Tutti i sindacati confederali e autonomi si preparano alla mobilitazione generale per ribadire l’importanza della continuità territoriale e discutere della vertenza riguardante i treni a lunga percorrenza e dell’Area dello Stretto. Per questo motivo, invita tutti, cittadini e lavoratori, a partecipare all’assemblea del 23 gennaio che si terrà, alle 10.00, alla Stazione Marittima. Sarà il momento adatto per chiarire quali iniziative il sindacato intende intraprendere.
Invece di garantire la continuità territoriale e ammodernare i servizi, l’attraversamento dello Stretto diventa quasi un ostacolo “insormontabile”. È così che ˗ segnalano i sindacati ˗ si torna indietro «nell’immediato dopoguerra».
«L’allarme più volte ribadito dal fronte sindacale ˗ precisa una nota ˗ trova riscontro nei programmi di Fs che punta alla drastica riduzione dei treni a lunga percorrenza e dei traghetti fino a giungere, presumibilmente, il prossimo giugno, alla completa cancellazione del servizio di trasporto universale che sarà “spezzato” a Messina e/o Villa San Giovanni, costringendo i passeggeri a scendere dal treno, bagagli alla mano, per attraversare lo Stretto mentre per il nord si continua ad investire risorse pubbliche nell’alta velocità».
Le organizzazioni ritengono ingiustificato e insopportabile questo accanimento sui servizi essenziali, al Meridione e soprattutto in Sicilia, da parte del Governo nazionale. «La soppressione dei treni a lunga percorrenza e dei traghetti ˗ evidenziano ˗ frutterà alla Stato un risparmio quantificabile in circa 40 milioni annui sulla pelle dei siciliani. Ancora una volta l’isola sarà estromessa dai programmi di sviluppo del trasporto nazionale. Oltre ai disagi per l’utenza ferroviaria si prefigura il totale trasferimento del trasporto merci dalla rotaia al gommato; la scomparsa dei traghetti ferroviari di fatto escluderebbe la Sicilia anche dalle sovvenzioni previste nella Legge di Stabilità per il trasporto merci su rotaia che al punto 294 prevede “lo stanziamento di 100 milioni di euro attribuite al Gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale che provvede a destinarle alla compensazione degli oneri per il traghettamento ferroviario delle merci”».
Le ricadute non riguarderebbero però solo il servizio reso ai cittadini ma anche il fronte occupazionale. «A rischio – evidenziano – oltre 600 posti di lavoro, se si considera che nel servizio essenziale da sopprimere sono coinvolti: ferrovieri marittimi, precari marittimi, personale amministrativo, addetti alla manovra e relativo indotto». «Se si aggiunge ˗ proseguono i sindacati ˗ la moria di posti di lavoro, la precarietà e la compressione di salari e diritti che subiscono tutti i marittimi impiegati nell’area dello Stretto, viene fuori il triste scenario di un mondo dei trasporti in coma irreversibile».
Il documento e l’assemblea vedono compatti Filt Cgil, Fit Cisl, Uil Trasporti, Orsa Ferrovie, Fast Confsal, Sasmant e Uslac.
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