Le società partecipate tornano al centro dell’attenzione dei sindacati: capire quale percorso si intende intraprendere diventa fondamentale perché da questo dipendono, i conti del comune, l’erogazione dei servizi e l’occupazione di oltre un migliaio di lavoratori. Cgil, Cisl e Uil, ora, vogliono accelerare i tempi e desiderano che l’Amministrazione prenda una posizione in merito: «Da circa un anno chiediamo invano di sapere cosa l’amministrazione comunale vuole fare riguardo le società partecipate. Nei tre incontri a cui abbiamo partecipato la posizione dell’esecutivo di Palazzo Zanca è andata via via mutando. Lo scorso anno, abbiamo pazientemente atteso che concludeste la fase conoscitiva tipica del dopo elezioni. In seguito abbiamo perfino tollerato la valanga di annunci scoordinati, abbiamo accettato di mantenere uno stretto riserbo circa l’ipotesi, sempre indefinita, di un processo di accorpamento delle società che doveva essere contenuto in una imminente delibera, finora mai esitata».
E se — ammettono — la situazione ereditata è preoccupante, «è altrettanto vero che la stessa è stata determinata negli anni proprio dalla pratica dei rinvii e dall’assenza di un progetto organico». «Siamo convinti — dichiarano — che una sana operazione di riassetto sia un’impresa difficile che comporterà anche sacrifici e certo non si esaurirà in tempi stretti, ma lo stato in cui versano le partecipate non consente ulteriori rinvii e, pertanto, l’assenza di almeno un’ipotesi generale assume toni preoccupanti».
A preoccupare Cgil, Cisl e Uil è che a parte il rinnovo di alcuni vertici e «piccole operazioni di cosmesi», si parla spesso di mobilità che — spiegano — «se non ragionate, rischiano di mettere lavoratori contro altri lavoratori e soprattutto di vanificare qualsiasi serio progetto di risanamento».
«Il panorama delle società partecipate dal comune è vario — evidenziano. Tutte presentano problemi di bilancio e esigui mezzi di produzione, ma mentre alcune sono in liquidazione altre non lo sono. In alcuni casi il ridimensionamento dei servizi suggerisce un momentaneo e parziale esubero di personale, in altri viceversa i progressivi pensionamenti hanno confortato le esternalizzazioni, così come in alcune aziende i lavoratori percepiscono le retribuzioni mentre in altre no. Anche le singole gestioni sono differenti, cosicché mentre in alcune aziende i diritti dei lavoratori sono regolati, in altre, e per gli stessi argomenti, si alimenta il contenzioso a danno delle già scarse risorse pubbliche, in dispregio degli obblighi contenuti nella legge finanziaria che imponeva all’amministrazione comunale l’emanazione di linee di indirizzo comuni a cui le partecipate avrebbero dovuto invece uniformarsi».
«Riassettare l’intero sistema dei servizi che il comune è tenuto a garantire attraverso le proprie società — ricordano — significa avere un’idea precisa della città, dei suoi abitanti e delle loro necessità. Vuol dire distinguere i servizi a rilevanza economica da quelli a pagamento, i servizi indispensabili da quelli strumentali, e avendo principalmente cura di creare una rete di protezione per il bisogno vero e immediato, significa anche pianificare un quadro di opzioni che sostenga la vivibilità, il lavoro, lo studio, la vita sociale. Nonostante la pressione fiscale di questa città non sia tra le più basse, i servizi offerti restano ancora limitati, scadenti e, in alcuni casi, addirittura assenti. Non sarà certo una ondata di licenziamenti a restituire operatività a quelle aziende e nemmeno un miracolistico accorpamento, soprattutto senza un’accurata previsione delle sua sostenibilità economica e finanziaria. Il problema infatti non sta nella ricerca di aziende che costano meno, o che ripuliscono i propri bilanci addossando i debiti ancora a carico della collettività. Ma nelle aziende che finalmente assolvono, anche attraverso una riqualificazione del personale, alla loro funzione, all’interno di un quadro di regole e di un sistema efficace di controlli. Definire la cornice di questo assetto è oggi più che mai indispensabile prima che sia troppo tardi».
Una confusione e mancata uniformazione che pesano e spingono i sindacati a chiedere un immediato confronto con l’Amministrazione.
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