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Sanderson: un progetto già approvato potrebbe salvarne il patrimonio storico-industriale

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sanderson2Sembrava una domenica come tante, fin quando, nel pomeriggio, non mi sono arrivate parecchie telefonate. “È impressionante il fumo nero che si leva da Tremestieri, la fabbrica brucia ancora”, mi comunicavano. Guardavo fuori dalla finestra di casa mia e trovavo conferma delle parole che ascoltavo attraverso il telefono. Nel frattempo i pensieri si accavallavano in ordine sparso: chissà perché poi hanno chiamato subito me – mi tormentavo – ma avranno avvertito prima i vigili del fuoco? Forse, chi mi conosce, e sa del mio profondo impegno professionale a favore dell’ex fabbrica, pensava di dovermi avvertire, quasi fossi una sorta di nume tutelare per questo sito. Magari potessi esserlo davvero.
Mi riferisco a quell’ex complesso produttivo che non è ancora diventato come la Città della Scienza di Napoli nei tempi migliori, ma rischia di restare come quella di oggi: un cumulo di cenere. L’ex fabbrica Sanderson, una tra le più desolanti dismissioni industriali del Mezzogiorno, potrebbe ritornare ad una diversa e nuova vita, anche se probabilmente c’è ancora chi vorrebbe farla morire per sempre. Il rogo che domenica scorsa ha distrutto un capannone risalente agli anni ’70, posto all’interno dell’ex fabbrica, sembra essere l’ennesimo avvertimento, quasi un monito a chi deve decidere del destino di un’area strategica per la città. Una storia produttiva, quella della Sanderson & Sons, durata cento anni. Una storia nata grazie a William Robert Sanderson, che fondò la fabbrica, e proseguita dopo il terremoto del 1908 per l’incredibile caparbietà di Giuseppe Bosurgi e di Adriana Caneva nei decenni successivi. Una storia che divenne di livello mondiale, poiché davvero in tutto il mondo arrivavano i prodotti di altissima qualità della Sanderson, ma anche perché negli anni furono fondati nuovi siti produttivi all’estero, nello specifico, in Sud America. Uno stabilimento, quello della zona sud di Messina che, dalla sua nascita fino al fallimento, ha rappresentato “la punta di diamante” del distretto industriale agrumario siciliano. Pertanto, eliminare oggi le pietre che testimoniano questa vicenda equivarrebbe a cancellare dalla memoria di Messina la memoria della sua prima modernità. Credo che questo non possa essere permesso.
Le notizie circolate in questi giorni, secondo cui la Sanderson sarebbe una bomba ecologica, sono davvero prive di fondamento. La bonifica è in via di ultimazione, e ormai i resti dell’attività industriale sono stati rimossi, come risulta da un contratto risalente al 2010 (http://www.ucombonifiche.it/Rimozione_rifiuti_area_Ex_SANDERSON_di_Tremestieri.html). Piuttosto viene da chiedersi come mai, nonostante i sorveglianti e le telecamere, si susseguano vasti incendi all’interno di padiglioni che dovrebbero essere deserti. Da quando nel settembre del 2012 l’ultimo governo Lombardo tentò invano di vendere l’area per pochi spiccioli, gli incidenti si sono intensificati. Sembra per un attimo di ritornare al lontano 1994, quando nottetempo fu distrutto fin dalle fondamenta il nucleo più antico dello stabilimento, incluso l’edificio di fabbricazione dell’acido citrico. Azione portata a termine proprio mentre la Soprintendenza di Messina stava per apporre il vincolo. Dietro questo abbattimento c’era ovviamente un’operazione di speculazione edilizia che il destino beffardo volle non fosse portata a compimento, e di cui oggi testimoniano i muri perimetrali rimasti in piedi nei pressi della stazione ferroviaria di Tremestieri. Fin qui l’amara realtà. Ma se guardiamo alle potenzialità inespresse di questa porzione storica di territorio, se scopriamo il genius loci di questo luogo, possiamo scorgere la dimensione del sogno. Un sogno che si è realizzato e «ha permesso a Messina di crescere e di progredire», così come recita la dichiarazione di “Luogo dell’identità e della memoria” della Regione Siciliana, sancita dal Centro per la Progettazione e il Restauro di Palermo, nel maggio di un anno fa. Dichiarazione che sostanzialmente decreta, in maniera definitiva, il valore culturale dell’area, inserendola di fatto tra i beni culturali vincolati ope legis. Un sogno, quindi, non ancora del tutto svanito, ma che potrebbe nuovamente divenire realtà, se solo si considerasse che la storia recente della città e le sue testimonianze possono, se adeguatamente valorizzate, contribuire a invertire la tendenza all’inesorabile declino che attanaglia Messina. La soluzione è a portata di mano. La riconversione funzionale e architettonica di complessi industriali ed edifici in disuso a fini culturali rappresenta una risposta eloquente ad una problematica ampiamente discussa quale è la questione dell’inserimento nella città abitata di un corpo ad esso estraneo, come può essere considerata una fabbrica. L’obiettivo è di conservare, preservare e valorizzare uno dei pochi monumentali simboli dell’industrializzazione della regione, cercando di rispettare quanto più possibile le strutture esistenti, recuperando tutti gli elementi ancora presenti e di valore storico. Il progetto di riconversione dell’ex fabbrica, “Sanderson Creative Industry”, presentato dall’associazione Piattaforma Creativa, e approvato dall’Assessorato alle Attività Produttive della Regione nel 2010, all’interno del Programma di Cooperazione Europea MED, può finalmente cambiare la sorte del sito. Pertanto, a far decollare il sogno potrebbe essere l’attuale Presidente della Regione in collaborazione con la nuova amministrazione cittadina. Sempre che, prima, a tarpare le ali a questa idea non sopraggiunga il colpo finale. La distruzione ultima degli elementi che ancora la rendono possibile.

 

Davide Rizzo

(Davide Rizzo è laureato in Conservazione dei Beni Culturali ad indirizzo Storico-Artistico presso l’Università della Tuscia, ha conseguito il diploma di Master in “Conservazione, gestione e valorizzazione del patrimonio industriale, presso l’Università di Padova, in collaborazione con Università IUAV Venezia, Politecnico di Torino, Politecnico di Milano, Università di Cagliari, Università di Ferrara, ICSIM (Istituto per la Cultura e la Storia d’Impresa “Franco Momigliano”) e IBAM CNR – Istituto per i beni archeologici e monumentali di Lecce. È membro dell’Associazione Italiana per il Patrimonio Archeologico Industriale (AIPAI). È autore di una tesi di laurea in archeologia industriale e economia della cultura, e di una proposta di progetto per il recupero e la valorizzazione del sito archeologico industriale della ex Sanderson & Sons. Attualmente si occupa di progettazione culturale e guida l’Associazione Piattaforma Creativa che ha fondato insieme ad altri giovani professionisti).

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