello Statuto della Regione siciliana sono assegnati alla Regione i beni patrimoniali disponibili ivi esistenti alla data di entrata in vigore dello Statuto medesimo nonché quelli indisponibili ivi esistenti alla stessa data e indicati nel secondo comma dell’art. 33 dello Statuto”, in forza del quale il Governo della Regione siciliana rinunziava alla restituzione delle aree che sarebbero state dismesse in epoca successiva alla data di approvazione dello Statuto; la sentenza della Corte Costituzionale n. 383 del 1991 con la quale è stato stabilito il principio secondo il quale il trasferimento dei beni debba avvenire anche quando la causa d’esclusione venga a cessare in un momento successivo all’entrata in vigore dello Statuto;
In ottemperanza di questa sentenza — insiste la Zafarana — «il Ministero della Difesa deve restituire al demanio della Regione siciliana tutte le aree in cui sono stati dismessi i compiti di istituto; ciò prescindendo della data di effettiva dismissione»
La deputata messinese chiede dunque di «predisporre nell’immediato, direttamente o per tramite degli enti locali, un piano socio-urbanistico di valorizzazione, riabilitazione e riuso di questi beni, attualizzandone le funzioni e le destinazioni ad usi civici, attraverso interventi di riqualificazione ambientale e urbana che contestualizzino ed integrino tali strutture o aree con i tessuti urbani circostanti e la loro vocazione».
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