E’ proprio vero: oggi, con la crisi che c’è, per quattro soldi si è disposti a fare di tutto, anche a perdere dignità e onore.
Cercavo stamattina attraverso internet la programmazione del Teatro Vittorio Emanuele di Messina perché mi era piovuta nel cervello l’idea di acquistare quest’anno l’abbonamento, ma con grande mio stupore, cliccando sull’apposito spazio, il sito mi risponde “Nessuna programmazione”. Allora ho continuato a raspollare nel web per comprendere l’arcano e mi sono imbattuta in un articolo che riguardava “L’evento più atteso dai futuri sposi in un contesto di assoluto prestigio con ampi ed eleganti spazi espositivi” (un Salone espositivo di Abiti per gli sposi, liste nozze, viaggi, arredamenti, coiffeur, autonoleggio ecc.) che si sarebbe svolto al Teatro Vittorio Emanuele qualche settimana fa. Caspita- ho pensato sarcasticamente- me lo sono perso! Un vero peccato.
Il teatro, il cinema e tutte le arti in genere non possono che essere considerate come un’esigenza nella vita sociale perché la cultura è il cibo della mente e dell’animo e c’è da reputare profonde verità le famose frasi di Eduardo De Filippo, il quale affermò che “ Il teatro non è altro che il disperato sforzo dell’uomo di dare un senso alla vita”, e di Federico Garcìa Lorca per il quale “Un popolo che non aiuta e non favorisce il teatro, se non è morto, sta morendo”. Quest’ultima mi sembra adeguata alla situazione che stiamo vivendo in Italia e la Sicilia, con Messina in testa, ne sono un fulgido esempio. Comprendo che si fa quel che si può, ma il teatro e la cultura che c’entrano con la vendita di abiti da sposa?
Eppure l’attuale presidente dell’Ente Teatro è Maurizio Puglisi che vanta un nutrito carnet professionale ed è “nientepopodimenoche” direttore amministrativo della fondazione del famoso teatro Città di Pace del Mela e fondatore, con il bravissimo attore (e qui non scherzo) Ninni Bruschetta, della Compagnia “Nutrimenti Terrestri” (la cui fondazione viene attribuita da Wikipedia solo a Bruschetta, nel profilo di quest’ultimo), dai quali, peraltro, non pare si sia dimesso.
Spero che quando Puglisi ha affermato, al momento della designazione, che sogna “un Teatro che sappia camminare da solo, senza dipendere solo dalla Regione”, non avesse in mente di farne un mercato, magari ittico oppure ortofrutticolo: se la sua idea di “riforma del teatro dalla radice” è questa, c’è proprio da mettersi le mani nei capelli e i messinesi attendono con viva curiosità di sapere quali alchimie da alto management abbia in mente di porre in essere per realizzare il suo intento, che non può ovviamente sostanziarsi nella creazione di una Compagnia Stabile (cosa che è tra le sue idee), che sarebbe una spesa in più (e già la cassa piange d’inedia) che difficilmente potrebbe essere coperta dalla vendita di spettacoli fuori dalle porte di Messina.
Contentissimo il sindaco Accorinti (che si è immediatamente preoccupato sua sponte di far sapere alla stampa che lui prima di leggerne il CV, non conosceva Puglisi – excusatio non petita…) che si dice abbia sudato sette camicie per scegliere tra oltre 70 curricula quello che ha reputato più idoneo per il ruolo, evidentemente ritenendolo alla propria altezza (ma restano misteriosi i criteri adottati per la scelta, così come i contenuti delle varie progettualità proposte dagli altri concorrenti).
Ma tutto ciò ha un’importanza relativa, si tratta di mero “scrusciu” (come oggi è di moda) di scarsa sostanza, visto che è aperta la diatriba su quanti componenti debba avere il consiglio di amministrazione (che per legge dovrebbe avere da tre a cinque componenti e non sette) e considerato che in Regione debba essere modificata la relativa legge costitutiva, con il pericolo che Messina venga “espropriata” del potere di scelta quasi in toto.
Ha Renato Accorinti la forza e la capacità di avere un peso in tutta questa vicenda? Lo sapremo solo vivendo questa vicenda fino in fondo e i messinesi sperano che nel frattempo al Vittorio Emanuele non trovi ospitalità la sagra della salsiccia.
Vicky Amendolia
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