Sul futuro dei trasporti marittimi resta una grande incognita. Il servizio di collegamento tra Messina e la Calabria, gestito da Rfi, rischia di andare incontro all’ennesima razionalizzazione. A lanciare l’allarme è il fronte unitario dei sindacati e le Rsu.
Cgil-Cisl-Uil-Orsa-Ugl-Fast e Rsu 18 denunciano le condizioni della nave Logudoro ancora sotto sequestro. La stessa unità era già destinata all’inutilizzo nonostante le risorse pubbliche impiegate per la ristrutturazione, per poi apprendere, in colpevole ritardo, che nel mercato non è facile recuperare materiale di ricambio.
Inoltre, i sindacati puntano il dito contro la mancata presa di posizione da parte di Rfi circa l’intervento della Capitaneria di Porto di Messina che dopo 115 anni di navigazione ferroviaria si sarebbe resa conto che in alcune unità della flotta Rfi i passeggeri non possono più sostare nei vagoni treno durante la traversata. “Qualunque armatore privato che ha interesse alla produzione – precisano le sigle – sarebbe intervenuto energicamente per contrastare la pesante penalizzazione ma se l’armatore è pubblico e si chiama Rfi si esaurisce tutto nell’incomprensibile silenzio”.
“Il silenzio aziendale – spiegano i sindacati – persiste anche in seguito alle dichiarazioni dell’onorevole Vincenzo Garofalo che fra le righe ha chiarito la dinamica per cui il servizio dei mezzi veloci sarà garantito da Rfi senza risorse aggiuntive dal governo centrale. E’ facile intuire che per effettuare il collegamento veloce fra Messina e Villa S.G. saranno sottratte risorse alla vera continuità territoriale, rappresentata dai treni sulle navi, già ridotta ai minimi termini; mentre per il collegamento veloce fra Messina e Reggio Calabria l’armatore privato, ex Ustica Lines, ha ricevuto sovvenzioni pubbliche che ammontano a circa 28 milioni di euro. Ancora una volta per garantire un servizio essenziale ai siciliani si chiede di rinunciare ad altro, smantellano il traghettamento ferroviario per dirottare risorse nel collegamento veloce rivolto solo all’utenza appiedata, come dire: smontare la chiesa per addobbare l’altare”.
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