Affrontare alcuni temi in un’aula universitaria significa legittimarli e con essi valorizzare ancor di più la propria sete di conoscenza. In tanti il 10 aprile hanno affollato l’aula magna “Lorenzo Campagna”, del dipartimento di Scienze giuridiche e Storia delle Istituzioni dell’Università di Messina, per assistere all’incontro promosso dall’Associazione AluMnime, dal Cug (Comitato unico di garanzia) dell’Università di Messina e dall’Ordine degli Avvocati di Messina.
“Identità di genere. Dai corpi rinnegati al riconoscimento dei diritti?”
«Non a caso – ha chiarito il prof. Giovanni Moschella – direttore del dipartimento Disgesi – l’evento è stato organizzato in questa sede. Il tema esaminato valorizza il ruolo che la magistratura e la giustizia assumono nell’ambito di un ordinamento democratico per il riconoscimento dei diritti fondamentali della persona».
«Un interrogativo, quello posto nel titolo, che mi piacerebbe potessimo togliere». − ha sottolineato in apertura Patrizia Accordino − responsabile dell’Area ALuMni Out di AluMnime. «Abbiamo fortemente voluto l’incontro, insieme al Cug e all’Ordine degli Avvocati, perché come associazione vogliamo creare occasioni che stimolino la crescita culturale, artistica e professionale dei soci, dell’Università e della società civile, alimentando un dibattito costruttivo e scevro da pregiudizi di qualsiasi genere».
L’Ordine degli Avvocati di Messina, ha detto il suo presidente, Vincenzo Ciraolo, ha subito abbracciato l’iniziativa, non solo in ragione della scelta del tema, ma, soprattutto, per l’originalità con cui è stata costruita la tavola rotonda: per la prima volta, infatti, il confronto è tra le due principali parti coinvolte nel processo – il legale della persona interessata ed il giudice estensore della sentenza -.
Sulla terminologia che ruota intorno al concetto di identità di genere si è voluta soffermare nel coordinare gli interventi, Antonella Cocchiara, direttore del Cug. «Tra le espressioni più abusate nel linguaggio comune − ha ribadito − vi è di certo il binomio pari-opportunità, per altro quasi sempre attribuito alle donne. Eppure dietro tale affermazione vi è un orizzonte ampio oltre il quale si celano normative spesso disattese, diritti, religioni diverse, orientamenti sessuali. Si tratta di differenze che vanno scoperte, perché la conoscenza della diversità è il primo passo per riconoscerle e per cominciare a concepire una democrazia inclusiva».
Una tematica delicata, quella dell’identità di genere, analizzata partendo da una sentenza emessa dal tribunale di Messina il 4 novembre 2014, con la quale si è riconosciuta ad una persona la rettifica dell’attribuzione di sesso – da maschile a femminile – e la variazione del prenome anagrafico in assenza di un intervento demolitorio-ricostruttivo degli organi genitali. A spiegare le ragioni giuridiche ed etiche che hanno portato a questa decisione c’erano i protagonisti principali.
Corrado Bonanzinga è il giudice del tribunale di Messina che ha presieduto il Collegio giudicante ed esteso la sentenza. «Quando mi è stato presentato questo caso − ha spiegato − ho cercato di capire le ragioni del soggetto che chiedeva l’affermazione di tale diritto; questa sentenza si base sull’applicazione rigorosa della norma, una norma che risale al 1982, ma che ha una sua modernità. Credo che l’aspetto significativo risieda proprio nella lungimiranza che il legislatore già trent’anni fa ha avuto, prefigurando la possibilità di consentire una certa elasticità interpretativa».
«Tutte le norme − ha precisato ancora Bonanzinga − si applicano sulla base di valori e in questo caso non ci si poteva fermare al mero dato biologico».
Al dibattito ha partecipato anche Raffaele Tommasini, ordinario di diritto privato e avvocato difensore della parte interessata in questa causa. «Ritengo che tale sentenza si possa definire storica non per il risultato in sé, ma perché costituisce l’evoluzione di uno sviluppo culturale. Essa afferma la possibilità per un soggetto di essere riconosciuto nella società così come vuole essere. Un concetto fondamentale, confermato anche di recente da un’altra sentenza a livello europeo».
Una cultura, dunque, che non può non affermarsi come quella della differenza, messa in evidenza sotto il profilo psicologico da Paolo Valerio, ordinario di psicologia clinica dell’Università Federico II di Napoli e Presidente dell’Osservatorio nazionale identità di genere.
Alla tavola rotonda sono intervenuti anche Ottavia D’Anseille Voza, Responsabile trans nazionale di Arcigay (in collegamento via skype da Torino); Marco Liotta, psicologo; Concetta Parrinello, Associata di diritto privato dell’Università di Messina e componente del Cug e Cinzia Fresina, Avvocata in Messina e Responsabile Aiaf (Associazione italiana avvocati per la famiglia e per i minori).
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