Un’intera città emarginata dalla celebrazione della Patrona dei carabinieri. È proprio questo, in termini politici, quello che è successo nelle ultime ore, a causa dell’esclusione del sindaco di Messina, Renato Accorinti, dalla cerimonia indetta dall’Arma in onore della Virgo Fidelis.
Per i sostenitori di “Renato” è una reazione, scomposta, esagerata, alla performance dello scorso 4 novembre. C’è chi, impugnando la Costituzione e il codice penale, urla all’oltraggio. E non avrebbe tutti i torti, considerato che escludere il rappresentante istituzionalmente riconosciuto di una città significa, appunto, escludere la città stessa.
Però la reazione non può essere misurata senza tenere conto dell’azione che l’ha generata. Azione anch’essa mirata alla stigmatizzazione di un intero comparto dell’ordinamento giuridico nazionale: la cosiddetta Difesa.
Senza volere entrare nel merito di quanto siano giuste o sbagliate la guerra e la violenza – solo un idiota clinicamente accertato potrebbe tesserne le lodi – non sarebbe un’idea tanto peregrina avventurarsi nel tentativo di ricondurre tutto all’ordine legislativamente riconosciuto delle cose, senza scadere in ideologismi o partigianerie. E che Sandro Pertini ce la mandi buona.
Un sindaco, democraticamente eletto, pagato, e nemmeno tanto male, con i soldi dei contribuenti, ha delle competenze per nulla facoltative. Volendo semplificare, la summa dei suoi doveri consiste nell’amministrare i servizi pubblici del territorio. In alcune fattispecie opera addirittura come diretta espressione del Governo: vedi l’anagrafe civile, la sicurezza e la tutela della salute. Nessun coinvolgimento, invece, nelle questioni di politica estera. Per esempio.
Idem per gli aspetti attinenti alla difesa, alle forze armate e ad entità affini. Ora, che un uomo delle istituzioni volga la propria attenzione a tutti i problemi che dilaniano il mondo, soprattutto quelli che affliggono gli ultimi, è semplicemente ammirevole. Che lo faccia nel proprio tempo libero; anteponendo l’impegno civile ai propri egoismi, potrebbe essere addirittura sublime. Ma farlo in veste ufficiale, invadendo le altrui sfere di competenza, potrebbe risultare poco simpatico non solo agli addetti ai lavori, come nel caso dei militari della Benemerita. Potrebbe apparire, infatti, uno schiaffo ai tanti che soffrono per ragioni di non minore dignità. Magari a coloro che hanno dei problemi che proprio quell’uomo delle istituzioni potrebbe e dovrebbe risolvere prioritariamente in virtù del proprio mandato.
La maglietta con lo slogan Free Tibet è suggestiva, in effetti, ma perché non cambiarne, a questo punto, una al giorno? Magari ricordandosi di tutte le zone di guerra della Terra o dei Paesi del Terzo Mondo o dei malati terminali o delle vittime di stupri e abusi vari. Chiedendo anticipatamente scusa per l’incompletezza dell’elenco, perché non impegnarsi a valicare i propri confini istituzionali per battersi per una politica del lavoro più equa? Per uno stato sociale davvero degno di questo nome? Le piaghe del mondo in cui viviamo, in fondo, sono così tante e profonde… Forse proprio per questa ragione, chi ha disegnato le gerarchie di governo, nell’ottica del principio del decentramento, ha preferito assegnare ruoli ben precisi. Per evitare antipatiche e perniciose sovrapposizioni e per assicurarsi che ognuno si adoperi a partire dal “suo”. Non è per questo che ognuno paga fior di gabelle, auspicando che ognuno faccia il proprio dovere? Poi, nel tempo libero, a proprie spese, ben venga che ognuno faccia anche il dovere degli altri.
Possibilmente evitando di sottoporre una città sempre più desolante a ulteriori umiliazioni. Perché sarebbe davvero deludente scoprire che “cambiare Messina dal basso” significa volerla fare ulteriormente sprofondare prima di mettere mano al problema.
Fabio Bonasera
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